

che,
di proprietà di Giacomo Agnelli, aveva sede,
dal
1865, nell'Or–
fanotrofio maschile di Milano
e
che acquistò ben presto dimensioni
piuttosto ampie, tanto che nel 1871 contava 51 operai tra tipografi e
legatori e
16 fonditori.
Di
questi operai tuttavia soltanto due erano
operai compositori adulti: tutti gli altri erano« martinitt,.
21 •
Alla tipografia dell'Orfanotrofio va aggiunta quella del Patro–
nato dove nel 1874 si ritrovavano i soliti due operai compositori
adulti, e dove il lavoro era quasi esclusivamente sulle spalle dei
ricoverati dell'Istituto di carità, e il Collegio Tipografico Pagnoni
che, fondato nel 1871, accoglieva e dava lavoro ai figli delle vedove
dei tipografi
22 •
Fonte preziosa per individuare le cause specifiche che avevano
portato l'industria tipografica milanese ad una siffatta struttura
è
l'Inchiesta Industriale governativa del 1872
23 ,
inchiesta dalla quale
emergono anche con estrema chiarezza i problemi e le difficoltà che
essa
dovette affrontare negli anni successivi all'Unità. Il problema
centrale affrontato dagli editori e dai tipografi dopo il 1861
fu
senz'altro quello del
«
mercato».
L'industria tipografica avrebbe avuto bisogno, per far fronte agli
altissimi costi fissi e alle radicali e dispendiose innovazioni impo–
sti dallo sviluppo tecnologico, di un vasto mercato ; la tipografia
invece
si trovò di fronte ad una domanda che l'Unità politica
e
la libertà di stampa avevano sl reso assai più ampia di quella pre–
unitaria, ma che era nel complesso ancora rigida e insufficiente, poco
omogenea
e
incostante : in una parola
i
tipografi dovevano affron–
tare un mercato fortemente sottosviluppato.
Già nel 1863, con notevole chiarezza di analisi,
i
proprietari
tipografi affermavano di non poter
«
contare se non in un ristrelto
pubblico di lettori, ed in un più ristretto numero di compratori di
libri,.
24 •
Mentre infatti la Francia,
la
Germania e l'Inghilterra
stampavano migliaia di copie
dei
loro libri e ne moltiplicavano le
edizioni, grazie alla vastità e del mercato interno e di quello estero
e all'appoggio statale, i libri italiani invece dovevano contare su
un mercato assai ristretto, e in scarsissimo numero valicavano le
Alpi
«
perseguitati dalle ire di governi resi sospettosi e sconsiderati
dall'esclusivismo e dai pregiudizi nazionali
»
25
•
E la complessiva in–
sufficienza del mercato interno non era scomparsa, seppure si fosse
alquanto allentata, neppure dieci anni dopo l'Unità. Nonostante
dal
1859 in avanti ci fosse stato un certo aumento nella vendita
dei libri, essendo scomparse le barriere doganali fra le varie parti
d'Italia, il mercato italiano continuava ad essere assai ristretto"'·
L'aumentata produzione di libri scolastici e di lettura popolare
sulla quale, alla Commissione per l'Inchiesta industriale del 1872,
insisteva in particolar modo
il
Civelli, non impediva che in Italia
si producessero quasi esclusivamente edizioni di lusso. I dati dei
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Biblioteca Gino Bianco