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ficarlo per i l solo fatto di essere, cioè possono essereessestesse elemento forma-

tivo), sono importanti quanto quelle operaie. Ma non nel senso di quella che si

suole chiamare la « formazione quadri ». Se si fanno lotte senza obbiettivi chiari,

con i l solo fine di fare casino e di « formare quadri » si forma in realtà un nuovo

pezzo di classe politica. E chiediamo scusa ai singoli studenti di cui siamo amici

eai quali dopo tutto ovviamente ci riferiamo, ma qualche volta questa nuova

classe politica ci sembra peggiore della vecchia, che già non era un gran che. La

ripresa delle lotte studentesche e la loro funzionalità anche alle lotte operaie non

può venire che da una ripresa delle lotte « in proprio » e con l'incontro t ra

studenti e operai come, diciamo così, tra lavoratori e lavoratori e non come tra

«politici» e lavoratori. Facendo le lotte non si fa la rivoluzione; non necessa-

riamente. Ma si comincia a capire come fare a farla, si comincia a fare quella

teoria di cui si manca. Facendo le lotte, e studiando. Come dice anche i l presi-

dente Mao.

Perchè, per concludere, Stalin e Lenin sono morti, ma Mao è vivo. Sia nel

senso che è viva la sua, cioè del suo partito e del suo popolo, opera teorica,

che è realmente un

di

più rispetto alle rigide formulazioni di un passato più o

meno recente (vedi la ricchezza di elencazione delle contraddizioni: c i manca

solo la contraddizione tra chi parla e chi ascolta, tra chi scrive e chi legge; per-

chè per i l solo fatto di aprire la bocca o di prendere la penna in mano ci si

oppone agli altri; ma per fortuna è quasi sempre una contraddizione secon-

daria); sia nel senso che è vivo l'immane esperimento sociopolitico e produttivo

di 750 milioni di uomini che stanno uscendo dalla fame e avviandosi a costruire

una civiltà esattamente su quelle basi di rifiuto della divisione subordinante del

lavoro su cui abbiamo le idee così poco chiare. Come esperimento non è poco.

Ma non basta. Perchè non siamo in Cina; e l'organizzazione della produzione

el'organizzazione sociale sono estremamente più complesse; e la divisione del

lavoro è nelle macchine e nella testa dei lavoratori, dei tecnici, dei politici e dei

contadini analfabeti. Perchè poi magari, se la guardassimo da vicino, anche la

Cinamostrerebbe le sue ombre. Diremmo che forse già le mostra o comunque po-

trebbe mostrarne. Abbiamo molto da imparare dal Presidente; ma abbiamo molto

da imparare soprattutto dalla prassi politica, dallo studio e dalla critica della

scienza (e dal lavoro di quello scienziato che era Marx). E' il nostro grande com-

pito. In un certo senso, se fossimo d'accorda, su questo o su un altro programma,

l'organizzazione sarebbe un problema minore. Per non riuscire ad «organizzarsi»,

cioè a scambiarsi informazioni, dividersi i compiti e agire concordemente, bisogna

essereveramente minorati, quando si sa che cosa si vuole. Forse noi non lo sap-

piamo, ma è ora di saperlo. E per saperlo è necessario esplicitare fino in fondo

ciò che si sta facendo e dire ciò che si pensa. Anche le cose, a seconda dei punti

di vista, ovvie o blasfeme, come questa.

Francesco Ciafaloni - Carlo Donolo

MONTHLY REVIEW Edizione italiana N . 6

Paul M. Sweezy e Ha r r y Magdoff, La vecchia Sinistra e l a nuova; Giovanni

Ar r i gh i

e

John S. Saul ,

Socialismo e svi luppo economico nel l 'Af r i ca tropicale;

Peter Geismar,

Fran t z Fanon, evoluzione d i u n r ivoluzionar io;

Pe t e r Worsley,

Le teor ie r ivoluzionar ie;

James 03Connor,

Rivoluzione e classe operaia a Cuba;

James Petras,

Recent i sv i luppi i n Amer i ca Lat ina.

Edizioni Dedalo, Bar i , V i a Orazio Fiacco, 15. U n numero L . 300. Abbona-

mento annuo L . 3.000. Cccp. 13/7087, Bar i .

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