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zione o, viceversa, l'azione per forzare il condizionamento biologico. Ma, a parte

il fatto che tale azione non put?) oltrepassare certi limiti, c'è un'altra differenza

che va notata: l a lotta politico-sociale richiede la partecipazione di tutta la

classeoppressa e ha quindi in sè una fortissima carica democratica ed egua-

litaria (sebbene i problemi del rapporto tra base e vertice, tra « generici » e

specialisti » della politica rimangano ancora drammatici); la lotta contro la

natura invece, in quanto si combatte essenzialmente con mezzi scientifico-tecnici,

dà un ruolo di protagonisti soltanto a pochi competenti e *fascia tut t i gli altri

in una posizione, se non di pura attesa, almeno di ausilio subalterno.

Un problema che già più volte è affiorato nel nostro discorso è quello del

rapporto tra materialismo e pessimismo leopardiano. A Vacatello questo sembra

ii presupposto recondito (e proprio perciò più insidioso e deformante) di tutta

la polemica materialistica che ho cercato d i svolgere: l'apparente interesse

scientifico per i l materialismo sarebbe soltanto la mascheratura di una propen-

sione emotiva per i l pessimismo.

Ora, devo prima di tutto ribadire che a mio avviso il valore del materialismo

non si riduce affatto a quello di un'introduzione al pessimismo. E' un valore

conoscitivo, filosofico-scientifico e politico-culturale insieme. Senza conferma

eapprofondimento de l materialismo (quell'approfondimento che i n campo

marxista fu intrapreso da Engels) i l marxismo diventa una filosofia da laureati

in lettere o da filosofi puri, efficace sempre come denuncia polemica dei mi t i

della società del benessere, ma incapace di fare chiarezza sul problema del sog-

getto della rivoluzione e delle spinte che portano alla rivoluzione stessa (e che

nonpossono essere delle spinte puramente volontaristiche). La scienza, d'altra

parte, con l'attenuarsi del materialismo diventa, come già abbiamo osservato,

sempre più metodologistica e settoriale. Certo, i l settorialismo ha i l suo campo

di validità: una singola scienza può andare avanti per un buon tratto ignorando

i problemi interdisciplinari e i rapporti tra i diversi livelli. I l materialismo non

consiste nella negazione della relativa autonomia delle singole scienze e della

relativa legittimità della specializzazione. Consiste, invece, nel rifiuto di asso-

lutizzare tale autonomia, e così pure nel rifiuto di concepire l'unità dei diversi

livelli come priorità dello « spirituale » o anche come « condizionamento reci-

proco» d i uguale intensità e potere determinante tra i livelli superiori e gli

inferiori.

Queste espressioni: autonomia relativa, condizionamento ecc. sono ancora,

lo so bene, troppo generiche. Ma la loro precisazione si otterrà, penso, più

attraverso lo studio di casi concreti che attraverso un armeggiare puramente

teorico. I n questo senso, mentre mi sembrano molto interessanti le osserva-

zioni di Fiamma Baranelli sul rapporto inorganico-organico e sulla rinnovata

discussione tra i sostenitori del preformismo e i sostenitori dell'epigenesi (4), non

credo altrettanto feconde (e qui dissentirci dalla Baranelli stessa) le disquisizioni

(4) Vedi « Q.P. », 30, pp. 114-120. Ritengo, però. poco utile continuare ad usare i l termine di

«dialettica » per indicare processi e fenomeni da cui sono del tut to assenti le nozioni d i

«superamento», di « razionalità della storia » ecc. La frase di Lenin citata dalla Baranelli

(« lo scienziato fa della dialettica senza saperlo ») presuppone l'idea che, come i l marxismo

in generale è i l rovesciamento-inveramento della dialettica hegeliana, cosi la scienza moderna

è i l rovesciamento-inveramento della

Naturphilosophie:

idea che è una delle meno valide

della

Dialettica della natura

d i Engels. Trovo perciò più giusto affermare, con Aloisi, la

sostanziale estraneità del materialismo biologico moderno alla dialettica.