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d'ordine ultrarivoluzionarie. Poi, terminata la riforma agraria, queste stesse

persone presero posizione per i l laissez-faire nelle campagne, opponendosi

puntualmente al movimento cooperativo in ogni sua fase. In tutti e tre i casi

il leader di queste forze fu Liu Shao-chi.

La rivoluzione culturale ha inoltre chiarito che questo non f u l'unico

sbandamento di Liu e dei suoi seguaci. Storicamente l'opposizione alle scelte

strategiche di Mao ha sempre seguito un movimento oscillatorio da destra

a « sinistra » e quindi di nuovo a destra. Agli inizi degli anni trenta, Wang

Ming si oppose al fronte unito del Kuomintang voluto da Mao definendolo

un tradimento della rivoluzione, solo per spostarsi all'estremo opposto non

appena ebbe inizio la resistenza contro i l Giappone, sostenendo i l primato

del Kuomintang al punto di rinunciare all'autonomia del Partito comunista

e perfino al controllo dell'Ottava Armata di campagna. Molte prove stanao,

a dimostrare che Liu Shao-chi appoggiò Wang Ming in entrambe ie occasioni)

Dopo che il movimento cooperativo degli anni cinquanta si fu sviluppato fino

ad acquistare importanza su scala nazionale, Liu intervenne e contribuì a

spostare i l movimento delle comuni decisamente a sinistra sulle orme d i

quell'egualitarismo estremo che l a riforma agraria aveva precedentemente

attraversato. Verso i l 1962 stava di nuovo attaccando da destra, sostenendo

l'estensione del libero mercato, l'espansione dei fondi privati, l'aggancio

delle quote di produzione alle singole famiglie e mano libera per l'impresa

privata.

Un'opposizione così tenace difficilmente s i può ritenere casuale. N è

possono bastare a spiegarla differenze di stile personale o di valutazione dei

tempi e delle priorità. Per darle un senso politico si devono supporre im-

portanti differenze nelle concezioni e nei f ini d i Liu Shao-chi e d i Mao

Tse-tung. Le oscillazioni di Liu tra destra e « sinistra » non contraddicono.

bensì confermano tale conclusione. Ciò che superficialmente appare i n-

coerente si dimostra, ad una più attenta analisi, dotato di una sua indubbia

coerenza. C' è a d esempio u n legame mol to preciso t r a l'egualitarismo

estremo dei tempi della riforma agraria e i l laissez-faire successivo. Se

infatti si lavora per un futuro capitalistico i n agricoltura, è importante

che l a maggioranza dei contadini esca dalla riforma agraria _suddivisa i n

tanti piccoli produttori indipendenti, ciascuno con dei mezzi di produzione

sufficienti ad indirizzarlo sulla via dell'impresa privata, ciascuno con l'illu-

sione di farcela da solo. Eguali condizioni di partenza per tutti nella compe-

tizione economica imposta dal libero mercato diventano una premessa impe-

rativa se si vuole trascinare le masse contadine alla costruzione di un'econo-

mia di questo tipo, sicchè l'obiettivo della riforma agraria viene ad essere

una condizione di media proprietà per tutti.

Se, d'altro lato, si lavora per un futuro' socialista, l'obiettivo della rifor-

ma agraria può essere qualcosa di assai diverso — la liquidazione dei rap-

porti di produzione feudali, l'affrancamento dei contadini dalla sudditanza

economica e dai debiti, in modo che essi possano unire i l proprio lavoro

e F propri mezzi nella produzione collettiva, sottraendosi così tutti insieme

al giogo della miseria. Ciò che pertanto a prima vista sembra contraddit-

torio, i l passaggio da una politica «d i sinistra » a una di destra, si rivela

come una risposta coerente ad una diversa situazione.

Che « sinistra » e destra non siano se non due faccie della stessa meda-

glia d e v i a z i on i piccolo-borghesi o borghesi dalla strategia rivoluzionaria

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