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subalterno è mol to più spesso un potere puro, fat to d i esperienza empirica

e d i att i tudine al comando, ma paradossalmente assai p i ù mist i f icato come

«scienza» d i quanto non appaia nella fabbrica: l a demistificazione d i questa

autorità è dunque relativamente p i ù agevole. Per contro sta un'al tra carat-

teristica, che è data dal legame meno stretto con la classe operaia e da un

rapporto invece assai p i ù evidente e organico con l a popolazione ne l suo

insieme, r ispet to al la quale l ' istituzione o l'organizzazione terziaria s i pone

appunto come servizio. E ' su questo punto specifico che r i sul ta possibile

mobilitare rivendicazioni e l ot te

d i popolo,

che por t ino a l l a presa d i co-

scienza che scuole, ospedali psichiatrici , en t i cul tural i e assistenziali non

sono servizi

per i l popolo,

e neppure solo servizi pe r una él i te, ma st ru-

menti organizzativi sistemat ici d i discriminazione e d i oppressione, che

servono per l o p i ù a selezionare i ci t tadini f i n dal l ' infanzia (en t i d i assi-

stenza medica e sociale, scuole) togl iendo ad alcuni, i n base a una precisa

scélta d i classe, opportunità d i vi ta d i salute, d i istruzione e d i accesso al le

disponibilità pubbliche, e favorendo invece coloro che appartengono, o sono

destinati a appartenere, al la classe dominante.

Queste ist i tuzioni e organizzazioni terziar ie hanno dunque f r a l ' a l t ro

i l compi to d i selezionare ci t tadini i n funzione dell'accesso d i alcuni e del la

esclusione d i al t r i al le possibilità di una vi ta associata che produca

cultura:

dal loro funzionamento deriva precisamente• la possibilità che professionisti

e tecni c i incarnino i n mi sura maggiore o mi nore i va l o r i de l l a classe

dominante.

La distruzione del la cul tura castuale a al to l ivel lo e l a demistificazione

dell'intellettuale tradizionale ripropongono i n modo p i ù acuto i l problema

del control lo delle istituzioni e organizzazioni terziarie, e non è escluso che

nei prossimi anni i l capitale stesso accentui i n modo mol to p i ù di ret to l a

sua pretesa d i egemonizzare i l propr io dominio sui set tor i del la v i ta civi le

da cu i dipende l a selezione e l a qualificazione de i suoi tecnici. D i qu i l a

necessità che propr io i n questi set tor i si imposti, nel la prassi, una lot ta d i

chiarificazione su l significato de l pr ivi legio culturale.

Chi oggi accede a l l a cul tura non è u n bibl iof i lo fannul lone, ma una

persona che lega i l fat to elementare e decisivo d i leggere l ibr i , o d i averl i

letti, a un certo t i po d i at t ivi tà produt t iva che può svolgersi nel l ' industria

o nel le organizzazioni e ist i tuzioni terziarie che producono servizi. Questo

tipo di att ivi tà non è individuale, ma collettiva: a nostro avviso essa

comincia

a non fondarsi sul privi legio cul turale come privi legio d i classe (anche se

non cessa d i avere questo fondamento) quando l a cu l t ura venga v i s ta

come

produzione

capital ista e come riproduzione d i se stessa (cioè come

riproduzione d i strument i operativi), quando venga esaminata come

respon-

sabilità collettiva, e quando venga aperta al la cr i t ica d i chi , i n senso rela-

tivo, è pr ivo d i un bagaglio culturale elaborato e non vive d i esso. La fase

ultima d i questo processo, e l ' ini z io d i una prassi rivoluzionaria, s i h a

quando acquista un senso non esteriore e non artificioso l o slogan « impa-

rare dal le masse », fermo restando che le masse possono dare i l colpo deci-

sivo al la cul tura borghese solo nel corso d i una lot ta e d i una maturazione

politica comune, i n cu i anche i tecnici e i professionisti impar ino a d i -

struggere i residui del la l o r o mental i tà d i piccol i ( o med i ) parassi t i de l

capitalismo.

Giovanni .Jervis - Letizia Comba

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