

steva dell'attrito, si dichiarava
«
preoccupato di ricercare le ragioni
vere che hanno prodotto codesti attriti fra imprenditori e lavoratori,
fra costruttori ed assistenti, fra capomastri e muratori»
w.
Ma per
affrontare la questione
«
con la speranza di utile risultato » rite–
neva necessaria « una buona scorta di documenti e di osservazioni
dirette, di esperienze pratiche e positive le quali valgono assai
più di tutte le teorie e di tutti gli sproloqui retorici vittorhughiani,
e poco parlamentari della stampa socialista ed anarchica ». La se–
rena ricerca di queste cause veniva però ben presto trascurata, in
quanto resa inutile dall'affermazione che lo squilibrio era
«
fatal–
mente decretato dalle diverse attitudini, dal diverso grado di im–
pulso, di iniziativa individuale, che spinge gli uni a crearsi una po–
sizione indipendente, a sollevarsi dalla folla mediocre e tardigrada
e costringe gli altri a rimanervi, per cui gli uni riescono vittoriosi,
e gli altri soccombono· nella lotta». In considerazione di queste
fatalità, era da vedere come si potesse trovare un equilibrio: non
rimaneva che un pacifico adattamento, che sarebbe stato possibile
« se fossero levati di mezzo i cosl detti sobillatori - affermava
« Il Costruttore
» -
coloro appunto che, nemici dell'ordine sociale,
nascosti nell'ombra , con mezzi
il
più delle volte illeggittimi, pren–
dono parte viva ai malumori della folla, diventano l'anima delle
insurrezioni e sanno trarre profitto quel tanto che basti per
il
pro–
prio materiale interesse». Questi, secondo il periodico padronale,
sarebbero stati i veri sfruttatori e continuava: « Certo
è
che senza
codesta genia di intriganti , molti diseredati sopportando senza inu–
tili querimonie quello stato di cose che madre natura ha loro con–
cesso, si avvezzerebbero a riconoscere nel lavoro la loro missione
sulla terra , e sgombro il capo da fanfaluche romantiche strampalate,
cercherebbero a poco a poco di sollevarsi dalla loro miseria, met–
tendo a profitto ogni altra cosa che non siano le convulsioni del
loro sistema atrabiliare ». Procedendo con questi argomenti, si
finiva naturalmente col dichiarare che i padroni, assai spesso, erano
proprio loro le vittime e si concludeva che se alcuni imprenditori
avevano potuto « in breve volger di anni, ed in. m,orr_ienti. più_pro–
pizi, fare guadagni colossali valendosi d, mezzi leg1mm1,arrischiando
del proprio, mettendo a profitto la loro attività ed il lor'? ingegno,
faccilf a loro buon pro la fortuna che hanno saputo crearsi
».
Fu con questa mentalità, improntata al più gretto positivismo
- da cui traspare come la classe dirigente di allora avesse trovato
in quella «dottr ina » un~ precisa. giust!ficazi'?neid~ologica dei suoi
comportamenti - che 11 C?lleg10 de, Cap~mastrl st contrappose
all'organizzazione di classe de, muraton a partire dal 1887.
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Biblioteca Gino Bianco