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PARTE TERZA

1. Ne l l e pagine precedenti d i questo rapporto s i è accennato p i ù vol te

alla

proletarizzazione

com i l modo specifico (particolarmente vistoso — i n

agricoltura — nelle fasi d i transizione e d i ristrutturazione) i n cu i s i pre-

senta l o svi luppo capital istico su l piano sociale generale. Questa afferma-

zione, d'al t ra parte, non sarebbe d i per sè sufficiente soprat tut to tenendo

conto degl i intent i prat ici d i questo rapporto (26) se non s i chiarisse che

cosa s i intende col termine « proletarizzazione », e se non s i desse qualche

esempio dei r isul tat i a cu i è possibile pervenire assumendolo come para-

metro fondamentale per la valutazione d i situazioni concrete e per la elabo-

razione degl i obiet t ivi pol i t ici p i ù adeguati.

Riprendendo dunque rapidamente alcuni t emi che appaiono essenziali

dell'impostazione data da Kautsky e da Lenin al problema agrario, conviene

innanzitutto sottolineare una cosa: i l discorso sulla proletarizzazione (che è

il

nocciolo prat ico-teorico

d i tut ta l a l inea d i pensiero rivoluzionario sul la

questione, da Marx-Engels, attraverso i l Kautsky « non ancora rinnegato »,

a Lenin e inf ine a Mao) è sempre stato concepito come strumento d i

demi-

stificazione

e di

organizzazione,

più che di previsione sullo « sviluppo ideale))

del capitalismo.

Se si tiene conto di questo, e delle osservazioni fat te sul le diverse con-

cezioni del « piano », risulta chiaro che sarebbe velleitario e sbagliato preten-

dere d i def inire l a proletarizzazione i n assoluto, prescindendo dal le condi-

zioni concrete, particolari e generali, in cui ci si trova ad agire; prescindendo

perciò innanzitutto dal problema — t ipico del la società capitalistica, e che

definisce appunto le condizioni e i mot ivi d i lot ta del proletariato i n ogni

momento specifico — d i fare i cont i con l e « interferenze » d i var io t i po

che turbano quello « sviluppo ideale » che i capital isti stessi sognano.

Questo significa, i n sostanza, che l o studio del la letteratura rivoluzio-

naria su un tema specifico ha soprattutto i l f ine d i forni re un impianto teo-

rico, un metodo e degl i strument i scientifici d i analisi, impianto metodo e

strumenti l a cu i utilizzazione

impl ica necessariamente

l o svi luppo contem-

poraneo de l lavoro d i organizzazione e agitazione pol i t ica ( e viceversa).

Significa d'altra parte che come la strategia e la tattica del nemico si aggior-

nano e si sviluppano continuamente ad ogni l ivel lo sociale, a l f ine d i man-

tenere intatte e d i riaffermare le strut ture fondamentali del la società capi-

talistica e i l nocciolo teorico che le giustifica e le « razionalizza », così devono

aggiornarsi e svilupparsi l a nostra strategia e l e nostre tattiche, attraverso

un processo dialettico t r a impianto teorico, metodo e strument i scient i f ici

di analisi, ed esperienze concrete e sempre p i ù generalizzate e coordinate

d'intervento pratico, organizzativo e di agitazione, non soltanto a l ivel lo pro-

duttivo i n senso stretto, ma i n ogni !settore sociale. Questo processo dialet-

tico è appunto i l lavoro pol itico, o prat ica sociale: dove i l rappor to t r a l e

masse e i mi l i tant i rivoluzionari (ma anche t r a i set tor i p i ù coscienti e

politicizzati del le masse e g l i a l t r i ) s i presenta

sempre

come rappor to

dialettico che esclude qualsiasi sogno d i totale identificazione, tanto i n un

senso (burocratismo) quanto nel l 'altro (spontaneismo, operaismo ecc.). (27)

2. Su l l a base d i queste precisazioni, vediamo dunque qual i indicazioni

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