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che i militanti comunisti provenienti dall'Università potranno utilizzare nelle

professioni e nei gruppi sociali in cui andranno ad operare, soprattutto in

quel settore delicato ed esplosivo che è la scuola. Dove preparazione rivolu-

zionaria significa salda caPacità di critica, o meglio: di negazione determinata

dell'uso capitalistico del sapere, capacità di riflessione e analisi collettiva sui

temi effettivi di scontro, capacità organizzativa non in senso burocratico, ma

come mediazione pratica della strategia. Si tratta, per essere chiari, di rifiu-

tare tanto l'ottica spontaneistica della distruzione della scuola da parte di

studenti trasfigurati i n proletari

tout court,

quanto quella riformistica d i

una sua trasformazione democratico-cogestionale come passo verso i l socia-

lismo: un lavoro politico nell'Università che sia radicale per l'ampiezza del

suo fronte d'attacco, e realistico perchè non si illude sui limiti di un movi-

mento

studentesco

e della sede (l'istituzione) in cui si svolge, ha il suo sbocco

non nel riproporre una cultura critica innocua per i l dominio reale del capi-

tale o un contropotere studentesco che sia fine a se stesso, ma in un

processo

di crescita della coscienza di classe fra i lavoratori intellettuali.

• 2 ) U n movimento politico degli studenti che voglia sottrarsi all'ege-

monia riformista ed uscire dalle secche dello spontaneismo ad esito avven-

turistico deve saper elaborare non solo una propria strategia che parta dalla

reale e analiticamente individuata condizione socioeconomica e socialpsico-

logica degli studenti, che medi continuamente fra i loro bisogni materiali e

la loro politicizzazione avanzata ma spesso astratta; ma deve insieme tro-

vare tentativamente corrispondenti

forme di organizzazione.

Negli avvenimenti

fiorentini dai quali si è preso lo spunto l'aggregazione di massa in assemblee

tipo '68 si è rivelata fittizia: i l processo di frazionamento del corpo studen-

tesco sulle posizioni astratte e settarie delle « avanguardie » da un lato, rifor-

mistiche e qualunquistiche dall'altro fa di molte assemblee i l luogo di una

statica contrapposizione d i -ismi, i n cui l a riflessione politica collettiva

viene più soffocata che stimolata, le masse più manipolate dai vari leaders

o — come si dice — « capetti » che responsabilmente coinvolte. Probabilmente

solo un'aggregazione che parta da livelli più ristretti e si costruisca su con-

flitti sensibilmente avvertiti dagli interessati può ricomporre un tessuto d i

comunicazione aperta e razionale, l'unica a permettere uno scontro politico

veramente radicale perchè trasforma i livelli d i coscienza e d i solidarietà.

Qui non c'è da contrapporre tecnicisticamente per es. i l collettivo all'assem-

blea, ma di scegliere la lunga strada di un'autochiarificazione e autoorganiz-

zazione della spontaneità studentesca; nel suo corso un compito fondarnentale

spetta ai militanti e ai gruppi che si riconoscono in un'impostazione marxista

rivoluzionaria e che possono fornire i primi centri di aggregazione e i qua-

dri per una futura linea di massa da costruirsi rifiutando l'immediatismo e

sulla base di un chiaro frazionamento. Due cose vanno fatte subito: superare

la chiusura e polverizzazione locale dei gruppi d i aggregazione, che spesso

sanno quello che avviene in altre Università o addirittura i n altre Facoltà

della stessa Università solo dai resoconti mitologizzanti d i qualche com-

pagno viaggiatore o leggendolo sul

Manifesto.

E bisogna insieme riallargare

l'orizzonte politico, per così di re l o spessore dell'intelligenza politica dei

compagni: smetterla di credere che tutto quello che succede a Roma sia solo

una farsa merdosa della borghesia e che ciò che conta sia soltanto lo sciopero

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