

che la « fedele espressione della miseria del singolo studente ». Nei suoi con-
fronti i l singolo studente non ha mai avuto un rapporto politico, un rapporto
umano concreto, ma solo i l rapporto astratto che si suole avere nei confronti di
un'entità estranea più vasta. Se voleva operare costruttivamente nell'ambito
universitario, l'SDS non poteva permettersi di abbandonare la rappresentanza
alla tradizionale routine burocratica cui si conformavano gl i esponenti degli
altri gruppi politici universitari.
Alla critica dell'università tecnocratica, alla cui introduzione il sistema non può
rinunciare, doveva accompagnarsi la critica dell'università esistente e dei primi
accenni di una « riforma ». Ciò rendeva in pari tempo necessaria una critica
della società che impedisce la realizzazione di un'università democratica, critica
che a Berlino era già pienamente operante t ra le masse studentesche. Al le
obiezioni concernenti i l pericolo di una rassegnazione degli studenti impegnati
durevolmente in una prassi sostanzialmente negativa, ben differente dal facile
riformismo, si rispondeva sostenendo che l'obiettivo essenziale delle rivendica-
zioni poste era la progressiva presa di coscienza di coloro che venivano impegnati
nell'azione politica, una presa di coscienza che doveva condurre a individuare
•il nocciolo dei problemi nel carattere della società stessa (8).
Momento essenziale dell'autocomprensione da parte della sinistra univer-
sitaria tedesca è stata la critica molto precisa del movimento di Berkeley che
hapermesso di evitare l'insorgere di analoghe debolezze nell'azione che si stava
profilando in Germania e a Berlino in particolare.
Ecco in sintesi l'analisi effettuata dall'SDS (9). A differenza dell'università
tedesca in cui i contrastati inizi di una « riforma » sono un indizio preciso della
tenacia della vecchia sovrastruttura che si oppone all'adozione di una struttura
più conforme alle esigenze del sistema, l'università americana è già divenuta,
istituzionalmente, una fabbrica di specialisti prodotti secondo i criteri di una
divisione capitalistica del lavoro, denominata « multiversity » dai suoi ideologi.
All'origine del vasto movimento che per giorni e giorni ha paralizzato ogni atti-
vità accademica a Berkeley, era stato un fatto relativamente marginale: l'inter-
dizione a due raggruppamenti politici di propagandare nel campus alcune mani-
festazioni politiche che si sarebbero dovute svolgere al suo esterno. Va sotto-
lineato che tale interdizione non faceva che ribadire un provvedimento già in
vigore (ogni attività politica nel campus era vietata) e quindi un'interdizione
che gli studenti avevano già subito in passato. A questo punto le associazioni
a cui era stato impedito di svolgere la loro attività si organizzarono in una
coalizione per la libertà di parola (!ree Speech Movement) che provocò imme-
diatamente una straordinaria mobilitazione degli studenti in favore di questa
rivendicazione. Sostanzialmente, nel corso degli eventi, i l movimento non è mai
andato oltre questa sua rivendicazione iniziale. «
Il
nome del movimento rispec-
chia nel migliore dei modi i l contenuto oggettivizzato della rivolta ». Per la
realizzazione di questo fine politico, l'FSM ha però adottato metodi che fino
ad allora erano stati sconosciuti nell'ambito della lotta universitaria e che si
rivelarono eccezionalmente stimolanti e adeguati per azioni di protesta politica
spontanea: i l
sit-in
e i l
teach-in,
metodi ripresi dal movimento per i di r i t t i
( 8 ) Cfr. Wolfgang Lefèvre, Maglichkeiten f i i r die Hochschulpolitik des SDS, «Nueu Kr i t i k »,
nn. 38-39.
( 9 ) Cfr. ibid., Reimut Reiche, Studentenrevolten i n Berkely und Berlin.
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