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nario (e feriale e festivo) doveva avere una retribuzione maggiorata

del 2.5

%.

Nelle grandi tipografie infine gli impressori non avrebbero

avuto l'obbligo del disimpegno di mansioni non inerenti alla loro

qualifica

98

Nella tariffa degli impressori non apparivano limitazioni

né al lavoro minorile, né a quello femminile. Benché infatti al lavoro

delle macchine non mancassero né fanciulli né donne", il fenomeno

non aveva assunto ancora proporzioni macroscopiche, né appariva

preoccupante. Anzi, poiché al lavoro femminile e minorile venivano

affidati compiti di second'ordine (pulitura delle macchine, mettere

e levare i fogli) il suo uso non solo era tollerato , ma talvolta anche

caldeggiato dagli operai stessi

100

Anche nel settore degli impressori la conquista della tariffa segnò

tuttavia l'inizio di una nuova lotta per la sua applicazione.

In

molte

tipografie infatti (Guerra, Minacca, Kettliz e Maglia) gli impressori

furono costretti a ricorrere allo sciopero perché i proprietari o non

volevano firmare, o volevano

«

applicare le categorie in modo in–

giusto

»

101

È

interessante rilevare la serie di soprusi e di angherie di cui

erano oggetto gli operai nelle tipografie. Da Reggiani, per esempio,

i compositori, se non conducevano con precisione il lavoro, venivano

multati per una somma equivalente al numero delle ore impiegate

ad aggiustarlo e i ragazzi, che non percepivano più di lire 1,50 al

giorno, venivano multati di 50 o 60 centesimi, per i lavori male

eseguiti; una multa colpiva poi tutti gli operai che, per un motivo

qualsiasi, anche plausibile, non fossero tornati la sera al lavoro

102

Nella stessa tipografia Treves vigeva il sistema

«

di far pagare al–

l'operaio

il

lavoro che, volontariamente, vien rovinato»

103

e nello

stabilimento Ricordi il più banale degli incidenti era sufficiente per

essere multati. Quivi infatti all'intera sezione incisori fu inflitta una

multa personale di una lira perché uno di loro

«

lavorando zufolava

pianissimo un'arietta

» ,

e di

5

lire al capo sezione che non voleva

o non poté indicare il reo.

E

ad un torcoliere - scriveva

«

La Tipo–

grafia Milanese

» -

che dimenticò di apporre la firma alla bolletta

di lavoro, istituita da due o tre giorni, fu inflitta una multa di

1Jna lira

104

Soltanzialmente immutate rimanevano le condizioni igieniche di

lavoro degli operai. La tipografia Golio, per fare un esempio, era

posta in uno stanzone soprastante ad una fornella per fonderia

ed i tipografi

«

nelle ore che la fornace era accesa, erano costretti

a smettere dal lavoro per non morire asfissiati

» "' ·

Anche più dure

cominciarono a diventare in questo periodo le condizioni di lavoro

degli impressori. L'introduzione delle macchine nelle tipografie, cui

non corrispose un'adeguata applicazione dei dispositivi di sicurezza,

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