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di discorso cui presumibilmente tende, e compie un duplice passo i n-

dietro. I i primo, nei temi e nella struttura stessa del f i lm, che diviene

quella tradizionalissima del romanzo ottocentesco ad « educazione dei

sentimenti » . l o v e Guglielmo Meister, si chiamano non a caso due

personaggi, i n un tentativo d i comparazione t ra un periodo d i r ivol ta

romantica ed uno di disorientamento attuale inutile, facile, falsante. La

cellula Aden-Arabia, s i scinde: i n mancanza d i prospettive pol itiche

concrete, K i r i l ov s i uccide, Hen r i r i ent ra n e i rangh i de l Par t i to,

Veronica compie un attentato, e torna a scuola... Siamo, ma propr io

al massimo, al la

Cospirazione.

Questo schema arcaico — nonostante

l'allusione finale positiva all'esperiefiza del gruppo vista come « primo

passo di una lunghissima marcia » — respinge i protagonisti, ed i l fi lm,

eGodard, a quell'alveo d i contraddizioni borghesi che l e pr ime par t i

dell'opera facevano sperare superato. La banalità stessa del lo sciogli-

mento costringe peraltro Godard ad inf i t t i r lo di... godardismi, non fun-

zionali e non controllati, e soprattutto non nuovi. Su schema tradizio-

nale, l e « rotture », i n questo caso tut te d i superficie, de l Godard d i

maniera. Si dirà che per raggiungere soluzioni diverse, Godard avrebbe

dovuto aver chiara una « linea » rivoluzionaria europea che nei f a t t i

non è proprio netta. D'altra parte bloccare i l f i lm alla sua parte « didat-

tica » (ma, i n fondo, perchè no?) senza riferimenti più concreti e pseu-

do-sociologici g l i dev'essere sembrato d i eccessivo ottimismo, o ecces-

siva adesione al la l inea che ha tentato d i « mettere i n scena ». Come

che sia, Godard s i ferma a i due terzi del cammino, e ne cancella i n

parte i risul tat i raggiunti. I suoi ragazzi non sono più i portavoce al

limite dell'astratto di una speranza e di una ricerca, tornano ad essere

solo i giovani borghesi i n crisi , niente « cinesi », e quasi necessaria-

mente la loro rivolta diviene irrealistica e politicamente non significa-

tiva. Si pensi al lungo dialogo tra Veronica e Jeanson, al tono di asso-

luta falsità pol itica d i esso, al la sua non serietà: d a una par te una

ragazzina che medita attentati, e che sappiamo bene essere la barones-

siria moglie d i Godard e nipote d i Mauriac che non c i pensa neanche

da lontano; e dall'altra un personaggio reale, che spiega le sue (scarne)

prospettive d'azione, più vacuamente culturale che non politica, e cerca

di dissuaderla da un t ipo d'azione terroristica che, quantomeno sinora,

non ha corrispondenti nel la realtà. Un dilemmq non rappresentativo

e fasullo. Un luogo comune revisionista.

« C a d a v e r i »

Luchino Visconti non ce ne vorrà se ci impadroniamo," per trattare

di lui , del titolo di un suo celebre articolo del '42 sul cinema italiano.

Lo straniero,

infatti, piatta trasposizione cronologica assolutamente ina-

deguata e del tutto vana del romanzo di Camus, è i l f i lm d i un regista

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