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i l superamento de l l a divisione de l la-

voro. E' la partecipazione, l 'uni tà: «Dap-

prima, pensando a l lavoro, dicevo " i l

vostro ospedale"; po i m i sono abi tuato

a d i r e " i l nos t ro ospedale", ché l 'ab-

biamo veramente creato t u t t i quant i in-

sieme. E creandolo, c i siamo reciproca-

mente scambiati qualcosa. Ci siamo, per

così dire, inf luenzat i a vicenda, trasfor-

mandoci... ». Or a che h a r i nunc i ato a

ogni vani tà, l a sua vani tà potrebbe es-

sere soddisfatta come non mai: i soldati

vanno all'assalto gridando i l suo nome,

che è diventato Pei Ciu En: « Morte al

nemico! Pe i Ci u En è qui , e cura i fe-

r i t i ! Avan t i , avant i , Pe i Ci u E n è con

noi! ». Ora che ha r inunciato al la fama,

un quarto della razza umana lo ricorda

e l o canta.

La « fel icità » è certamente i l m i t o

più di ffuso nel l 'area capitalista. Sia che

abbia i l vo l to del la star, i l suono e l e

parole del le canzonette, de i rotocalchi,

sia che assuma forme p i ù elevate, que-

sto tenace autoinganno è sintomat ico

del nostro stato d i frustrazione. Se so-

gnamo l a fel ici tà, segno è che siamo

infelici. Anche B. pe r t u t t a l a v i t a ha

cercato l a fel i c i tà ne l l e f o rme i nd i v i -

dualistico-borghesi de l l a car r i era, d e l

lusso, del l 'ar te, del l 'amicizia, del l 'amo-

re per una donna ecc. Tra le prime cose

che registra, appena ar r i vato i n Cina,

è l ' incont ro con un gruppo d i student i

che fuggono dal l 'avanzata giapponese:

«Alcuni sono s t a t i f a t t i pr i g i on i er i e

uccisi, a l t r i sono mo r t i d i freddo sul le

montagne. Quel l i che incontrammo sta-

vano andando a Yenan per studiare i n

quella universi tà. Sembravano f e l i c i ».

(Non a caso è la stessa impressione pro-

vata d a Edga r Snow, f i n d a l p r i mo

contatto con i comuni st i cinesi , dopo

aver lasciato l a C i na cont rol lata d a l

Kuomintang: « La vi ta di ognuno di lo-

ro, o quasi , aveva conosciuto l a t r a -

gedia, ma forse erano t u t t i t roppo gio-

vani p e r esserne r imas t i gravemente

depressi. M i sembravano fe l i c i , f or se

era i l pr imo gruppo d i proletar i cinesi

fel ici che avessi ma i visto. Un appaga-

mento rassegnato è un fenomeno comu-

ne i n Cina, m a l a fe l i c i tà — que l l a

che imp l i ca u n a coscienza de l valore

positivo dell'esistenza — è mol to rara».

- Stel la rossa sul la Cina, Einaudi 1965,

pag. 76).

Più t a r d i confesserà, dopo una gior-

nata di duro lavoro: «Sono stanco, mai

però, i n v i t a mia, ho avuto tanta fel i -

cità nel cuore. L a mia vera v i ta è qui ,

dove faccio quel che ho sempre deside-

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rato d i fare. Qu i h o potuto capi re i n

che cosa consiste la vera ricchezza. Sen-

t ire che s i l avora pe r uno scopo, ed

essere cont inuamente assorbito da l la-

voro: questa è la ricchezza. Qui io sono

necessario. I l che m i rende fel i ce

non p e r u n a van i t à borghese — i n

quanto m i f a conv i nto che h o f i na l -

mente imboccato l a strada giusta. Non

ho denaro e non ne sento i l bisogno.

La mia grande fortuna è quella di esser

capitato e d i lavorare f r a gente per l a

quale i l comunismo non è sol tanto pa-

rola e pensiero, ma norma d i vi ta. Per

questo popolo i l comunismo è semplice

e profondo, e insieme è naturale come

i r i f lessi d i un muscolo, come i l movi -

mento dei polmoni , come i l bat t i to del

cuore. Gente implacabi le ne l suo odio,

e che t u t t av i a abbraccia, c o l p r op r i o

amore, i l mondo intero. Qu i è l a vera

patria del lo stoicismo, qu i ho conosciu-

to de i compagni che sono veramente

quanto d i megl io l 'umani tà possa pro-

durre. Hanno v i s t o l a maschera del la

crudeltà, e tut tavia sono gent i l i ; hanno

conosciuto l'amarezza, e tut tav ia sorr i -

dono; h a n n o soppor tato sofferenze i -

nenarrabili, e tut tav i a non hanno per-

duto l a calma, l 'ot t imismo, e guardano

alla v i t a con g l i occhi del la saggezza.

Come non amarl i? E so che essi pure

mi vogl iono bene ». (p. 215)

Ancora, da una let tera ag l i ami c i a-

mericani: « Talvol ta penso a l caffè, al -

l'arrosto, a l l a t o r t a d i mele, a l gelato.

Roba di un al t ro mondo, un miraggio!...

E i l ibr i? Se ne scrivono ancora? S i fa

ancora del la musica? C' è ancora del la

gente che danza, beve bi rra, va al cine?

Come c i s i sente a dormi re i n un vero

letto? E al le donne piace ancora essere

amate? Com'è t r iste che si possa accet-

tare t u t t o questo senza chiedersi tante

cose... Qui hanno bisogno di me. Questa

ormai è l a mi a patria. Questa è la mi a

gente ».

Nella sua u l t ima let tera, due g i orn i

pr ima d i morire, indirizzata al quart ier

generale, insieme a l l e disposizioni t e-

stamentarie e a raccomandazioni prat i -

che circa l'acquisto di medicinali, prega

i l generale Nie di informare della morte

i suoi amici americani (« Dite loro che

io qui ero felice ») e la ex mogl ie ( ' D i -

tele che i o sono stato fel ice ») e con-

clude, con signi f icat iva insistenza: «Di -

te l oro che i o sono stato felice. I l mi o

solo dispiacere è d i non poter fare p i ù

nulla. G l i u l t i m i due a n n i de l l a m i a

vi ta sono s t a t i i mi g l i or i , que l l i p i ù

ricchi d i signi f icato. Qualche vo l ta m i