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quindi come capacità degli operai « interni », militanti di Lotta continua, di

avere saldamente i n mano i l comando e l'iniziativa e di esprimervi l'espe-

rienza maturata nello scontro d i fabbrica; come riferimento puntuale alla

centralità della lotta operaia e alla lotta FIAT, allora nella sua fase più dura;

come volontà infine di responsabilizzare la classe operaia, di proporle1i conte-

nuti ipolitici espressi nello scontro.

Dopo la presa materiale della casa e le prime decisioni tecniche, l'assem-

blea delle famiglie immediatamente convocata, espone agli operai dell'im-

presa edile che lavorano nello stabile i motivi dell'azione, ribadisce la propria

unità e la propria determinazione, prende le prime decisioni operative. L'asse-

gnazione collettiva degli appartamenti in base alle esigenze di ognuno è i l

primo passo; i successivi saranno indirizzati tutti verso l'organizzazione dello

stabile come centro sociale e politico; l a creazione di un ambulatorio e di

una mensa, di un ufficio tecnico e amministrativo, di un organismo di auto-

difesa, la costituzione delle squadre di propaganda per le fabbriche e i quar-

tieri, l a formalizzazione dell'assemblea come struttura politica decisionale.

E' attraverso questi strumenti che l'occupazione di viale Tibaldi può avere

sin dall'inizio una sua consistenza organizzativa, e assicurarsi l a stabilità

necessaria per affrontare la durezza di una lotta sui tempi lunghi e la diffi-

coltà della vita collettiva.

Si è molto ironizzato da parte d i alcuni 'materialisti rigorosi' sul pre-

sunto contenuto 'religioso' o 'cattolico-maoista' della rivendicazione d i « un

modo comunista di vivere e di lottare », esigenza sempre ricorrente dentro

l'organizzazione dell'occupazione, e assunta da Lotta Continua come elemento.

stabile del suo programma politico. Dall'Unità » al « Manifesto », in forma più

o meno brillante e spiritosa, tutt i si sono cimentati su questo terreno di

critica, molti si sono rifatti alle 'origini culturali', nessuno si è preso la briga

di confrontarsi 'materialisticamente' con le lotte e con la vita delle masse.

Sono state queste infatti a verificare la sostanziale correttezza di questa indi-

cazione. Per motivi contingenti innanzitutto.

Trentasei famiglie prima, più di settanta in seguito, oltre duecento bam-

bmi di tutte le età, le esigenze pesanti della miseria quotidiana moltiplicate

per cento, i l carico dell'individualismo e dell'egoismo di « uomini in carne

ed ossa », raggruppati in un unico stabile senza porte e muri divisori, la scar-

sezza d'acqua e di materassi, la fatica, la delusione, la paura di una lotta

lunga e incerta, l a mancanza d i fognature: i n questa situazione i l « modo

comunista d i vivere e lottare » dev'essere costruito proprio nel lavoro su

tutti gli elementi della vita collettiva, anche i più modesti, dal rispetto dei

turni d i autodifesa e d i quelli d i mensa al la distribuzione dei materassi,

dalla delega de i propr i rappresentanti a l rispetto del le decisioni del la

maggioranza.

«Essere comunisti significa

anche

fare l a f i la per i l pasto »: i l valore

didattico di questa scritta, su un muro interno dello stabile di viale Tibaldi,

stava proprio nell'individuazione, in termini correttamente maoisti, di quella

che era, per un determinato settore di popolo, in una determinata fase storica,

rispetto ad una determinata esigenza, la contraddizione principale; e quella

che era la base materiale da cui partire per percorrere collettivamente un

itinerario politico di emancipazione, presa di coscienza e maturazione; quel-

l'« anche » alludeva inevitabilmente alla necessità di una piena consapevolezza

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