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la trasformazione di tutt i i contadini i n proprietari medi e cioè terra,

attrezzi, scorte vive, alloggio e capitale sufficiente pe r fare d i ciascuna

famiglia un'unità produttivi prospera e indipendente. Ma dal momento che

tale abbondanza non esisteva e tre anni di intensa opera di riforma tradi-

rono le attese utopistiche, gl i uomini al timone incolparono l a massa dei

quadri e dei militanti comunisti che lavoravano nei villaggi. I l primo atto

di molti gruppi per la riforma agraria, nel 1948, f u di sospendere tut t i i

dirigenti locali e pretendere da loro un'approfondita autocritica e un'analisi

collegiale delle rispettive origini di classe. Nella misura in cui' questi quadri

avevano commesso errori, abusando del proprio potere e favorendo sleal-

mente se stessi nella distribuzione dei beni confiscati, i l movimento ebbe

un effetto salutare, ma nella misura in cui questi dirigenti locali si vedevano

incolpati per qualcosa che sopravanzava l e loro stesse forze — l a persi-

stente miseria di legioni di famiglie contadine — esso provocò una fortis-

sima demoralizzazione e, se non corretto, avrebbe potuto portare alla disin-

tegrazione delle file rivoluzionarie. I n effetti, come mette in evidenza

Fan-

shen, la linea

« di sinistra » venne corretta per tempo da Mao e per la metà

dell'estate 1948 l'intero movimento era ritornato con i piedi per terra. Ciò

che

Fanshen

manca di rilevare è che la campagna di rettifica dovette essere

indirizzata non solo verso gli attivisti contadini nei villaggi, ma anche verso

numerosi dirigenti di partito a tutti i livelli, non escluso lo stesso vertice.

Produzione individuale contro produzione collettiva

Il terzo grande dibattito del dopoguerra, i cui termini sono stati chiariti

dalla rivoluzione culturale, riguardava l'alternativa t r a produzione indi -

viduale e produzione collettiva all'indomani della riforma agraria. Quando i l

capogruppo Tsai Chin dichiarò: « D'ora in avanti se vorrete della terra do-

vrete comprarla », e « Nel futuro i soli poveri saranno coloro che non vor-

ranno lavorare », e ancora « Noi vogliamo che ognuno lavori sodo e cerchi

di diventare un contadino ricco », a Lungo Arco ebbe inizio la lotta tra due

diverse vie di sviluppo. I n una nota a piè pagina (v. pag. 587) facevo notare

come Tsai Chin s i sbagliasse affermando che non c'erano p i ù contadini

poveri. Gl i concedevo tuttavia i l beneficio del dubbio sul piano della poli-

tica globale, aggiungendo che allora un movimento di produzione era l'unica

soluzione a i problemi dei contadini. Al la luce dei nuovi elementi emersi

durante la rivoluzione culturale, oggi ritengo che la questione avesse impli-

cazioni molto più vaste. Appare chiaro retrospettivamente che l a posizione

di Tsai Chin, che in sostanza suonava: « Ora che avete la terra, arricchitevi! »,

rifletteva i l punto di vista di Liu Shao-chi, Po-Yi-Po e altri le cui vedute in

merito sono state successivamente chiarite in modo esauriente.

La loro tesi era questa: la Nuova Democrazia con la sua economia mista

deve rappresentare una fase prolungata del la storia cinese. L a riforma

agraria deve preparare i l terreno pe r una fiorente economia contadina.

Avendo questo in mente Liu chiedeva via libera per l'impresa privata sia

urbana che rurale, e metteva avanti quattro libertà — libertà di compra-

vendita della terra, libertà di assunzione della manodopera, libertà di pre-

stito a interesse e libertà di iniziativa privata a f ini d i profitto — come

aspetti permanenti della nuova società. Basando l a sua analisi su d i una

«teoria delle forze produttive)) di reminiscenza buchariniana, egli sosteneva

-9he la collettivizzazione in Cina doveva attendere l'industrializzazione. Solo

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