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diversi a seconda delle situazioni locali; in questa luce piano vuol dire in

primo luogo calcolo dei rapporti di classe nelle varie situazioni e assunzione

da parte del sistema dei rischi impliciti nella conduzione d i un progetto

di sviluppo capitalistico generale.

Che questo tipo di contraddizioni possano essere, come altre, superate,

non significa che intanto non siano operanti, e di questo va presa coscienza

fino in fondo se non si vuole cadere nell'astratto, nella considerazione del

piano come un mitico

deus ex machina.

Si corre i l rischio, considerandolo

a prescindere dalle condizioni materiali nelle quali opera, di fare dell'illu-

minismo alla Keynes, di vedere le difficoltà, le contraddizioni dello sviluppo

capitalistico come dovute al la mancanza d i intelligenza, ad una presunta

«tremenda confusione ».

Alla base della idealizzazione del piano è evidente una pericolosa soprav-

valutazione delle capacità riformistiche della borghesia. Invece che come

classe sociale storicamente determinata nelle diverse fasi dell'evoluzione

capitalistica, alcuni tendono a considerare la borghesia come una sorta di

computer,

che in base a calcoli puramente econometrici decide l a propria

linea di condotta. E ' una posizione molto pericolosa, comune — i n appa-

renza paradossalmente — a gruppi assai diversi del movimento progressista

e di quello operaio, tradizionale e non. I n quel modo, ci si inibisce inevi-

tabilmente la possibilità di cogliere i l senso delle decisioni del sistema, le

scelte d i breve e medio periodo, ammesso e non concesso che quelle d i

lungo periodo rientrino negli schemi teorici ( i cosiddetti « giudizi d i ten-

denza » di cui si abusa largamente, spesso fraintendendo i l significato dialet-

tico che essi hanno nel discorso di Marx) fabbricati sulla base di una idealiz-

zazione delle capacità riformistiche della direzione del capitale. S i tratta

dunque di un modo tipico di

fare della teoria

in senso astorico, ascientifico

e non marxista, cioè di rinunciare a definire ( e di conseguenza ad affron-

tare politicamente) l e molteplici contraddizioni specifiche nelle qual i s i

rivela — ad ogni livello dello sviluppo socio-economico — quella contraddi-

zione ineliminabile del sistema che s i dichiara d i voler porre al la base

• dell'analisi (l'irreducibilità della forza lavoro a semplice parte del capitale).

• I n conclusione, sembra i n sostanza legittimo affermare che una cosa

è definire teoricamente esigenze e modelli d i sviluppo capitalistico attra-

verso l'uso di categorie necessariamente astratte, e un'altra, ben diversa, è

dare per scontata la possibilità della borghesia di dare luogo ad uno sviluppo

«puro ». La confusione dei due piani conduce direttamente — sul piano

teorico — alla confusione t ra l a dialettica idealistica d i tipo hegeliano e

quella materialistica d i t ipo marxista: e non a caso, come s'è rilevato,

conduce anche — sul piano della prassi — ad una forma di pan-economismo

che sottovaluta gli aspetti specificamente

politici

e

ideologici

dei rapporti

tra le classi e cristallizza la storia del capitalismo in un riprodursi ciclico

del medesimo evento strutturale, cadendo inevitabilmente i n una conce-

zione metafisico-apocalittica della rivoluzione comunista e facendo del pro-

blema organizzativo un gran pasticcio, oscillante tra l'attivismo operaistico

e l'oggettivismo sociologico (25).

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