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e d'una certa Europa. Era un tipico prodotto americano. Ma che essa

significasse

altra cosa

che una Rita Haywort o Sophia Loren (per tacere

della categoria Jayne Mansfield) non poteva sfuggire. I l suo valore mi

sembra consistesse in ciò, che insieme a una notevole coscienza d'essere

una « merce » essa esprimeva anche una

naturale

incapacità di esserlo

in modo completo e soddisfatto. I n questo senso essa era una vivente

protesta — anche se involontaria — contro i l

sistema.

I l candore della sua spregiudicatezza e la i e d r e s i b i z i o n e del

suo bisogno di tenerezza, d'amore, attraevano e respingevano, colpivano.

Eravamo tutti, più o meno,

innamorati

d i lei . L a sua vulnerabilità,

il suo costante pericolo di perdersi (direi che del suicidio essa aveva

la vocazione) scoprivano nello spettatore quell'infantile moto, smania

a

salvare

che l'età adulta, ben altrimenti complicata, put, solo umiliare

rivelandone l'inadeguatezza.

Diceva Scott Fitzgerald, l'idolo letterario dell'America 1925, morto

solo e in miseria, distrutto dall'alcool, che nei suoi racconti «

c'era una

piccola goggia d i qualcosa — non d i sangue, non d i pianto, non del

mio seme, ma più intimamente mio di questi, — era l 'extra che avevo ».

Qualcosa

di

più... non so... Certo cis>) che rendeva unici e indimenti-

cabili molti momenti di Marilyn era che, oltre i personaggi di maniera

cui era costretta e che essa interpretava

male

(una prova della sua

autenticità), c i trasmetteva qualcosa d i intimo, « sangue », « pianto »,

«seme »... Vederla era come

toccare

qualcosa di vivo, di nudo. Cie) era

tanto più inquietante quanto meno prevedibile: come se, i n mezzo a

una conversazione banalissima e fortemente truccata, i l nostro interlo-

cutore si aprisse all'improvviso a una confidenza estremamente intima

e semplice: la vertigine che ci coglierebbe sarebbe in gran parte dovuta

alla nostra sorpresa, al la nostra impreparazione.

Era in declino. Niente è più precario, fragile di ciò che è unico,

in un_si,setkma nemico dell'individualità, un

sistema

che se non l'uccide

negandola, l'uccide servendosene. Quell'extra che comunicava, non credo

che potesse prescindere dalla bellezza del suo corpo, che già rivelava

la decadenza. La diminuita popolarità, la mancanza d'affetto, la solitu-

dine, la vecchiaia, — la realtà o i l timore di tutto questo, — l'orrore di

vivere.., sono sempre gli stessi i motivi per cui ci si uccide. Non si deve

mitizzare i l suicidio di Marilyn, bisogna accettarlo non come cosa ecce-

zionale, sensazionale, ma come il normale gesto di tanti uomini e donne,

vecchi e giovani, che i n America come i n Russia, i n Svezia come i n

Italia, ogni giorno rinunciano a una vita di cui non possono più aver

ragione.

p.

g. b.

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