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caso a:

t roppo l imitata)

disponibilità effettiva, del le incertezze d i cui

si fa portavoce.

"taro (L'alba)

d i Purisa Djordjevic, è la terza pala d i un t r i t t ico

jugoslavo sul la guerra partigiana, colori to affresco sentimentale che

ritraccia caotici avvenimenti con attenzione t ra lieve e raggelata, sco-

prendo v ia via, t ra tango e canzonette, l a morte sotto l'esplosione d i

vita della liberazione, i l passato e l'assurdo sotto la speranza e gl i entu-

siasmi, e inf ine l a necessaria crudeltà d i ogni scelta verso i l nuovo.

Insomma: un f i lm come in al tr i tempi — in quei tempi — ne può aver

fatti un Beppe De Santis, ma di cui i vent'anni trascorsi hanno sbrec-

ciato i l manicheismo e potenziato l a malinconia. La scioltezza e f re-

schezza di questa rievocazione, che, comprendendo tut t i , non cade però

in u n unanimismo indeterminato, sono sempre sollevate da un qual-

cosa d i cupamente romantico che serpeggia nel f i lm e erompe nel le

belle scene finali, ricordandoci un poco, ma ancora alla lontana e senza

la tragedia che quelli effettivamente comportavano, le opere del primo

Wajda o i l soffio l irico, molto diluito, che era d i Dovjenko. Nei l imi t i

onestamente dichiarati, Djordjevic è una f igura p i ù accesa e parteci-

pante che non i l connazionale più noto, Dusan Makavejev, i cui f i lm

(molto intelligenti, ironici e smaliziati) sono la concretizzazione d i una

critica a l « sistema » regolarmente da destra, profondamente ed i n t i -

mamente reazionaria.

Ad occidente, col giovane cinema tedesco, g l i elementi

di

critica,

seppure non integrati a narrazioni stilisticamente omogenee o non sem-

pre nuove, partono davvero dai l ivel l i più alti, senza le remore « natu-

rali » dei registi italiani, la cui contestazione continua troppo spesso ad

avere un sapore di indignazione tut to sommato riformistica. I t re f i lm

di debuttanti tedeschi presenti alla Mostra non sono affatto grandi fi lm,

ma si pongono, come registrazioni lampeggiate senza prediche dell'op-

pressione della moderna società industriale, su un piano di critica dav-

vero contemporaneo e lucido. Megl io, i n questo senso, i l premiato

Mahlzeiten (L'insaziabile)

d i Edgar Reitz, anche per la scelta d i una

narrazione incerta, perennemente tronca e sbagliata, priva d i qualsiasi

interesse psicologico e dimostrativo, eppure — come abbozzo i n c o n -

testabilmente indicativa e significante.

Spur Eines Mâdchens ( La trac-

cia d i una ragazza)

d i Gustav Ehmck, non è degno d i mol to ri l ievo,

proprio perchè i l giovane regista non ha saputo mettere a frutto (come

Reitz ha fatto) la goffaggine e l'incertezza del debuttante, sovraccari-

cando i l f i lm d i significati che finiscono con contrastare t r a loro e

annullarsi a vicenda.

Tâtowierung (Tatuaggio)

d i Johannes Schaaf,

ha al la base un apologo d i interesse assai vasto ( u n giovane orfano

adottato da un piccolo industriale trova benessere comprensione tutto,

ma finisce comunque per uccidere i l benefattore) però risolto con l'ap-

parente scioltezza di quello stile pseudo-televisivo di cui si compiacciono

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