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nell'Origine della famiglia

di Engels vi sono spunti edonistici di grande acutezza

eforza polemica), è divenuto un fatto reale nel marxismo odierno: col risultato

che la rivendicazione dell'individuo, negata sul piano materialistico-edonistico,

èriemersa nel modo più equivoco, o come accettazione acritica della psicanalisi,

o, ancora peggio, come « umanesimo socialista ». A questa categoria di « umane-

simo socialista »Althusser ha ragione di negare cittadinanza; ma i l male è che

in lui tale negazione mette capo ad una vera e propria negazione dell'« indi-

viduo empirico » che ha poco da invidiare a quella degli idealisti e che lascia

insoddisfatte le esigenze a cui i marxisti-freudiani e i marxisti-umanisti cerca-

vano, in modo sbagliato, di venire incontro (7). In una ripresa e in un approfon-

dimento della tradizione « epicurea » del Sei-Settecento (che non si chiuda in

un individualismo astratto, ma non consideri nemmeno, altrettanto astratta-

mente, come « unica realtà » la società o la classe) io credo che si possa avviare

asoluzione anche i l grave problema, sollevato da Massimo Aloisi, di una fonda-

zione materialistica del mondo dei valori. Ma mi rendo conto che qui si apri-

rebbe un discorso molto vasto, che in questa sede non è possibile intraprendere.

Poichè i l discorso è già tornato più di una volta su Engels, vorrei chiarire

meglio un punto discusso da Cristofolini (« Q.P. » 30, p. 127 sg.). Probabilmente

siamo più d'accordo di quanto sia sembrato a Cristofolini: io non penso affatto

che la dialettica in Engels sia dovuta a un cattivo influsso di Marx, nè che

l'Ideologia tedesca

sia un testo da attribuirsi tutto a Marx. Riconosco anche

che, come osserva giustamente Cristofolini, non mancano nel

Ludwig Feuer

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spunti « pragmatistici ». Dico soltanto che nell'Engels maturo c'è un

contrasto, dovuto non a debolezza d i pensiero — sono convinto che anche

Engels fu un « genio» e non un semplice « talento » —, ma ad una situazione

oggettivamente difficile in cui Engels si trovò, sia perchè visse più a lungo di

Marx in piena epoca positivistica, sia perchè ebbe un interesse più vivo e spe-

cifico per le scienze della natura. Da un lato Engels tenne presente assai più

di Marx lo sfondo cosmico su cui va collocata la storia umana: send, quindi,

l'irriducibilità della natura a mero oggetto di lavoro umano o a mero antefatto

preistorico di una realtà che ormai sarebbe soltanto umana-sociale; sentì come

la prospettiva stessa del comunismo i n quanto attuazione del « regno della

libertà » avesse i l suo limite nella futura estinzione della specie umana

unmotivo, questo, che era fortemente sentito in tutta la cultura positivistica .

Dall'altro lato avverti, con ragione, i l grave pericolo di dissolvere i l marxismo

in un insulso evoluzionismo alla Spencer o in un empirismo agnostizzante, e

reagì con un irrigidimento hegeliano e addirittura con una rivalutazione pole-

mica della parte più caduca .dell'hegelismo, la Filosofia della Natura. Ciò lo

pone) ad una svalutazione spesso eccessiva dell'empirismo inglese e ad una

rivendicazione altrettanto eccessiva dei meriti di Oken e della

Naturphilosophie

del primo Ottocento, in cui egli vide, un po' unilateralmente, i l precorrimento

del darwinismo (che va piuttosto cercato, caso mai, in Buffon e nel materia-

lismo francese del Settecento). Riconosciuta la caducità di questi elementi di

hegelismo arcaico, l'opera dell'ultimo Engels rimane come un geniale tentativo

(7) Anche Cesare Luporini, pur nel contesto di un giudizio largamente favorevole su Althusser,,

osserva che i l suo antiumanesimo « si manifesta, diciamolo pure, nella tendenza a far scom-

parire l'uomo, i l più possibile, dal tessuto teorico delle cosiddette scienze umane ». (Nota in-

troduttiva a L. Althusser,

Per Marx,

trad. i t., Roma 1967, p. XXIII).

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