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meno a testimonianza de l l a complessità assai maggiore d e i processi i n

corso, interviene un molteplice ordine d i dati. Da un lato, si può scomporre

ulteriormente l e c i f re precedenti, relat ive al la diminuzione r ispet t iva del la

manodopera agricola dipendente e de i cosiddetti condut tor i d'azienda, ne l

decennio 1955-64.

.

Si constata così la possibilità, a questo livello, di almeno due interpreta-

zioni, che è possibile schematizzare nel modo seguente: se s i accetta l ' ipo-

tesi esposta, secondo la quale l 'obiettivo pr imar io del sistema nel suo com-

plesso, nonchè la legge che regola la sua logica d i sviluppo, sarebbe l'espan-

sione industriale, al lora quei dat i ( e soprattutto l e differenze regional i che

denunciano) non sarebbero al t ro che indici dei l ivel l i d i svi luppo raggiunt i

dalle diverse aree del terr i tor io nazionale lungo una medesima scala evolu-

tiva. Det to per inciso, tale interpretazione non sarebbe a l t ro che un'appl i-

cazione, per ciò che riguarda i n particolare i l Sud, del la teoria generale del

«sottosviluppo » (9).

Alla sommi tà del la scala, considerando fotograficamente l a situazione

italiana attuale, si troverebbero le province d i Tor ino e Milano, e la regione

aostana; vedendo po i l e cose i n una prospettiva proiettata ne l futuro, v i

si troverebbe un model lo al l ' interno de l quale l e forze d i lavoro agricole

dell'intero paese non rappresenterebbero p i ù de l 5-6% degl i a t t i v i (come

avviene già oggi — ad esempio — i n Inghi l terra), e dove — particolare più

importante — esse s i troverebbero concentrate i n zone relativamente poco

ampie, impiegate i n grandi aziende completamente r istrut turate secondo un

modello industriale, e caratterizzate da intensi investimenti d i capitale e da

alti l ivel l i d i meccanizzazione e d i reddito.

Guardando quei da t i i n modo diverso, però, c i s i può accorgere che

su d i essi si può formulare un'ipotesi abbastanza diversa: quel la d i un siste-

ma socio-economico uni tar io che tende ad articolarsi, i n base ad un certo

modello d i rapport i « equilibrati » t r a i var i settori, i n sottosistemi terr i to-

rial i reciprocamente integrat i ; al l ' interno d i ciascuno d i quest i i l pun t o

di equi l ibr io intersettoriale s i ritroverebbe però a un l ivel lo differente, de-

terminando così una « vocazione specifica)) d i ciascun sottosistema.

In questa luce, risulterebbe naturalmente escluso i l discorso del « sotto-

sviluppo)> inteso come

r i tardo

d i una o p i ù par t i del sistema r ispet to ad

altre; e l a attuale situazione italiana, i n particolare, apparirebbe come

fase

di transizione

d i un complesso processo d i ristrutturazione che interessa

l'intero sistema, fase nella quale sarebbe già possibile intravvedere, a grandi

linee almeno, l'assetto futuro a cui s i tende (10).

Un secondo ordine d i dat i riguarda l'interpretazione dei disl ivel l i quan-

titativi t ra l a diminuzione dei lavoratori dipendenti e quel la dei condut tor i

d'azienda.

Come s i può vedere da i da t i f o r n i t i sopra, t a l e diminuzione r i su l t a

prevalente t r a i

dipendenti

soltanto nel triangolo industriale (anche l à ac-

compagnata, per al t ro, da un massiccio calo dei

«condut tor i d'azienda »),

I r isul tat i sono i seguenti:

regioni

dipendenti

61,7%;

49,5%

nord-occidentali

(triangolo industriale):

conduttori

;

— regioni nord-orient. c e n t r . :

dipendenti

44,3%;

53,0%;

e

conduttori

— regioni merid. i s o l e :

dipendenti

1,6%;

27,5%

e

conduttori