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distinzione nasce quindi sulla base del funzionamento interno (aziendale).

L'azienda contadina sarebbe caratterizzata dal lavoro

prevalente

del nucleo

familiare, che solo saltuariamente ricorre al lavoro salariato. In secondo luogo

si può mettere l'accento sull'esigenza di recuperare, all'interno di una defi-

nizione d i unità sostanziale del modo capitalistico d i sviluppo nell'agricol-

tura, gli elementi che consentono di concretare l'analisi delle differenti siste-

mazioni strutturali raggiunte dal sistema ai vari stadi del suo sviluppo. Ma

in questo secondo caso i l termine

contadina

è perlomeno ambiguo. E ' evi-

dentemente privo di senso parlare di diverse logiche di sviluppo all'interno

di una situazione i n cui i l carattere sociale della produzione capitalistica

ha permeato l'intera area sociale rendendola funzionale al le sue esigenze

(oltre che fonte d i pericolose mistificazioni) (16) ; se ha un senso espri-

mersi col termine « sistema », questo nasce dall'osservazione che nella tota-

lità del tessuto sociale operano le stesse leggi, per quanto in forme e modi

diversi. La considerazione della società del capitale come somma di strutture

e settori regolati da leggi proprie (e qui per leggi si intende

leggi di produ-

zione,

i n senso stretto) è l a forma tipica che h a assunto ne l penstiero

borghese i l tentativo d i mistificare l a realtà come generalizzazione dello

sfruttamento. Nel sistema capitalistico l'azienda contadina, nella misura in

cui è realmente contadina, non può che essere una soluzione di ripiego (det-

tata da esigenze d i stabilità sociale) totalmente reintegrabile e superabile

nel corso dello sviluppo; comunque forma mistificata del processo di prole-

tarizzazione.

Dove i l capitale non s i impadronisce direttamente d i un particolare

settore della società, o perchè non ne ha l a forza o perchè rappresenta

un'area non abbastanza

suscettiva,

utilizza l ì quelle strutture che garanti-

scono un più alto grado di stabilità sociale, tali comunque da consentire i l

maggiore impegno nelle aree direttamente investite. Ciò non significa che

queste soluzioni siano i n qualche modo alternative alla logica d i sviluppo

del capitale, rappresentino una logica diversa.

Ciò non vale solo per l'agricoltura ma, i n un primo momento, anche

per l'industria. Marx individua nello sviluppo industriale una serie di siste-

mazioni non del tutto definibili attraverso l'uso di parametri « puri », ma

non per questo meno funzionali rispetto al sistema nel suo complesso. Nella

parte del I libro del

Capitale

dedicata alle macchine e al la grande indu-

stria si trovano queste affermazioni: « L a rivoluzione del modo sociale di

esercitare un'attività industriale, rivoluzione che è prodotto necessario della

trasformazione del mezzo di produzione, si compie in una policroma con-

fusione di forme di transizione » (p. 519) ed ancora a proposito della legi-

slazione inglese sulle fabbriche: « l a natura della grande industria porta

con se variazioni di lavoro, fluidità delle funzioni, mobilità dell'operaio in

tutti i sensi. Dall'altra parte essa riproduce l a antica divisione del lavoro

con le sue particolarità ossificate, ma nella sua forma capitàlistica » (p. 534).

Se è chiaro in Marx, a livello

teorico,

che i l sistema capitalistico usa ai

propri fini, dove non può rivoluzionare con i l suo intervento diretto, i l siste-

ma produttivo preesistente (ol t re al la riproduzione dialettica dell'antico

nel nuovo), ciò è, se possibile, ancora più chiaro in Lenin al livello delle

implicazioni politiche. Nella lunga polemica con gl i

amici del popolo

per

quel che riguarda la definizione delle strutture agricole russe delle antiche

comunità di villaggio, la sua posizione è inequivocabile: anche queste sono

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