

La legge del
-J.926
creò organizzazioni
di stint e per i datori di
la–
voro e per
i
lavoratori : cioè non andò al di là dello
e<
Stato sindaca –
lista
>,
sinda cali sta bene inte so per burla, alla mani era di Mu ssolini ,
e
non sul serio , alla maniera
di
Sorel. Ma pur guardando si bene
dal
turbare i datori di lavoro con lo spauracchio della
<.<
corporazione
>),.
b
legge del
1926
di sponeva (art.
3)
che
cc
organi centrali coordinatori,
con una superiore gerarchia comune
»
dove ssero essere creati tra le-–
organizzazioni di padroni e di lavoratori.
Il
regolamento del
l
O
luglio
1926
dette
il
nome di
<.<
corporazioni » a que sti
«
organi coordinatori »
dando
loro facoltà
«
di stabilire
le norme
generali
concernenti
le condizioni
di lavoro » e stabilendo
esplicitam ent e che dove s–
sero
essere
e<
organi
dell 'ammini strazione
dello
Stato »
(para –
grafo
43) ;
ma neanche allora si venne
a
sapere in che cosa mai
que ste
«
corporazioni
»
dove ssero con sistere ; solo
e<
coloro che san–
no
>>
spi egarono che per ciascun me stiere vi sarebbe stata una
«
cor–
porazione
>>
formata da periti e da delegati delle organizzazioni
legal–
mente ricono sciu te, di datori di lavoro e di lavoratori, e alla
«
corpo–
razione
»
sarebbe stato dato
il
potere di soprintendere
l'attività
delJa
produzione nell'intere sse della nazione.
Nel
luglio
1926
sor se
il
l\1ini stero delle Corporazioni , senza che
vi fosse ancora ne ssuna corporazione.
Ministeri del Lavoro se ne tro–
vano in tutti i regimi democratici e non democratici di que sto mondo,
senza che ne ssuno li abbia mai esaltati come pietre angolari di una
nuova organizzazion e sociale . Anche in Italia, prima della
«
marcia
ISU
Roma »~ esis1e,•a un Mini stero del Lavoro.
Il
governo fasci sta l'abolì
nel
1923,
e lo ricreò tre anni dopo col nuovo nome .
Nel marzo
1928,
un filosofo americano, pur ricono scen9o che le
corporazioni fasci ste non esistevano ancora, e che
le
confederazioni
di
padroni
e
di lavoratori
«
non erano affatto corporazioni,
ma la vera
anti lesi
di
corporazioni », fece a New-York una con(erenza
«
ltaly
in corpor ated
>>.
Poco importava a lui, filosofo , se le corporazioni
esi–
stessero o no :
c
Devo tentare di abbozzare
il
profilo dello Stato cor–
porativ o italiano, come Platone di segnò la sua perfetta città , lasciand o
da part e la que stione se un tale stato esista attualmente o sia pos sibile.
Dopo tutt o viviamo in que sto mondo d'immaginazione
molto più che
non reali zziamo. I fascisti devono essere inte si non soltanto per quello
che
/ann o,
ma per qu ello che
pensano
di poter fare ».
Abbandonando si così
e<
all'immaginario
e teorico lato della que–
stione , in cui
v'è
libertà per le notizie fanta stiche, e nessuno può esser e
accusato
di
,·eridicità o di fal sità» egli si dichiarò convinto che
«
seb–
bene l'attuale
e pratica tra sformaz ion e dell'organizzazione
economi –
ca italiana Cos e pr esen temente non molto cospicua
»,
e<
era assai pr o–
babile che quando la polvere e la tempesta del rec ente catacli sma po–
litico in Italia fossero pa ssate,
il
più cospicuo e permanente
aspetto
della rh 'oluzion e verrebbe ad essere la trasfonnazione
del
cc
sindacali•
smo
>)
in corporativi smo ».
(I)
Nel
1929,
una osservatrice americana mandata anch' essa in Italia
alla scoperta dello
«
Stato corporativo
»
dovè ricono scere che
c
attuai•
mente lo Stato italiano era ancora nella fase sindacale
»
cioè nella fase
in cui non esistevano che organizzazioni
di stinte per datori di lavoro
e lavoratori, senza nessuno dei famosi
«
organi coorJinativi
»
prome ssi
dalla legge dell'aprile
1926
e battezzati col nome di
«
corporazioni»
dal re golam ento del seguen te luglio. Però anch'essa, nono stante
la
sua
(I ) H. W.
Sdm cider,
lt aly incorporated,
New York , ltalian Histo•
rial Soci t.'IJ·,
192s;
t"',.17
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12.
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