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segue su un piano generale un'incomprensione del carattere capitalistico

della « produttività» e d i altre questioni centrali nello scontro d i tlasse

oggi. La convergenza sulle tesi revisioniste è evidente.

Al contrario, se i l capitale imperialista comprime e distrugge le forze

produttive i l problema

primo

per il rivoluzionario non è quello di sviluppare

le forze produttive, ma è quello di tradurre in coscienza di classe, in organiz-

zazione e in linea politica l'oppressione sociale che deriva dalla compressione

delle forze produttive.

Gli stessi principi valgono per la questione delle riforme. I neo-revisio-

nisti affermano che nell'epoca dell'imperialismo i l capitale è stagnazione -e

reazione, è incapace di sviluppo. E ' incapace di attuare riforme. Qualunque

miglioramento ancorchè parziale, è dunque una vittoria

netta

conseguita con

la lotta delle masse popolari.

Anche qui i neo-revisionisti, per non voler essere « apologeti del capitale »

ammettendone le capacità di manovra, finiscono col dare la mano ai rifor-

misti: poichè i l capitale è incapace d i razionalizzare alcunchè, qualunque

miglioramento è anti capitalistico. I l P.C.I. avrebbe torto, i n sostanza, per

il fatto che la sua linea riformista è illusoria per le masse, in quanto cerca

una collusione col capitale, che nè può nè vuole riformare nulla.

Essi vedono anche qui la semplice opposizione: masse popolari che voglio-

no le riforme e borghesia che non ne vuol proprio sapere. Non possono capire

che talvolta la borghesia

vuole

le « riforme » proprio perchè le masse lottano.

La riforma è un compromesso che si piega in favore di chi detiene l'egemonia

in un determinato rapporto di forze. Sono sì frutto di una lotta, ma mai

univoco.

La questione della scuola serale ha messo in evidenza tutti questi nodi.

Si tratta di una questione di grande importanza, perchè la condizione di lavo-

ratore-studente interessa masse sempre più vaste non solo a livello medio,

ma anche universitario; e in più si estende non solo a sempre più ampi strati

di classe operaia, ma anche a strati tecnico-impiegatizi a vari livelli. Per gli

accademici « progressisti » e revisionisti e per il G.C. che hanno preso l'inizia-

tiva su questa questione, essa si presentava in termini molto semplici: istituire

corsi serali che dipendessero dai gruppi accademici più attrezzati come « di-

scorso culturale », e ne consolidassero ulteriormente i l potere. Con dema-

gogia qualunquista il G.C. si asteneva completamente dal considerare la natura

della scuola serale: coerentemente alla propria impostazione esso la conside-

rava puramente e semplicemente come uno strumento per garantire il « diritto

allo studio ».

Reggere al la concorrenza sul mercato capitalistico della forza lavoro,

resistere a i processi capitalistici d i dequalificazione, obsolescenza e disoc-

cupazione della forza lavoro: sono questi i motivi d i fondo che spingono

masse crescenti di làioratori a godere del loro « diritto allo studio » nelle

scuole serali. « Formazione permanente » come aumento del « Capitale umano »

pagato con la fatica, la salute, il tempo e i soldi dei lavoratori: la scuola post-

lavorativa è voluta, calcolata e imposta dalla classe dominante. Nell'istruzione

dopo il lavoro di

una parte

delle forze di lavoro, i capitalisti trovano un potente

mezzo di ricatto e di divisione dei lavoratori agendo sulle differenze di quali-

fica e sulla ideologia individualistica meritocratica. Ma a misura che i l mito

della « promozione sociale » si frantuma di fronte alla realtà dei rapporti di

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