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rivoluzionarie che ne comprendono la reale natura: una componente del do-

minio borghese nella fase del tardo capitalismo.

Una campagna contro la Nato — ed essa viene addirittura sostenuta dai

partiti socialisti e comunisti dell'Europa occidentale — può essere concepita

soltanto come lotta militante. Non è concepibile nei termini d i una scelta

contraria di pochi parlamentari contro un trattato, ma piuttosto soltanto nei

termini di una politicizzazione di massa dal basso, con i l chiaro obiettivo della

trasformazione, della ristrutturazione d i questa società. Non s i deve infatt i

tacere la circostanza che un appoggio solidale effettivamente rivoluzionario alla

lotta del terzo mondo nelle metropoli è concepibile soltanto in termini di lotta

quotidiana e sempre più aspra contro i l sistema del dominio come si presenta

da noi. La Nato è un elemento integrante della teoria e della prassi dell'im-

perialismo globale nella sua forma dominante, nella forma dell'imperialismo

statunitense. La lotta contro la Nato è quindi una lotta diretta contro l ' im-

perialismo USA e un appoggio diretto dato ai movimenti di liberazione nazio-

nale in tutte le parti del mondo; essa è anche un momento diretto e uno stru-

mento della lotta anticapitalistica e antiimperialistica nelle metropoli. Nella

campagna contro la Nato, la lotta anticapitalistica e la lotta antiimperialista

sonomediate in un senso dialettico, e anche attraverso questa lotta si creerà

una situazione di confronto con l'apparato statale che esclude ogni tradizionale

prassi socialdemocratica o comunista. Attraverso un sistema di chiarimento di

massa, e più precisamente nel senso più largo del termine, con ricorso alle più

svariate forme di agitazione e di propaganda, nelle differenti sfere della società

da un lato e attraverso azioni militanti contro i disumani meccanismi bellici

dall'altro, in questa dialettica di azioni di massa e di azioni sovversive deve svi-

lupparsi la campagna contro la Nato. Nel suo corso si svilupperà anche una

nuova comprensione del processo rivoluzionario, un nuovo rapporto tra repres-

sione — violenza manifesta del sistema — e controviolenza rivoluzionaria.

Le esperienze del movimento rivoluzionario, sia che si guardi all'Indonesia,

al

Perù, o alla Grecia, ci insegnano che la controrivoluzione è sempre in grado

di annientare ogni movimento rivoluzionario che non si prepari su basi di massa

eonnilaterali alla lotta per i l potere. Ciò significa che se non siamo capaci di

formare in tutte le sfere della società, in tutte le istituzioni del sistema esistente

degli specialisti rivoluzionari, degli specialisti rivoluzionari della sovversione che

siano con noi, non sarà possibile realizzare una doppia strategia, che comprenda

il lavoro extraparlamentare e anti-istituzionald da un lato, e lo sfruttamento delle

contraddizioni all'interno delle istituzioni e dell'apparato dall'altro. Necessitiamo

di specialisti rivoluzionari in tutte le istituzioni, i quali allora sarebbero in grado

di fornire i presupposti materiali e intellettuali per contrastare efficacemente

il tentativo di imboccare il corso militare e altre forme di violenza aperta.

Engels, in una delle sue ultime lettere, parla della necessità di formare degli

specialisti rivoluzionari in tutti gli ambiti del sistema, in modo che nel processo

della rivoluzione essi possano efficacemente venire impegnati nella distruzione del

vecchio sistema e nella costruzione della nuova società. L'antico problema di

tutte le rivoluzioni passate, da quella sovietica fino a quella cubana, è stato

quello dell'assenza di specialisti rivoluzionari, i l che ha costretto a far ricorso

aspecialisti borghesi, che rappresentavano potenzialmente un momento di sov-

versione controrivoluzionaria. Nel sistema del tardo capitalismo l'intellighenzia

tecnica, economica e pedagogica svolge un ruolo sempre più importante per la

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