

ormai soltanto cer t i panciut i registi quarantenni che p o v e r e t t i
lo considerano segno di nouvelle vague. D'altronde, l'ampiezza dei ri fe-
rimenti al la condizione generale della gioventù nel la Germania d'oggi
o nella società opulenta è proprio ebb che fa avvertire un po' di disagio
di fronte alla rappresentazione d i una r ivol ta i n cui confluiscono, non
abbastanza oggettivati, anche alcuni elementi di dubbio compiacimento
irrazionale.
Le mura di Imola
L'esperienza più riuscita t ra quelle dei registi i tal iani presenti al
festival è quella di Marco Bellocchio con La
Cina
è
vicina,
opera secon-
da a tut t i gl i effetti che non rinnega nè arretra di fronte alle speranze
suscitate da I
pugni i n tasca
e che tuttavia non lascia completamente
soddisfatti. I mer i t i del f i lm sono importanti e grossi: una scelta nar-
rativa conchiusa e dura, spinta sino all'estremo con ammirevole coe-
renza, una pregnanza grottesca che coglie incisivamente e con la sgra-
devolezza necessaria, anche travisando e caricando com'è suo di r i t to,
un mondo i n sfacelo, beato nelle sue miserevoli vi ltà, i n cui, con vi ru-
lento e volutamente schematico moralismo, da un lato Bellocchio assume
coerentemente e sino in fondo la sua odiata provincia con valida smania
liberatoria, e dall'altro assume coerentemente e sino in fondo, con note-
vole coraggio d i fronte a i conclamati neosemantici, una forma d i l i n-
guaggio densa e solo apparentemente tradizionale, che anzi, costruendo
impalcature narrative intrecciate ed equilibratissime, può rappresentare
oggi una delle strade più di ff ici l i da riportare a nuova modernità. Al l ' in-
terno d i questa scelta, Bellocchio ha agito con precisione e cattiveria
e con polso maturo.
L'ambiguità della posizione del critico, sale d'ogni serio atteggia-
mento di fronte all'opera, consiste nel pericolo di sovrapporsi all'autore,
trattare del f i lm rispetto a come egli, prestando al regista intenzioni che
quello non aveva, avrebbe voluto che i l f i lm fosse rispetto alle sue con-
cezioni cri t iche (ma talvol ta solo rispetto a i suoi schemi) invece d i
trattarne per quello che i l f i lm è, per quello che i l suo autore ha voluto
fosse. Nel caso de La
Cina
è
vicina,
per?), si può legittimamente soste-
nere che i l f i lm non risponde alle esigenze e alle intenzioni stesse del
regista. Esso, infat t i , non ha ma i l a forza « globale » c u i i l regista
tendeva, nè assume alcun significato metaforico più vasto o rimanda ad
altro di più grave e generale. Contiene quel che vi si vede, momento per
momento, e nul la più. Contrariamente, i n questo, agl i stessi
Pugni i n
tasca,
che « andavano ol t re » grazie ad u n personaggio scontroso e
scompleto e ad uno slancio dissacratore più genuino. Non penseremmo
a contestare i l f i lm su questi elementi, se questa non fosse stata l 'am-
bizione stessa del regista. Ma perche questa mancata concomitanza d i
104