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L'Ufficio Politico della Questura di Milano è un organismo 'a parte' nella

storia delle istituzioni dello stato democratico-borghese. E' impossibile distin-

guere fra attività « lecite », e cioè istituzionali, e attività « illecite », non istitu-

zionali. I sistemi adottati dall'Ufficio Politico sono coperti dal segreto di stato.

L'Ufficio Politico ha condotto tutta questa istruttoria dall'inizio alla fine

in via assolutamente assorbente ed esclusiva. L'autorità giudiziaria non ha

mai interferito, nemmeno per ordinare una indagine supplementare: anzi non

ha mai ordinato nessuna indagine, ma ha accettato sempre e solo quelle

dell'Ufficio Politico. Tutto si è svolto nelle segrete stanze dell'Ufficio Politico:

davanti al magistrato istruttore ci sono state solo ritrattazioni.

L'Ufficio Politico è il braccio secolare della repressione: 'nelle sue stanze,

come è noto, si entra sempre dalla porta, ma si può anche uscire dalla finestra.

Confessioni

La Procura della Repubblica (Dott. Lacquaniti) interroga i n carcere

Braschi poco meno di un giorno dopo l'ultimo interrogatorio di polizia, e

cioè nella tarda mattinata del 30-4: Braschi ha avuto appena i l tempo di

dormire. Braschi dichiara subito: « Non so spiegarmi perchè mi sia dichia-

rato io autore di tali fatti, forse ciò 'è avvenuto perchè sono stato sottoposto

ad interrogatori molto lunghi ed ero particolarmente stanco e ansioso di

farla finita sentendomi male ».

Faccioli viene interrogato dal sostituto Procuratore Dott. Meroni nel

primo pomeriggio del giorno 2-5 e a proposito delle dichiarazioni rese alla

polizia afferma che le ha « rese in un momento particolare di stanchezza

dovuta al fatto che per tutta la durata dei tre giorni non mi è stato concesso

di dormire a causa dei continui interrogatori. Le confessioni da me rese

sono state sollecitate e suggerite dai verbalizzanti sulla base del verbale di

interrogatorio reso dal Braschi. Tal i dichiarazioni le ho rese sperando d i

essere lasciato riposare ».

Braschi e Faccioli sono in cella di isolamento e non possono parlarsi, nè

hanno potuto ancora incontrare i loro difensori.

Diranno in dibattimento che non riuscivano a comprendere chi fossero

coloro che venivano ad interrogarli in carcere: supponevano che si trattasse

ancora di poliziotti. Nessuna meraviglia: infatti Pagnozzi e Calabresi interro-

gano nuovamente Braschi e Faccioli a S. Vittore i primissimi giorni di maggio.

Nella testa dei due giovani, sbalzati dalle stanze dell'UP alle celle, sottoposti

a continue verbalizzazioni, senza nessun contatto con i l mondo esterno, le

figure di un sostituto procuratore o di un funzionario della questura si confon-

dono facilmente: che hanno infatti di diverso? L'unica differenza che capi-

scono è che essere in carcere almeno significa essere, ironia della sorte, più

protetti e così cominciano con cautela e circospezione a dire come sono

andate effettivamente le cose in questura. D'altronde gli hanno ben spiegato,

sempre in questura, che se pensano di 'ritrattare tutti si metteranno a ridere

enessuno crederà una sola parola se racconteranno delle minacce, delle vio-

lenze, delle vessazioni, della loro stanchezza, del loro sonno, della loro fame,

della loro paura: anzi correranno i l rischio di beccarsi una nuova denuncia,

e una condanna sicura, per calunnia.

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