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alla provocazione fascista. Aderiscono Manifesto, Potere Operaio, gruppi

menó ufficiali (come il Collettivo Autonomo di Architettura), nuclei autonomi

di fabbrica. Avanguardia Operaia è l'unica assente: in polemica con l'« avven-

turismo » non s'è mossa nè per la FIAT nè contro i fascisti.

Da due setimane circa si erano avviati contatti periodici t ra i gruppi

della sinistra, eterogenei all'estremo, ma caratterizzati da una discriminante

antiriformista. L'estensione della guerra imperialistica nel sud-est asiatico,

Cambogia e Laos; l a repressione ovunque insistente, nelle lotte di fabbrica

che non finivano e nelle lotte studentesche che ricominciavano; l a lotta alla

FIAT; l a reazione fascista e la « maggioranza silenziosa »; l a resa dei conti

del riformismo nel dibattito parlamentare sulla casa e sull'università; in-

somma, l a intersezione dei movimenti reali avevano forzato i gruppi, che

operano chi qua chi là, ad incontrarsi.

Fabbrica, quartiere, scuola: l e lotte sociali si intersecano sempre più e

con più frequenza le strade delle avanguardie si incrociano. Ma un rapporto

politico capace di incrinare pregiudizi settari e verificare in termini critico-

pratici le convergenze, le divergenze, gli antagonismi tra le varie posizioni, in

modo da fare avanzare, nella pratica e nella teoria, i l movimento rivoluzio-

nario, non può essere promosso oggi nè per convegni nè chiamando adesioni,

ciascuno intorno a se stesso. Bensì, prendendo l'iniziativa nel movimento e

determinando « occasioni » politiche t a l i che impongano al le varie forze

responsabilità comuni e reciproche.

L'iniziativa per l'unità di azione a Città Studi, presa dalle avanguardie

del Politecnico insieme ai compagni di Scienze ed altre forze per estendere la

lotta contro la « riforma » borghese della scuola, e poi della casa; l'iniziativa

per rendere sistematiche le riunioni intergruppi di fronte a scadenze poli-

tiche concrete e concatenate sono primi passi i n questo senso. Quando si

arriverà all'esplosione di viale Tibaldi, i gruppi hanno già alle spalle un inizio

di dibattito in comune sulla questione della casa e della scuola, sui compiti

da affrontare contro la repressione e per costringere il riformismo a una resa*

dei conti con le masse, nelle fabbriche, nelle scuole, nei quartieri.

«Ripresa qualificata della didattica », contro i l blocco dell'attività è l a

parola d'ordine su cui, nella facoltà di Architettura, i baroni « progressisti »

e revisionisti, il Comitato Politico (giallo) dei loro subalterni, e il G.C. conver-

gevano verso la fine di Maggio. L'assonanza con lo slogan del PCI: ripresa

qualificata dell'attività produttiva, non è per nulla casuale. Le stesse forze

revisioniste che propongono agli operai la resa di fronte al ricatto politico

ed economico dei capitalisti, propongono « l'impiego di un periodo crescente

della vita nell'educazione d i tutt i i t ipi » come « condizione indispensabile

per l'aumento della produttività » e attaccano i presunti « estremismi eguali-

tari » proponendo la scuola non come terreno di lotta di classe per l'eman-

cipazione sociale, ma come terreno competitivo di promozione sociale.

«Solo i n condizioni d i elevata maturità scientifico-economica è possi-

bile superare la divisione sociale del lavoro, e anche solo una rapida ridu-

zione degli elementi di diseguaglianza la si può ipotizzare per quei paesi che

trapassino ( !?) a l socialismo in condizioni di sviluppo economico elevato »

(e la Cina?). Ergo: «necessità di sollecitare i l massimo sviluppo (...) delle

forze produttive sociali ». « Che senso ha allora rivendicare i l diritto all'istru-

zione e al lavoro uguale per tutti? Si può forse negare che è da prevedersi un

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