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soddisfare i bisogni proletari; e questo non doveva rimanere senza frutti.

Poi, nel settembre del '70, venti famiglie proletarie del centro sfrattati d i

Novate a Milano occupavano uno dei quattro palazzi a 14 piani (224 apparta-

menti) costruiti, all'interno di un progetto di edilizia popolare, nel quartiere

Gallaratese e tuttora lasciati vuoti per consentire, attorno a i criteri e a i

tempi dell'assegnazione, lo sviluppo di un'ampia operazione clientelare, buro-

cratica e discriminatoria. Sono case che lo IACP intende assegnare a riscatto:

150.000 l ire subito e 52.000 l ire al mese (oltre la metà di un salario medio

operaio); i l che la dice molto lunga sul reale carattere di classe dell'edilizia

«popolare ». La mattina successiva all'occupazione, quando le sue strutture

organizzative sono ancora deboli, c'è lo sgombero violento delle famiglie da

parte di 300 poliziotti guidati dal vicequestore Vittoria. Di fronte all'inter-

vento poliziesco, largamente previsto ma con tempi differiti, l'assemblea per-

manente delle famiglie riunita davanti alle case decide la prosecuzione e la

radicalizzazione della lotta in forme nuove. Nuova violenta aggressione poli-

ziesca e scontri che durano per ore in tutto i l quartiere. L'indomani manife-

stazione di tutte le famiglie dentro la sede dello IACP in viale Romagna e

primi significativi risultati: casa nuova con servizi e riscaldamento per tutte

le famiglie e abolizione dell'anticipo sull'affitto.

Alcuni mesi dopo, i l 23 gennaio, 25 famiglie occupano uno stabile in via

Mac Mahon; con loro i militanti di Lotta Continua e della Sinistra Proletaria

che hanno preparato l'occupazione attraverso i l lavoro politico nei quartieri.

Nelle prime ore del pomeriggio di sabato 24 la polizia, guidata ancora dal

vicequestore Vittoria, circonda la zona e va all'assalto della casa occupata.

Resistenza attiva. Scontri, barricate e violenze di poliziotti, carabinieri e com-

missari sulle famiglie occupanti, sulle donne e sui bambini: 25 compagni arre-

stati, molti i feriti. Dopo lo sgombero le famiglie si riorganizzano: occupazione

del centro sociale di Quarto Oggiaro, manifestazione a Palazzo Marino, sede

del comune, sequestro per t re ore d i un burocrate inviato dal sindaco e

rifiuto di un compromesso discriminatorio (— la casa a due famiglie ora,

alle altre in seguito —). Infine, la soluzione vittoriosa della lotta. Casa nuova

e adeguata al numero dei componenti a tutte le 25 famiglie; affitto di 15.000

lire al mese e i l resto a carico del comune; abolizione dell'anticipo trime-

strale, gratuità del trasloco; 160.000 l ire a famiglia come indennizzo spese.

In una lettera al « Corriere » l'UNIA (l'associazione interclassista degli inqui-

lini, controllata dal PCI ) precisa di non avere nulla a che fare con quanti

adottano « mezzi illegali come l'occupazione delle case ». Poi i l processo per

direttissima ai compagni arrestati. Un processo incredibile; 23 assoluzioni e 2

condanne a quattro mesi con la condizionale; i rappresentanti della borghe-

sia, Aniasi (PSI ) sindaco d i Milano, Venegoni (DC) presidente dell'IACP,

Affitto Bonanno ( « democratico ») questore e Vi ttoria (fascista) viceque-

store, messi puntualmente e duramente sotto accusa in ogni fase del dibatti-

mento dalle famiglie chiamate a testimoniare e dagli imputati; e i l ricono-

scimento forzoso da parte del tribunale che l'occupazione di edificio « non

è reato », in quanto i lavoratori, attraverso le trattenute sulla busta paga,

hanno maturato i l diritto, anche legale, alla casa.

Lungi dall'essere un elemento di ambiguità (come vorrebbero alcuni critici

ultrasinistri), questa sentenza « progressista » è invece proprio segno del

carattere eversivo della lotta per l a casa, della sua capacità d i rottura;

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