

Travestito, idealmente, da Petrosino, il dott. Teonesto Cerri, pur non richiesto
ufficialmente da alcuno e fuori dall'ambito della sua perizia, ha svolto alcune
sagaci indagini sul come, pur non lamentando alcun furto d i esplosivo,
ugualmente la cava di Grone fosse stata saccheggiata e in pratica spogliata
di un carico di ben 280 candelotti di dinamite di 24 detonatori e di due rotoli
di miccia. Quali e quante difficoltà gli anarchici diabolici abbiano dovuto
superare, quali difese umane e ostacoli naturali, per raggiungere ed impa-
dronirsi del bottino, i l dott. Teonesto Cerri non nasconde, solo che per
ciascuna difficoltà suggerisce i l sistema teorico per superarla: tanto che
anche al più sprovveduto lettore sembra di rileggere le pagine più mirabolanti
delle avventure di 007, alle quali il dott. Teonesto Cerri ha sicuramente attinto,
con la piena approvazione del Giudice Amati. Solo che, ripetiamo, va bene
superare gl i ostacoli naturali: restano quelli sovrannaturali, come quello
del perfetto bilancio della cava fra materiale acquistato, quello fatto esplo-
dere in caverna e quello residuato. Non manca un grammo. Eppure il perito
e i l perito dei periti, i l Giàdice, affermano che i l furto fu consumato ugual-
mente. Nessuno naturalmente ci crede; ma è necessario che i l furto ci sia
stato, ci sia stato in quella epoca e per quel quantitativo. Perchè altrimenti
come Braschi e Della Savia avrebbero potuto fare gli attentati? E poi, e
qui è la vera ragione di tutto l'affare, come avrebbe potuto Valpreda rubare
l'eplosivo a sua volta e confezionare le bombe del 12 dicembre? Perchè questa
è la tesi da sostenere e che è sostenuta nel processo Valpreda. (Teonesto
Cerri è i l perito anche di questo processo; Valpreda è arrestato sulla porta
del Giudice Amati).
Come ha fatto dunque la Corte d'Assise a non pregiudicare l'affare Val-
preda? Non potendo senza vergogna condannare per furto gli imputati, ha
dichiarato estinto il reato per amnistia. E così s'è lavata le mani e ha lasciato
la patata bollente nel grembo della Corte che giudicherà Valpreda.
Poi altre cose ha fatto il Giudice Amati, per esempio le perizie grafiche.
I difensori hanno rilevato che non una di queste perizie è stata fatta col
rispetto delle norme di procedura: tutte naturalmente si sono concluse con
l'affermazione che i volantini manoscritti trovati sui luoghi degli attentati
provenivano dai rispettivi imputati. I l Giudice Amati ha tacitato i difensori
con buon garbo. La Corte in pubblico dibattimento ha dovuto riconoscere
che le perizie grafiche erano tutte irregolari: e avendone ordinato la ripeti-
zione è risultato in maniera inoppugnabile (accordo totale dei periti d'ufficio
e di quelli di parte) che nessuno dei volantini manoscritti era attribuibile
agli imputati. Potenza del rispetto della procedura!
Questa per grandi tratti l'opera memorabile del Giudice Amati, che sarà
ricordato a lungo per la sua instancabile attività istruttoria.
Ma ciò che ha reso di pubblico dominio l'ingrato, e altrimenti segreto,
lavoro del Giudice Amati, è stato l'intervento appassionato di un giornalista
appassionato: Giorgio Zicari. I l quale è stato, nel corso dell'istruttoria,
denunziato per essere stato scoperto nello studio del Giudice Amati mentre
sfogliava il fascicolo di ufficio, coperto da ferreo segreto istruttorio. Non per
niente i l « Corriere della Sera » aveva notizie di prima mano e in via asso-
lutamente esclusiva. I difensori leggevano il « Corriere della Sera » per sapere
che succedeva della istruttoria: se non avevano la fortuna di conoscere perso-
nalmente lo Zicari, cronista appunto del Corriere. Ma insomma Giorgio Zicari
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