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che scaturisce dal la corsa a i set tor i p i ù

remunerat ivi

opera una selezione

che si impone come legge naturale: «La libera concorrenza fa valere le leggi

immanenti della produzione capitalistica come legge coercitiva nei confront i

del capitale singolo))

(Capitale,

I l i bro, p . 306). Sono l e stesse categorie

prezzo, prof i t to, ecc. a svolgere una funzione selettiva, a prescindere dal la

coscienza che di esse ha i l singolo capitalista, i l quale, se vuole sopravvivere

come tale, è costretto a operare scelte funzional i al le condizioni general i

del mercato.

L'ipotesi che sottende l 'anal isi del la trasformazione del saggio generale

di prof i t to i n saggio medio è data dal la considerazione d i una real tà con-

correnziale, all'interno della quale cioè non sia possibile a nessun produttore

rallentare i n modo signi f icat ivo i l processo d i l ivel lamento d e l p r op r i o

saggio di prof i t to a l saggio cui dà luogo la produzione sociale. I n una situa-

zione definita dal la presenza d i un numero relativamente l imi tato d i grosse

concentrazioni indust r ial i che control l ino fet te significative d i mercato, è

chiaro come r i su l t i problematica l 'affermazione d i u n saggio med i o de l

profitto: t a l e di ff icol tà discende i n pr ima e decisiva istanza dal la possibi-

lità che ogni singola unità produttiva ha di rallentare nel tempo — in misura

ampia a seconda del le sue dimensioni, del «grado d i monopol io » e del la

sua collocazione — i l processo d i

socializzazione

de l propr io prof i t to. A l l e

note difficoltà analitiche dello schema marxiano d i trasformazione dei valor i

in prezzi (al l ' interno d i una situazione d i concorrenza) s i aggiungono l e

difficoltà inerent i l a determinazione de l prezzo tenuto conto del la nuova

elasticità

t r a prezzi d i mercato, prezzi individual i e costi. Con ciò s i tocca

in almeno due punt i essenziali la costruzione teorica del

Capitale:

l a teor ia

del valore e della distribuzione. La discussione d i questi fat t i richiederebbe,

onde evitare da un lato faci l i generalizzazioni d i t i po empi r ico e dal l 'al tro

forme sclerotiche, e di fatto non marxiste, di difesa della « teoria », un appro-

fondimento che qui non è possibile (20).

L'affermazione d i st rut ture produt t ive non concorrenziali ( l a « società

per azioni gigante ») mu t a i l fondamentale carattere d i un i t à de l capi ta-

lismo? Fintanto che l a produzione è caratterizzata da l l a l i be r a concor-

renza, i l funzionamento del sistema è assicurato dal la selezione spontanea

dei capi tal i individual i , e l a legge de l valore ( p u r nel le sue riconosciute

insufficienze) può essere considerata come i l vincolo che ogni capi tal ista

deve soddisfare per sopravvivere. Cambiano le cose, e i n qual i termini , con

l'affermazione del capitale monopolistico? Tut to sommato, seppure i l potere

di incisione reale sul le decisioni del lo Stato da parte de i grossi complessi

industriali s i a considerevolmente aumentato, sembra corret ta l 'affermazio-

ne di Baran e Sweezy

(MC,

p. 46) secondo cui: « I l funzionamento del siste-

ma è tut tora i l risultato non intenzionale delle azioni egoistiche delle nume-

rose un i tà che l o compongono ». I n a l t r i termini , nel la fase de l capi tale

monopolistico i l terreno decisivo sul quale maturano e si sviluppano le linee

di tendenza del sistema continua ad essere i l mercato. I l problema è: quale

mercato? Risultante d i qual i forze?

I l capitalismo analizzato da Marx è caratterizzato da un rapporto azien-

da-mercato del tut to particolare. I n questa fase, i l mercato è per ogni singola

azienda una potenza estranea rispetto al la quale i l capital ista singolo non

ha un reale potere d i incisione. Non è l'azienda a « fare » i prezzi; questa

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