

darsi. Solo che durante l'interrogatorio di Calabresi in dibattimento è venuta
fuori una circostanza assai strana. Faccioli parlava troppo dice Calabresi,
e così l'ufficio era costretto a non verbalizzare tutti gli attentati che Faccioli
voleva attribuirsi perchè francamente impossibili; se tutte le affermazioni di
Faccioli infatti fossero state verbalizzate, continua Calabresi, tutto i l verbale
sarebbe risultato inverosimile, e così l'Ufficio era costretto a scegliere.
La verità è che gli interrogatori di polizia di Braschi e di Faccioli, sono
stati interrogatori da 'manuale': se qualcuno ne vuol sapere di più si legga
la pagina destinata agl i interrogatori pubblicata ne l n . 43 d i Quaderni
Piacentini (Lotta di classe e giustizia borghese).
Ma
c'è un'altra 'confessione' nel processo che merita la massima atten-
zione ed è quella di Angelo Pietro Della Savia.
Della Savia viene arrestato in Svizzera i l 7-5 e subito interrogato da tale
Brigadiere Mermond. Gli interrogatori son cinque: i l 7, 8, 12, 19 e 27-5, l'ultimo
presente Amati e Allegra e Panessa (che è andato in Svizzra a fare il dattilo-
grafo, così almeno dice lui. ma ciascuno dubita che sappia scrivere corrente-
mente i l francese visto che l'interrogatorio si svolge tutto in questa lingua).
Della Savia ha chiesto asilo politico, le autorità italiane avendo chiesto
la sua estradizione. Le autorità svizzere sanno benissimo perchè Della Savia
è ricercato: ne ha parlato i n lungo e i n largo l a stampa svizzera se non
bastasse quella italiana. Le autorità svizzere sono subito combattute f ra i l
tenersi Della Savia e attribuirgli alcuni attentati capitati a Zurigo e i l conse-
gnarlo alla polizia italiana. Tenerselo i n casa come turista comunque non
vogliono. Ma Della Savia confida nelle varie convenzioni internazionali e così
si decide ad attribuirsi alcuni reati politici. Mermond lo interroga leggendogli
i giornali, specialmente il « Corriere della Sera » dove c'è ormai tutto l'elenco
dei misfatti confessati dai suoi amici o attribuiti di diritto ai suoi amici. La
maggiore pubblicità è stata data alla 'confessione' del furto nella cava d i
Grone. Ma le notizie date dalla stampa sono abbastanza imprecise, se non sul
punto che i l furto sarebbe stato effettuato da Braschi e da Della Savia. Così
Della Savia si induce ad ammettere il furto ma lo riferisce con tutte le impre-
cisioni giornalistiche: i l furto sarebbe stato così perpetrato « in un magaz-
zino a Bergamo », per non dire di altri particolari assurdi. Poi Della Savia,
spiegati i motivi politici degli attentati, si attribuisce due misfatti: l'attentato
a Genova e quello alla Banca d'Italia. I giornali hanno infatti riportato che
egli è ricercato anche per questi due crimini. Ma anche questa volta dà degli
attentati notizie così confuse che è Mermond questa volta che lo richiama
all'ordine e gl i contesta che le notizie che lui ha dato non corrispondono
affatto alle descrizioni fatte da Della Savia. Con tutte le correzioni tuttavia
i due attentati risulteranno 'obbiettivamente' commessi i n circostanze del
tutto diverse da quelle 'confessate' da Della Savia. Della Savia crede così di
essere a posto: ma si sbaglia. Le autorità svizzere lo estraderanno ugual-
mente ritenendo che i reati che si è attribuito più quelli per i quali è ricer-
cato, sono reati comuni, per cui le convenzioni internazionali non servono
a nulla. Addio Lugano bella!
In carcere a Milano, Della Savia è allora costretto a spiegare perchè ha
dovuto confessare e Amati così ironizza nella sua sentenza:
«Della Savia non è uno sciocco. Tutt'altro: ma è davvero stupefacente
questa sua giustificazione i n quanto è facile contraddirlo perchè sarebbe
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