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dal toccare la quota del

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necessaria per accedere a quel luogo triste e semi-

deserto che è i l parlamento federale. A Berlino Ovest, dove grazie allo statuto

particolare della città i comunisti possono operare legalmente, i l loro partito, la

SED, ha vissuto ai margini della realtà a causa della situazione difficile in cui

si trova ad agire, ma anche — e questo è l'aspetto determinante — perchè non

èmai riuscito a superare i l carattere di modesta dependance del mastodonte

burocratico e sterile che opera oltre i ristretti confini della testa di ponte della

guerra fredda.

Il gigantesco apparato sindacale, pur conservando i n alcuni importanti

settori, ad esempio l ' IG Metall, una funzione frenante nei confronti delle pres-

sioni politiche in senso apertamente autoritario — l'unica resistenza di massa

organizzata istituzionalmente, opposta all'adozione delle leggi di emergenza, si

èavuta da parte di alcuni sindacati —, ha teso sempre più a svolgere un ruolo

di mediazione tra le classi. Ha procurato alla Germania i l triste vanto di essere

il paese europeo, ma non solo europeo, in cui negli ultimi vent'anni si è sciope-

rato meno; ogni qualvolta la tensione cresce oltre un certo limite, sia pure nel-

l'ambito di una lotta puramente contrattuale, le classi dirigenti tedesche non

hanno bisogno di perdere la calma: esse sanno di disporre di un « pompiere »

capace.

Quella che possiamo circoscrivere con la formula « sinistra accademica »

meriterebbe un discorso a sè. Qui ci limiteremo ad alcuni cenni di carattere

politico, necessariamente sommari. I n realtà, oltre ai numerosi « democratici »

in senso lato, integrati in modo operante nella struttura sociopolitica tedesca e

che qui, in fondo, non ci interessano, rimangono ben poche voci autonome degne

di essere ascoltate. Se incominciamo dalla posizione meno avanzata, dobbiamo

menzionare Ral f Dahrendorff — che come abbiamo detto ha recentemente

deciso di operare concretamente sul terreno politico, prestandosi a fare da spec-

chietto per le allodole , allodole che in questo caso sono le masse studentesche

minacciate dal pericolo d i essere traviate dalla minoranza « estremista » e

«antidemocratica » —, al quale va riconosciuto almeno i l merito di aver riintro-

dotto nelle sue analisi « neomarxiste » la categoria della storia e di avere operato

con la sua ricerca sociologica in senso demistificatorio e contrario alle correnti

più reazionarie dell'ideologia dominante. Nell'insieme egli ha teso cosciente-

mente alla realizzazione di una Repubbli-ca Federale i n cui l'ideologizzazione

non fosse più tale da spingere la classe politica a ignorare e a negare l'esistenza

di contraddizioni riassorbibili, poichè in tal modo si sarebbe rischiato — così

Dahrendorff — di renderle esplosive. Ci sono poi i due grandi vecchi di Fran-

coforte, Horkheimer eAdorno, reduci in Germania dalla loro lunga odissea iniziata

con la

Machtergreifung

(presa del potere) che l i ha spinti per quasi un ven-

tennio in America. Non sono in vendita perchè troppo intelligenti, e soprattutto

degli irrimediabili pessimisti. L'America è forte, ricca e dispone d i possenti

strumenti d i pressione. Quanti intellettuali antifascisti tedeschi è riuscita ad

assorbire e a svirilizzare? Molti, purtroppo. Eppure sui due corifei dell'Istituto

di Sociologia di Francoforte non ha esercitato alcun influsso, ha rivelato l a

sua reale impotenza, la sua vera natura; i l Grande Paese è una tigre di carta,

impregnata di positivismo. Ma i l pessimismo di Horkheimer e Adorno, determi-

nato certo dalla loro triste esperienza nel periodo prenazista, ha ridotto i l loro

ruolo attivo all'ambito della demistificazione ermetica. La loro sfiducia nel ruolo

storico delle masse ha finito col collocarli in una situazione paradossale, quella

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