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che la Zublena in un attimo di lucidità chiama in una sua lettera Giorgetto

squillo, è i l cronista, lo storico, l'agiografo dell'immane impresa del Giudice

Amati. Per questo egli va premiato, quasi come lo stesso giudice Amati.

E qui si chiude l'esame degli atti, la storia dell'istruttoria, la cronaca

delle indagini di polizia, l'odissea degli imputati. Si potrebbero dire ancora

molte cose: ma l'essenziale è stato detto. Ora manca, come in ogni storia,

la morale.

Conclusioni e morale

la conclusione nè la morale di questa storia è possibile cercarle nella

sentenza con la quale si è concluso i l processo, dopo due mesi di dibatti-

mento, nel maggio di quest'anno. La Corte d'Assise ha mandato assolti del

tutto alcuni imputati (Pulsinelli, Norscia e Mazzanti), ha prosciolto gli altri

dall'accusa principale di aver commesso gli attentati del 25 aprile — origine

della mostruosa montatura —; ha ridotto di molto i l capo di imputazione

lasciando sul collo a Braschi, Della Savia e Faccioli i soli attentati 'confes-

sati'; ha escluso comunque si trattasse di strage; ha dichiarato estinto per

amnistia, come si è visto, il reato di furto dell'esplosivo.

Alla teste Zublena non è stata 'riconosciuta alcuna credibilità. Ma alla

polizia la sentenza ha ridato i l prestigio che la lettura non preconcetta del-

l'istruttoria le aveva fatto perdere. Prima di tutto perchè le condanne in defi-

nitiva pronunciate sono state quanto mai dure: da due a otto anni. In secondo

luogo perchè l'atroce meccanismo poliziesco che ha portato all'incrimina-

zione dei giovani anarchici è stato 'coperto' e difeso ad oltranza dalla Corte

che lo ha, per così dire, legalizzato, autorizzato una volta di più, difeso come

giusto, equo, insostituibile. In terzo luogo perchè tutto questo non ha prodotto

il minimo scandalo, ed è stato inghiottito in silenzio o con debolissimi strepiti

dalla stampa 'di sinistra', é stato accolto con soddisfazione dalla stampa per

bene, e ha provocato reazioni indignate da parte dei soli giornalisti in orbace

(non ultimo, ma non manca mai, Italo De Feo): i quali si sono natural-

mente indignati per l a mitezza della sentenza. Dunque tutto secondo l e

regole: fatti i conti la sconfitta è stata doppia: una prima volta quando dopo

la provocazione del 25 aprile alle grida di 'dagli all'untore' dei democratici

e dei fascisti, le forze 'popolari' con i l PCI alla testa non hanno trovato di

meglio che prendere le distanze dagli « estremisti »; la seconda volta quando

in definitiva gli 'untori' sono risultati solo poveri untorelli senza colpa nè

pena, e allora si è preferito i l silenzio complice invece di mettersi a rime-

stare 'vecchie storie' e vecchi peccati.

Tutte queste circostanze non sono dunque la morale della storia, ma la

morale della storia non può non tener conto di queste circostanze.

Gli italiani al mare hanno discusso più del dollaro fluttuante, special-

mente quelli che non hanno mai visto un dollaro, che del discorso di Colombo

in occasione del genetliaco del suo governo (11 agosto) teletrasmesso prima

di una qualche parata di canzoni. La morale è in quel discorso, preceduto,

a quanto è dato leggere sui giornali, da una riunione generale del capo del

governo, del ministro degli interni e del capo della polizia e dei carabinieri.

Ha detto dunque Colombo che gli italiani devono sapere oramai che la

festa è finita e che bisogna lavorare e che le interruzioni della produzione non

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