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luppo capital istico nel quale quel le s i sviluppavano, l i por tò d'al t ra par te

a cozzare contro i propr i l imi t i , tanto più gravi i n quanto ben presto si veri-

ficarono a l ivel lo nazionale le massicce reazioni sia dei par t i t i e dei sinda-

cati (accordi separati nelle industrie private e a partecipazione statale, cen-

tro-sinistra o d opposizione democratica a d esso, richieste d i una « vera»

programmazione economica, separazione del la lot ta nei set tor i p i ù avanzati

da quel la ne i set tor i p i ù arret rat i , eccetera), s ia de i capi tal ist i (congiun-

tura economica, salto tecnologico, intensificazione dei rappor t i a l ivel lo so-

vra-nazionale, impostazione de l l a programmazione economica, sbandiera-

mento ricattatorio dei pericol i d i destra, ecc.).

La brusca presa d i coscienza d i que i l i m i t i ( non coincidenza

imme-

diata

t ra l a capacità d i analisi raggiunta e una reale capacità o possibi l ità

di organizzare stabilmente consistenti nuclei proletar i d i attacco ed elabo-

razione pol i t ica anticapitalistica), uni ta al la coscienza d i rappresentare co-

munque dei pun t i avanzati d i tale elaborazione, e ad una consapevolezza

acuta — spesso eccessiva, per ragioni soggettive — dell'importanza del mo-

mento e del rischio rappresentato dal lo squi l ibr io t ra potenziale d i lot ta e

livelli d i coscienza delle masse, hanno portato i gruppi a due gravi er ror i :

a)

a sottovalutare gl i effet t i demistificanti e st imolant i che g l i stessi

episodi de l « nuovo corso » capital istico avevano sul la classe operaia, gra-

dualmente por tata a riappropriarsi ( i n termi n i d i lot ta) d i due capisaldi

della teoria marxista-leninista: 1. l'equivalenza t r a sviluppo economico capi-

talistico e aumento del lo sfruttamento; 2. l a necessità d i superare i l imi t i

sindacali del le lot te (necessità solo provvisoriamente e malamente masche-

rata come esigenza d i « superare l e divisioni sindacali », «lot tare pe r l ' in-

gresso del sindacato i n fabbrica », o «superare l e arretratezze e g l i er ror i

delle linee sindacali »);

b)

a non saper prevedere che i l «balzo i n avanti»• capitalistico non

avrebbe soltanto « risolto» alcuni degl i annosi problemi e del le contraddi-

zioni p i ù disfunzionali del la società nazionale, ma ne avrebbe por tat i al la

luce altri: o

completamente nuovi,

come la scuola, la contraddizione t ra certe

parti della Costituzione e le esigenze di sviluppo agricolo in seno al la C.E.E.,

l'intensificarsi dei processi d i proletarizzazione d i larghe par t i del la piccola

borghesia urbana (tecnici , impiegati, piccol i commercianti, student i ) e ru-

rale (piccol i e medi propr ietar i contadini ), e così via; oppure

r i so r t i i n

forme qualitativamente nuove dal le cener i de i vecchi, qua l i l a questione

meridionale, l a questione agraria, i problemi d i riassorbimento del le ecce-

denze d i forza-lavoro der ivant i da l l a « razionalizzazione » de i set tor i p i ù

arretrati, eccetera.

3. L a corretta previsione d i quest i f a t t i — certamente possibile sul la

base dei dat i d i cui già s i disponeva, se correttamente inser i t i nel quadro

della scienza marxista-leninista del la società capital istica — avrebbe con-

dotto a porre in modo corretto anche i l problema del rapporto teoria-prassi,

la cui soluzione non è — evidentemente — i l perpetuarsi dell'antitesi, nè i l

privilegiamento ideologico d i uno o del l 'altro termine d i essa, ma è

l'azione

politica organizzata a t u t t i i l ivel l i.

Ciò che è avvenuto d i fat to al lora ( e che i n un contesto solo i n parte

diverso, continua ad accadere oggi) è stato invece una specie di « gioco delle

parti », fondato sul la sfiducia (inconfessata) nel la creatività del le masse, e

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