

nate parti della classeoperaia non sonoancora cadute vittima del processo di
integrazione, egli ha però individuato ancora una volta le forze negatrici del-
l'ordine esistente essenzialmente negli intellettuali e negli studenti (vertendo
ladiscussione attorno ai problemi dell'Occidente europeo, egli non ha posto al
centrodel suodiscorso il problema del nuovo sottoproletariato). La sua fiducia
nella « nuova sinistra» americana;in unmovimentod'opposizionenonmarxista
eneppure socialista, privo di una prospettiva politica e ostile a ogni teoria,
che ha come portavoce riconosciuti dei personaggi inconsistenti come Allen
Ginsberg (19), nel SDS non può che suscitare diffidenza, una diffidenza larga-
menteconvalidatadall'esperienzache la sinistra tedesca ha accumulato in questi
ultimi anni. In fondo a questi consumatori delle briciole del sistema, sostan-
zialmente istituzionalizzati e quindi tollerati e integrati, l'SDS berlinese ha già
dato una risposta con la sua prassi ancorata alla teoria, con l'elaborazione dei
suoistrumenti di azione politica che implicano tra l'altro un rifiuto cosciente
delpacifismo. In una delle discussioni con Marcuse, rispetto a quest'ultimo
problema — centralenell'autocomprensionepiccoloborghese di larga parte della
nuovasinistra a cui si è riferito Marcuse (hippies ecc.) — Rudi Dutschke ha
argomentato (20): «Un pacifismo di principio, proprio rispetto al Terzo Mondo
ealla lotta dei popoli del Terzo Mondo, significa un'identificazione con la con-
trorivoluzione;esso fa infatti proprio quello che vuole evitare: prende posizione
contro le vittime ».
Unadivergenza teorica è apparsa anche riguardo alla natura della manipo-
lazione delle coscienze in cui l'SDS ha individuato un'interiorizzazione della
violenza, violenza che poi apparirebbe nella sua forma palese qualora i mecca-
nismi della manipolazione venissero spezzati da una minoranza d'opposizione
cosciente.Come abbiamo visto, questa è una delle posizioni teoriche portanti
dellaprassi politica dell'SDS. SecondoMarcuse, le tendenze alla manipolazione
nonsonoviolenza, ed egli ha sostenutoquestaposizioneconun'argomentazione
piuttosto dubbia: « Nessuno (sic!) mi costringe a sedere per ore davanti al
televisore,nessunomi costringe a leggere i giornali idioti... Violenza è quandouno
spacca la testa a un altro o minaccia di farlo. Violenza non è il presentarmi
programmi televisivi che abbelliscono in un modo o nell'altro la situazione
esistente...» (21). Marcuse è proprio sicuro che tra i due fenomeni non sussista
unaconnessionediretta? Proprio quando uno ha compreso la natura della ma-
nipolazione e decide di opporvisi con l'azione, nel momento in cui spezza la sua
logica, si trova esposto al rischio della manganellata in testa. Quando il primo
strumento di convinzionenon funziona più, si suole fare ricorso .al secondo.
Nel corso della discussioneMarcuse ha apportato anche un chiarimento
rispetto al problema della liberazione dal lavoro che, egli ha affermato, nono-
stante le oscillazioni terminologiche, nei suoi scritti ha sempre significato libera-
zione dal lavoro alienato. Infatti, sostenere la possibilità dell'abolizione del
lavoro, significherebbenegareanche ciò che Marx chiama il ricambio tra l'uomo
ela natura (22).
A un certo momento Rudi Dutschke ha anche criticato la sussunzione
daparte di Marcuse di sistemi di diversa origine storica sotto i l concetto di
(19) Ibidem, pag. 48.
(20) Ibidem, pag. 26.
(21) Ibidem, pag. 37.
(22) Ibidem, pag. 37.