il Protettore, figura cui erano conferiti poteri esclusivamente rap–
presentativi, mentre
il
vero organo direttivo, quello che esercitava
il reale potere di amministrazione, era formato da una Direzione
costituita a sua volta da un direttore, un vicedirettore e tre dele–
gati che venivano eletti dall'Assemblea generale.
Ad una siffatta struttura gerarchica faceva riscontro una effi–
ciente amministrazione.
Le
cospicue entrate annuali della Società,
cospicue non certo per i contributi dei soci quanto per le attività
collaterali svolte dall'Istituto (quale, ad esempio, quella dell'edi–
zione dei libri) e per le elargizioni dei soci benefattori, venivano
destinate non tanto al pagamento dei sussidi, quanto all'acquisto
di
«
cartelle di rendita
»
ed anche di azioni di banche ed altri va–
lori
«
di tutta solidità»
4
•
Cosl, nel LV anno di fondazione (1858-
59), delle L. 14.063,81 di entrata solo
L.
5.663,80 (ovvero
il
40%)
vennero spese in sussidi e il rimanente venne destinato al fondo
sociale di riserva che sall in un solo anno da
L.
45.021,41 a
L.
53.421,42
5 •
Il Pio Istituto appariva dunque , all'indomani dell'Unità, un'isti–
tuzione assai solida dal punto di vista organizzativo e amministra–
tivo, ma estremamente carente dal punto di vista dell'incidenza
sulle condizioni di vita e di lavoro dei tipografi.
In
cinquant'anni
di vita il Pio I stituto era riuscito a reclutare solamente una pic–
cola minoranza di lavoratori:
il
numero dei soci ordinari era ri–
masto infatti pressoché invariato dalla fondazione (133 nel 1803,
141 nel 1859) e rappresentava nel 1859 meno di un quinto degli
operai addetti all'industria tipografica
6
•
I pochi soci dell'Istituto
poi ricevevano sussidi inadeguati e sproporzionati rispetto alle gran–
di disponibilità di cassa della Mutua: di qui l'impressione che
l'opera assistenziale del Pio Istituto sia stata informata a criteri
imprenditoriali più che mutualistici e abbia comunque tenuto in
ben scarsa considerazione le reali condizioni di vita e di lavoro
degli assistiti.
In
questo quadro non desta certo meraviglia
il
fatto che la
prima grande lotta degli operai tipografi da una parte sia sorta
senza alcun collegamento con
il
Pio Istituto, e dall'altra abbia
portato a cercare altrove una struttura organizzativa idonea a ge–
stire la lotta e a raccoglierne i risultati.
Lo
sciopero che nel feb–
braio 1860 ben 600 tipografi iniziarono con grande compattezza
7
,
fu infatti soprattutto una reazione spontanea alle ormai intollera–
bili condizioni di lavoro, una reazione e quindi una lotta che ben
presto convinse gli operai della necessità di darsi una propria strut–
tura organizzativa
al
di fuori degli schemi mutualistici sino ad
allora prevalenti. Questa nu6va struttura venne individuata ap–
punto in una
«
associazione che avesse per programma la resi-
44
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