

GIORGIO PETROCCHI
Pietro Verri
e
un
galateo del settecento
L
A
recente edizione dell,a
Famiglia
dell' Alberti, dove Raffae le
Spongano ha dato un ottimo testo critico utiliZ1.ando
il
vecchio commento del Pellegrini e qua e là rivedendolo, ha
riproposto
il
tema dei • galatei • italiani , facendo rammentare
quanto
è
seguito ali'
Alberti
e come si sia svolto il progresso dei
tempi per entro
il
giro limitato, ma sotti lmente sensibile, di
un'ope retta educativa.
E
nel percorso che va datl'Alberti al
Nu ova Galateo
del Gioia
(già
tutto impegnato nella polemica
sociale del secolo e nelle prime avvisaglie del mondo morale
romantico), non
è
inutile ricordarsi dei
Ricordi a
mia
figlfr,
di
Pietro Verri, un lavoro il quale, oltre che assai più risentito
stitistica~nte del
NU()WGalateo,
può starg li accanto per una
intuizione dei tempi nuovi che nel Verri
(il
quale scrive nel I77i ,
all'indoma ni della nascita di una figlia, e come testamento
della sua età alla generazione che sarà della bimba)
è
una co•
stante preoccupazione, come quella di chi scrivC non per un
pubblico del momento, ma per un lettore che verrà dopo quin•
dici o vent'ann i di distanza. Dall'eudemonismo del Della Casa
e dall'edoni smo del Castiglione si può svolgere una storia ideale
del
I
galateo •, attrave rso le numerose opere similari del sei•
cento e del primo settecento, fino a giungere al Verri, che
nel 1777 subodora un clima sociale in evoluzione ed una crisi
politica in non lontana fermentazione.
C'è
anzitutt o nel Verri una preoccupazione di indole pri•
vata. Osservando le prime reazioni alla vita della figlia, non
stabilisce di mettere in carta il frutto delle sue riflessioni ed