

che questa impossibilità sia
innocente?
Non era forse l a stessa che
cento o cinquant'anni fa vietava all'intellettuale la « conoscenza » della
classe operaia e quella del fondamento capitalistico delle cr isi e delle
guerre? E ' un'impossibilità procurata, coltivata; o almeno accettata.
Dunque, i n una certa misura voluta. Per interessarsi al la Cina ( o a l
Terzo Mondo: cioè per studiare, leggere, discutere, pretendere che g l i
strumenti d i informazione se ne occupino, svergognare i nostri emi -
nenti socialisti e i nostri permanenti comunisti che balbettano o tacciono
o parlano mitologicamente) la condizione prima è di essere persuasi che
la realtà, per comodità di espressione ed ellitticamente, da noi chiamata
la « Cina », è determinante sul la qualità della nostra intelligenza, dei
nostri comportamenti ( i v i compresi i versi, i quadri, i f i lm che facciamo
o g l i amori che consumiamo), insomma del la nostra vi ta, al lo stesso
modo, cioè qualitativamente, in cui lo è la lotta dei metallurgici italiani.
Dunque se i l primo dovere del rivoluzionario (secondo diceva, o pres-
sa poco, Lenin) è quello di spazzare davanti alla propria porta, chiedere
di sapere Circa, parlare Cina, contestare Cina, pretendere Cina Af r ica
Sudamerica è un modo, metaforico ma preciso ma storicamente esatto,
di fare i conti con i costituzionalisti perpetui del socialismo e del comu-
nismo
italiani
e d i chiedere i conti a proposito della via italiana al la
socialdemocrazia cristiana. E al giovane amico francese, réfractaire della
guerra d'Algeria che si interroga sul silenzio entro cui l a Francia ha
digerito sette anni di strage e si chiede se quel silenzio non sia l'abituale
risposta della « storia » al le coscienze, non vorrei rispondere soltanto
(con una celebre pagina hegeliana) che i mutamenti avvengono, e vin-
cono i l silenzio, in modi e tempi tal i che sembrano sempre tradire l'atte-
sa delle coscienze; ma che nessuno ci ha mai promesso successo, ricono-
scimento, vittoria o anche solo comprensione. E, siccome gl i insuccessi
possono essere dovuti a nostra incapacità o ignoranza o errori (chi avesse
meglio conosciute le strutture informativo-culturali del neocapitalismo
europeo non avrebbe potuto dubitare, ad esempio, del la capacità d i
eiassorbimento, da parte dell'opinione manovrata, d i tut ta l a « cosa »
algerina), vorrà dire che dovremo essere più capaci, meno ignoranti, più
devoti e più padroni di scienza.
E' difficile? E chi v i ha mai detto che essere uomini, e non f int i
uomini, dovesse essere facile? Potete sempre ritirarvi. C'è posto, c'è vita
f
t e morte per tutt i . Ma, se vogliamo almeno lasciare i l segno dei nostri
denti sulla mano che ci percuote, « impariamo i l cinese ».
Franco Fortini