

dal toccare la quota del
5%
necessaria per accedere a quel luogo triste e semi-
deserto che è i l parlamento federale. A Berlino Ovest, dove grazie allo statuto
particolare della città i comunisti possono operare legalmente, i l loro partito, la
SED, ha vissuto ai margini della realtà a causa della situazione difficile in cui
si trova ad agire, ma anche — e questo è l'aspetto determinante — perchè non
èmai riuscito a superare i l carattere di modesta dependance del mastodonte
burocratico e sterile che opera oltre i ristretti confini della testa di ponte della
guerra fredda.
Il gigantesco apparato sindacale, pur conservando i n alcuni importanti
settori, ad esempio l ' IG Metall, una funzione frenante nei confronti delle pres-
sioni politiche in senso apertamente autoritario — l'unica resistenza di massa
organizzata istituzionalmente, opposta all'adozione delle leggi di emergenza, si
èavuta da parte di alcuni sindacati —, ha teso sempre più a svolgere un ruolo
di mediazione tra le classi. Ha procurato alla Germania i l triste vanto di essere
il paese europeo, ma non solo europeo, in cui negli ultimi vent'anni si è sciope-
rato meno; ogni qualvolta la tensione cresce oltre un certo limite, sia pure nel-
l'ambito di una lotta puramente contrattuale, le classi dirigenti tedesche non
hanno bisogno di perdere la calma: esse sanno di disporre di un « pompiere »
capace.
Quella che possiamo circoscrivere con la formula « sinistra accademica »
meriterebbe un discorso a sè. Qui ci limiteremo ad alcuni cenni di carattere
politico, necessariamente sommari. I n realtà, oltre ai numerosi « democratici »
in senso lato, integrati in modo operante nella struttura sociopolitica tedesca e
che qui, in fondo, non ci interessano, rimangono ben poche voci autonome degne
di essere ascoltate. Se incominciamo dalla posizione meno avanzata, dobbiamo
menzionare Ral f Dahrendorff — che come abbiamo detto ha recentemente
deciso di operare concretamente sul terreno politico, prestandosi a fare da spec-
chietto per le allodole , allodole che in questo caso sono le masse studentesche
minacciate dal pericolo d i essere traviate dalla minoranza « estremista » e
«antidemocratica » —, al quale va riconosciuto almeno i l merito di aver riintro-
dotto nelle sue analisi « neomarxiste » la categoria della storia e di avere operato
con la sua ricerca sociologica in senso demistificatorio e contrario alle correnti
più reazionarie dell'ideologia dominante. Nell'insieme egli ha teso cosciente-
mente alla realizzazione di una Repubbli-ca Federale i n cui l'ideologizzazione
non fosse più tale da spingere la classe politica a ignorare e a negare l'esistenza
di contraddizioni riassorbibili, poichè in tal modo si sarebbe rischiato — così
Dahrendorff — di renderle esplosive. Ci sono poi i due grandi vecchi di Fran-
coforte, Horkheimer eAdorno, reduci in Germania dalla loro lunga odissea iniziata
con la
Machtergreifung
(presa del potere) che l i ha spinti per quasi un ven-
tennio in America. Non sono in vendita perchè troppo intelligenti, e soprattutto
degli irrimediabili pessimisti. L'America è forte, ricca e dispone d i possenti
strumenti d i pressione. Quanti intellettuali antifascisti tedeschi è riuscita ad
assorbire e a svirilizzare? Molti, purtroppo. Eppure sui due corifei dell'Istituto
di Sociologia di Francoforte non ha esercitato alcun influsso, ha rivelato l a
sua reale impotenza, la sua vera natura; i l Grande Paese è una tigre di carta,
impregnata di positivismo. Ma i l pessimismo di Horkheimer e Adorno, determi-
nato certo dalla loro triste esperienza nel periodo prenazista, ha ridotto i l loro
ruolo attivo all'ambito della demistificazione ermetica. La loro sfiducia nel ruolo
storico delle masse ha finito col collocarli in una situazione paradossale, quella
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