

La negazione delle posizioni di Habermas in questo scritto assume i contorni
precisi di una negazione determinata. Al la sua posizione obiettivamente rinun-
ciataria si contrappone un discorso di analisi e di prospettive, in breve si trac-
ciano i lineamenti di una nuova strategia, che sottrae il militante che opera nelle
metropoli alla falsa alternativa tra l'azione nelle strutture burocratizzate esistenti,
immanenti al sistema, e un'adesione solo emotiva, sterile sul piano pratico, al
grande scontro in corso all'esterno delle aree a capitalismo avanzato.
Dopo avere accennato agli aspetti socio-economici del fenomeno comples-
sivo, al fatto che la concentrazione e la centralizzazione del capitale hanno
condotto alla costituzione di grandi gruppi oligomonopolistici che hanno abolito
anche sul mercato internazionale la « libera concorrenza», e alla sostanziale
interazione tra i grandi gruppi economici e l'apparato dello stato e della società
che si assicurano reciprocamente l'equilibrio e la sopravvivenza, viene data la
seguente definizione dello stato:
«Oggi non possiamo più limitarci a definire lo stato come "strumento di
potere della classe dominante". La classe che un tempo dirigeva direttamente,
la classe dei capitalisti, attraverso i l processo di sviluppo delle forze produttive,
lamonopolizzazione dell'economia, i l sorgere delle società per azioni e di capitali
come forme di proprietà corporativa, ha perso storicamente la sua funzione;
aessa si è sostituito il dominio molto più meditato di oligarchie burocratiche che
non rappresentano in primo luogo l'interesse del profitto, bensì l'interesse d i
potere
del capitale. Questa differenza è decisiva per la comprensione del pre-
sente nelle metropoli. Nell'identificazione dell'interesse del profitto e dell'inte-
resse di potere non si deve però ignorare la differenza, ciò che vi è di specifica-
mente nuovo.
«L'interesse di profitto ha dominato nel periodo di sviluppo del capitalismo,
nel quale — inconsciamente e naturalmente — svolse il suo "ruolo storico obiet-
tivo" consistente nel realizzare le condizioni materiali per un mondo senza fame,
guerre e repressione, per una società felice e non autoritaria.
«In quest'epoca ci fu un potere diretto della classe dei capitalisti, al quale
corrispose l'oppressione e la possibilità rivoluzionaria del proletariato sfruttato.
«Negli anni venti, dopo i l fallimento dei tentativi rivoluzionari proletari
nell'Europa centrale e occidentale, in seguito alle difficoltà crescenti di superare
i l imi t i dell'accumulazione capitalistica con l'estensione delle sfere di influenza
nei paesi non ancora sviluppati — i •costi della prima guerra mondiale compor-
tarono una riduzione dell'esportazione di capitali nei paesi coloniali, la sparti-
zione del mondo era sostanzialmente conclusa — si formarono nuovi mecca-
nismi di valorizzazione del capitale e di pari passo anche nuove tendenze nella
stratificazione delle classi.
«L'alto grado di accumulazione del capitale, i l livello altamente sviluppato
della struttura della forza-lavoro, delle possibilità tecniche, della divisione del
lavoro, in breve dello sviluppo delle forze produttive da un lato, e dall'altro la
strozzatura della domanda e i l consumo di massa mantenuto ridotto condussero
acapacità non sfruttate, al la disoccupazione strutturale, al la miseria delle
masseecc. La sfida che questa situazione rappresentava
per
i l sistema capitali-
stico, la possibilità di una rivoluzione radicale per la liberazione di meccanismi
repressivi divenuti storicamente insensati, condusse alla nuova determinazione
della funzione dello stato a cui si è accennato; esso assunse sempre più chiara-
mente la funzione di momento equilibratore delle frizioni e delle contraddizioni
esistenti, dell'attività volta esclusivamente alla conservazione
del sistema. I l
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