

plicava, evidentemente, un continuo condizionamento delle piccole
imprese da parte delle grandi e,
in
genere, la pratica impossibilità
per questi opifici minori di svilupparsi in modo armonico.
Più
pre–
cisamente la piccola impresa che, sotto la spinta di un periodo
di
lavoro particolarmente fortunato, riusciva ad ampliarsi, doveva pre–
stare continua attenzione a non far passi più lunghi delle sue pos–
sibilità, a non insospettire cioè gli stabilimenti principali sotto
pena
di vedersi abbandonata al proprio destino nel momento in
cui
la
continuità del lavoro era indispensabile per ammortizzare
i suoi
co–
stosi investimenti.
Un fenomeno di questo tipo non sembra estraneo alla rapidis–
sima parabola della Società cooperativa tra tipografi e arti affini
(correntemente chiamata Tipografia degli operai). Tale tipografia,
fondata nel 1866, nel 1868 riusciva già a stampare circa 7.000
risme impiegando 30 combinatori, 16 impressori e 4 allievi.
Le
dimensioni della tipografia (che si era sviluppata in gran parte grazie
ai lavori commessi da Treves e da altri editori) nel giro di quattro
anni si allargarono ulteriormente, di guisa che nel 1872 gli operai
salirono a 73. Nel 1874, la Tipografia Operaia fu tuttavia co–
stretta a chiudere
19
•
La causa ufficiale del dissesto fu individuata
nella spericolata e disonesta amministrazione, ma certo alla crisi
non fu estraneo il fatto che i suoi più grandi fornitori di lavoro,
cioè la casa editrice E. Treves e C., non solo non intervennero,
ma si affrettarono ad assumere in proprio il lavoro sviluppando a
ritmo accelerato proprio in quegli anni il piccolo stabilimento
ti–
pografico acquistato, come abbiamo visto, nel 1869.
La seconda ragione per la quale la presenza sul mercato di
mi–
nori aziende tipografiche era tollerata dai grossi imprenditori sem–
bra potersi individuare nel fatto che una tale struttura del mercato
consentiva ai grossi imprenditori di disporre
di
un forte esercito di
mano d'opera di riserva: e più precisamente consentiva
di
contrap–
porre ai pochi operai
«
privilegiati
»
dei grossi stabilimenti un eser–
cito
di operai non qualificati i quali rappresentavano un potenziale
freno alle rivendicazioni dei privilegiati.
Le
piccole tipografie, infatti, per poter praticare una politica
di
prezzi bassi dovevano ridurre al massimo il costo della produzione,
e poiché non potevano risparmiare sulle materie prime (caratteri,
macchine da stampa, inchiostri ecc.), cercavano di risparmiare sul
costo della mano d'opera, riducendo al minimo il salario dell'ope–
raio adulto e sostituendo ,
fin
dove era possibile, quest'ultimo con
l'operaio-app_rendista, oppure l'operaio-ragazzo'"·
Analoga funzione di concorrenza nell'offerta di lavoro e di pres–
sione quindi sulle rivendicazioni degli operai addetti alle maggiori
tipografie veniva di fatto svolta anche da alcune tipografie gestite da
Enti assistenziali. La più importante
di
queste tipografie era quella
8
Biblioteca Gino Bianco