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linguistica chiamiamo 'repressione'. Tra l'aprile 1969 ed oggi molte cose sono

cambiate. Governo e Pci non sono più paralizzati, le lotte apparentemente

sono scese di tono, ma ciò che si avverte meno, talora è ciò che dura e

produce politicamente di più. Avanza a ranghi serrati la maggioranza silen-

siosa e consegue successi elettorali clamorosi; le marce d'unità antifascista

mettono in sella per l'ultima volta i vecchi azionisti e i vecchi riformisti

per lo sforzo finale; ogni fabbrica, ogni campagna, ogni scuola è percorsa da

fremiti di lotta; i l settarismo delle prime avanguardie politiche cede i l posto

ad una tattica e ad una strategia più larga e vasta, anche se ancora ingenua:

alla « enfasi » rivoluzionaria del 1968 e del 1969 è subentrato uno sviluppo più

cauto ma tanto più decisivo. Tutto è stato rimesso in circolo, tutto è stato

sottoposto a revisione e a critica. I l gioco è tutt'altro che fatto.

In questa situazione non è un parlar d'altro, raccontare la storia della

prima seria provocazione, quella del 25 aprile 1969, del primo tentativo di

montare attraverso l'assassinio politico di gente 'qualunque' la reazione 'di

ogni famiglia per bene'. E' una storia costruita col cinismo dei potenti, edifi-

cante e morale, come sono ciniche, edificanti e fflorali le famiglie 'per bene'.

Si vedranno qui alcuni giovani anarchici alle prese col bakunismo di

ritorno dei periodi in cui tutto sembra possibile perchè niente è più fermo e

tutto si muove; si vedrà come in proprio pagheranno le spese della loro falsa

cautela rivoluzionaria e del retaggio amaro dell'isolamento ereditato dai loro

avi spirituali; si• vedrà come verranno venduti come giuda dai signori di sini-

stra che correranno a.lavarsi le mani per non insozzarsi nello sporco affare;

si vedrà come i potenti del denaro e della giustizia avranno così via libera per

legalizzare le loro infamie in due anni di indagini e in duemila pagine fitte

di bugie; si vedrà infine come l'olocausto dei pesci piccoli rafforzerà la deci-

sione della moltitudine delle anguille della palude a muoversi contro la classe

degli uomin.i e come, essendo il guoco così ben riuscito la prima volta, i potenti

del danaro e della giustizia ci prenderanno gusto e faranno di meglio e di

più poco dopo.

E ancora sarà possibile vedere come si muove i l poliziotto scaltro, i l

magistrato integerrimo, il giornalista all'americana, la confidente puttana, gli

amici giovani, di rivoluzione e di bar, dei rei segnati prima ancora che i l

crimine venga commesso.

E sarebbe, questa, una storia da nulla se non si intrecciasse con un'altra

in modo così stretto da condizionarla: la storia del proletariato italiano in

lotta, la storia delle vaste maree dello scontro delle classi.

E' vero: nella lotta di classe ogni identità, ogni individualità si perde

e anche se la storia della provocazione del 25 aprile ha i l suo assassino noi

non ne faremo il nome, nè lo cercheremo. Ma è anche vero che non è possi-

bile raCcontare una storia senza personaggi, e questa dunque sarà la storia dei

protettori dell'assassino, dei suoi correi coscienti o incoscienti.

Braschi, Faccioli, Della Savia, Pulsinelli, Norscia e Mazzanti vengono pri-

ma di Valpreda e sono stati già « giudicati ».

Che l a loro storia possa servire per Valpreda, per comprendere che

cos'è i l « caso Valpreda ».

Perchè — dobbiamo bene ficcarcelo in testa — dobbiamo risolvere i l

nostro caso Dreyfus senza Zola, ma dobbiamo risolverlo!

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