

localistica, d i dottrinarismo semplificante (per la « sostituzione dell'analisi con
una ricerca di definizione sommaria pregiudiziale ») e di eccesso di « sfiducia nelle
masse, attorno alle quali bisognerebbe creare uno steccato protettivo perchè non si
corrompano nel contatto con altre forze sociali: una sfiducia nella funzione egemo-
nica della classe operaia ». Nel secondo articolo, del 23 maggio, lo Spriano se la
prende invece con uno studente-lavoratore di Sesto S. Giovanni, utilizzato come
capro espiatorio di quelle posizioni che sostengono che « ci fu una solaResistenza
eche fu Resistenza proletaria ». Spriano invece ribadisceche i dirigenti del suo parti-
to hanno sempre e soltanto sostenuto: « Indipendenza nazionale, unità antifascista,
costruzione di una democrazia progressiva », sia per la garanzia del successo della
lotta armata sia per la successiva linea di difesa contro i rigurgiti reazionari. Uscendo
poi dalla ,consegna del silenzio con cui la stampa comunista normalmente accoglie
le ricerche storiche della sinistra di classee guardandosi bene dall'entrare nel merito
dei numerosi problemi sollevati ( emeno male che poco prima si era scagliato
contro la « sostituzione dell'analisi con una ricerca di definizione sommaria pregiu-
diziale »), lo Sprianoaccusa i l libro di Liliana Lanzardo di avere operato « defor-
mazioni grottesche » della politica del PCI e di essere in sostanza « alla stessa
stregua delle campagne fasciste fatte, dieci o quindici anni fa, contro " i comu-
nisti assassini" »! Anche queste diffamazioni non sono nuove per i teorici della
«via nazionale al socialismo »: in un articolo del '44 apparso sull'« Unità » Pietro
Secchia non avrà alcuna esitazione a definire le posizioni dei militanti comunisti
di « StellaRossa» un «sinistrismo mascherato della Gestapo ».
Maggiore signorilità dello storico giornalista Paolo Spriano ha mostrato i l
giornalista storico Giorgio Bocca in un trafiletto del settimanale « Tempo » del
19giugno; sintomaticamente, però, ha ripetuto gli stessi giudizi del primo, sia sul
libro della Lanzardo, tacciato di « operaismo retorico e illusorio », sia sulla politica
del PCI nel dopoguerra, che avrebbe « pungolato » un proletariato disorientato e
«dormiente » verso obbiettivi ragionevolmente concreti, come si addice a un
«grande partito con responsabilità nazionali e internazionali ». Con la firma di
Iginio Ariemma l'« Unità » ha infine dedicato i l 26 giugno due colonne di volga-
rità al libro della Lanzardo. L'articolista ha negato ogni forma di utilità al volume,
perchè la linea del PCI sarebbe « ridotta a una frase del discorso di Togliatti ».
Peccato che di quest'ultimo l'Ariemma non citi invece neppure una sillaba. Forse
sapremo in un prossimo articolo quale politica avrebbe realmente perseguito i l
PCI. In questo caso sarà opportuno che l'Ariemma, oltre a leggere attentamente
almeno le pagine 60-61 del libro della Lanzardo, chiarisca ai lettori dell'« Unità »
anche i l senso letterale di questa sua proposizione: « Il fatto è che, negando i l
concetto di egemonia, come confessaespressamente la Lanzardo, non si rende la
classeoperaia soggetto, protagonista del processo storico, ma la si riduce a puro
strumento, e quindi non si può arrivare al nocciolo dello scontro di classe, che sia
pure con battute di arresto, è continuato dal 1943 ad oggi ».
Sui problemi aperti dalla discussione sulla Resistenza si sono recentemente
pronunciati ancheRossanaRossanda e Alberto Caracciolo, con due interventi sul
«Manifesto » del 26 maggio e del 18 giugno. Per entrambi, nel movimento resi-
stenziale resta acquisita la presenza di due componenti: una genericamente antifa-
scista, espressione ufficiale di un arco di forze che andava dal partito liberale a
quello comunista e un'altra classista e anticapitalistica, che guidava l'azione di
molti comunisti e socialisti ed era radicata in vasti settori del proletariato italiano.
Incentrando i l discorso su questa contrapposizione politica, RossanaRossanda ha
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