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OSAMU DAZAI : UN TESTIMONE DELLA CRISI
«Vittime di un periodo transitorio della moralità. Certamente noi
siamo questo. La rivoluzione deve avvenire da qualche parte, ma l a
vecchia moralità resta immutata nel mondo che ci circonda e sbarra la
strada ».
OSAMU DAZAI, nasce nel 1909 ad Aomoni nel Nord del Giappone
da una famiglia appartenente all'aristocrazia terriera. Per trentanove
anni lotterà per cancellare dalla sua vita l'impronta aristocratica.
Seguendo la moda del tempo si iscrive alla facoltà di letteratura
francese dell'Università di Tokjo. Non assiste ad una sola lezione. E' i l
periodo i n cui inizia con alcuni racconti l a sua attività d i scrittore.
L'alcool, la droga cui s'abbandona, testimoniano della sua impossibilità
ad adattarsi, del suo continuo profondo malessere per la vita.
«Se è vero che l'uomo, una volta venuto al mondo, deve in qualche
modo spendere la vita, non bisogna disprezzare l'aspetto che ci presenta
la gente, quando cerca di vivere, anche se l a vita è brutta (panto i l
loro aspetto. - Essere vivi - Un'impresa immensa, insostenibile, di fronte
alla quale non si può far altro che restare col fiato mozzo ». ( « I l sole
si spegne »).
Più volte, vittima della sua esacerbata sensibilità, tenta d i suici-
darsi: un'esistenza la sua, stravolta e demoniaca, molto simile a quella
degli struggenti personaggi dei suoi libri, una testimonianza per eccesso
della crisi del nostro tempo.
Lasciata l'Università, mentre i l fascismo imperversa i n Giappone,
si interessa ai movimenti di sinistra, cercando cosi di combattere i l suo
paralizzante scetticismo.
«Volevo diventare rude, essere forte, anzi brutale - Pensavo che
fosse l'unica maniera per qualificarci "amico del popolo" - L'alcool non
bastava - Di continuo ero preda di una terribile vertigine - Per questo
non avevo altra scelta che prendere la droga - Dovevo dimenticare la
mia famiglia - Dovevo oppormi al sangue di mio padre - Dovevo essere
freddo con mia sorella - Pensavo che altrimenti non avrei potuto procu-
rarmi il biglietto d'ingresso delle stanze del popolo ».
Ma « il popolo » resterà sempre diffidente verso « l'aristicratico
intellettuale decadente » Dazai - Entra allora risolutamente nel partito
comunista clandestino - D i questo suo engagement politico lascia i n
un suo romanzo un'autocritica feroce.
«Durante tutta quell'epoca la mia unica ragione per aiutare il movi-
mento consisteva nel fascino che l a sua irrazionalità esercitava su di
me ».
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