l'altro
il
contributo (per la verità modesto) che inviò ' agli sciope–
ranti il Circolo popolare di Studi Sociali di Roma su proposta del
Costa
199•
Le trattative per la determinazione di salari accettabili dagli
operai furono lunghe (duravano ancora
il
31 novembre 1884)
200
,
e anche se non ci
è
stato possibile appurarne
il
concreto esito pos–
siamo supporre che questa nuova forza contrattuale si sia risolta
comunque in una vittoria per gli operai, se i cinque più importanti
fabbricanti monzesi, come poi testimoniò
«
L'Italia »
201
,
«
si coa–
lizzarono segretamente, per resistere d'accordo alle richieste dei
lavoranti. Essi pattuirono che in caso di chiusura di una fabbrica
a motivo di sciopero, gli altri opifici dovessero accollarsi
il
la–
voro della fabbrica chiusa, sotto la comminatoria di una penalità
di lire 3.000, previamente depositata». Fu proprio da questa con–
fermata coalizione antioperaia che fu originato
il
nuovo grandioso
sciopero generale dell'anno seguente.
Si trattò di un lunghissimo
«
braccio di ferro » fra operai ed
imprenditori che, pur essendo durato ben due mesi, dando cosl la
concreta misura della nuova forza organizzativa antipadronale della
categoria, ebbe purtroppo a causa del suo esito negativo gravi ri–
flessi per il futuro del movimento, in quanto la classe antagonista
fu inflessibile nello stroncare con l'aperta repressione la volontà
di lotta e la capacità di resistenza manifestata dai cappellai in quella
occasione. Anche questa volta lo sciopero diventò generale, dopo
esser nato come azione rivendicativa in un solo stabilimento, per
l'aperta provocazione del blocco padronale.
A conclusione dello sciopero dell'anno precedente
202
la ditta
Meroni, nell'evidente tentativo di cautelarsi contro ulteriori azioni
dei propri operai , aveva introdotto un nuovo Regolamento interno
nel quale si prevedeva fra l'altro il pagamento quindicinale e il
versamento da parte degli operai addetti alle macchine di una cau–
zione di lire 30
203 ,
che sarebbe andata perduta nel caso di improv–
viso abbandono del posto di lavoro. Gli operai, non comprenden–
done il carattere ricattatorio, avevano accettato le nuove norme
chiedendo solo di poter effettuare il deposito della cauzione con
trattenute sul salario. Accresciuta nel corso dell'anno la coscienza dei
propri diritti (che si manifestò nelle aumentate adesioni alla Lega
dei Figli del Lavoro) gli operai chiesero nel maggio del 1885 la
restituzione della cauzione, il pagamento settimanale e il ricono–
scimento della Lega (che ne doveva sancire la forza contrattuale
per la tutela dei salari). La ditta Meroni naturalmente rifiutò di
accogliere queste giuste richieste, e il 26 maggio quindi i 106 operai
dello stabilimento si ponevano in sciopero.
Si trattava della prima azione
«
d'attacco
»
della categoria, nuovo
segno di quella volontà di lotta manifestata l'anno precedente; ma,
205
Biblioteca Gino Bianco




