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ruolo politico e sociale) e di eliminare violentemente l'ambivalenza dovuta alle

contraddizioni reali sia individuali che strutturali. Non c'è metodo corretto per

uscirne se non un aumento della capacità di lavoro politico, di analisi, riflessione,

autoriflessione, che comporti sempre un aumento della capacità di tollerare l'ambi-

valenza, che significa sapere agire anche in una situazione problematica e non

solo in quella in cui i l mondo è diviso solo in due parti, e aumento della distanza

dal ruolo, senza i l quale non è possibile alcuna riflessione su se stessi come

soggetti politici. E ' chiaro che si tratta di una specifica problematica che si

pone nel movimento solo perchè ora gruppi sociali quali gli studenti o i tecnici

si politicizzano

come

gruppo, non come individui transfughi, che diventano rivo-

luzionari di professione. La loro identità rivoluzionaria è tutta da costruire, e

se la stanno costruendo anche nella prassi; ma imporre un'identità rivoluzio-

naria fatta di formule e rituali significa alienare questi gruppi dalla loro possi-

bilità eversiva, costringendoli in modelli e canali dottrinari e estrinsechi.

Il caso dell'Unione deve essere visto anche come un caso estremo di prose-

guimento acritico di una tradizione politica mal interpretata e ormai diventata

problematica anche in se stessa. « Marxismo-leninismo » e « maoismo » non sono

teorie politiche che offrano immediatamente criteri per l'azione politica nella

situazione specifica delle società industrialmente sviluppate. I l loro impiego dot-

trinario è pericoloso non solo perchè irrazionalizza l'agire politico, al di sotto

delle etichette, ma perchè impedisce l'elaborazione di nuove analisi e di nuovi

contenuti politici, senza i quali ogni tentativo di organizzare un movimento

rivoluzionario di massa in paesi capitalistici avanzati sarà destinato a fallire.

Inoltre, anche in sè, i l maoismo e i l leninismo hanno valore solo se riappresi

criticamente, reinterpretati alla luce dei problemi specifici dell'azione politica

nelle situazioni in cui ci troviamo in Occidente. Non è lecito nè ripetere i l pas-

sato, ne imitare « la Cina ». I l ricorso a dottrine politiche spesso indiscusse o

malcomprese serve solo a nascondere la reale mancanza di una teoria rivoluzio-

naria adeguata.

Il movimento deve imparare a criticare anche le tradizioni politiche, senza

le quali non avrebbe potuto neppure incominciare a prendere forma. Un movi-

mento rivoluzionario incapace di comprendersi, perchè accecato da una falsa

coscienza, non ha molte probabilità d riuscire ad essere un'alternativa a ciò

che critica e combatte.

A

-

III. Cri t icato i l tentativo di autoorganizzazione dell'Unione, restano da

chiarire numerosi problemi sui rapporti t ra spontaneità ed organizzazione, so-

prattutto in relazione alla ripresa del M.S. e dell'intervento degli studenti e dei

gruppi nelle lotte operaie.

Per cominciare, e per non essere fraintesi, la rivolta autonoma, anche anar-

chica, anche individuale, anche apolitica o impolitica, degli operai e degli stu-

denti o di qualunque altro sia collettivamente o individualmente oppresso dalla

attuale organizzazione della società e dagli attuali rapporti d i produzione, è

sempre lecita e va sempre condivisa. « L'insopportabile non è stato ancora

definito ».

Tuttalpiù, se la rivolta « fuori tempo » va a vantaggio di terzi, « favorisce

oggettivamente i l padrone », incombe a quelle organizzazioni ed istituzioni esi-

stenti che dovrebbero avere nell'ambito « del sistema » i l compito di limitare

il prepotere « del padrone », l'onere di sostenere in prima persona la lotta, che

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