

Comitato suddetto si era affiancata la creazione della Pia Azienda
Tessile per gli Operai disoccupati, sedente presso il Consolato ope–
raio, che ne era stato il promotore, e che si proponeva
«
di dar la–
voro a coloro che devono stare in attesa
cli
uno stabile collocamento
presso qualche fabbricante, dando ai medesimi delle pezze da tesse–
re
».
Prima di inten ti speculativi, la Pia Azienda era fondata sul
principio di devolvere a favore dei lavoratori tutti i
«
benefici
»
ri–
traibili dall'esercizio industriale e commerciale. Ma anche questa isti–
tuzione rappresentava un palliativo, anche se momentaneamente essa
era in grado di offrire agli operai disoccupati un aiuto dignitoso, deri–
vante da un onesto guadagno.
Questi provvedimenti insomma, pur animati dai migliori propo–
siti e non privi
cli
qualche effetto pratico, restavano pur sempre nel–
l'ambito della beneficienza, mentre la soluzione vera di quella piaga
sociale che era la disoccupazione, non poteva avverarsi prescindendo
da una radicale e profonda trasformazione economico-sociale del–
l'organizzazione dell'industtia tessile comasca.
Il fenomeno della disoccupazione dei tessitori urbani comaschi
non era quindi ragionevolmente risolvibile, come si accennava
nella
«
Statistica Industriale Lombarda
»
invitando gli operai, in
sostanza, a trovarsi un altro lavoro, dal momento che esisteva una
massa di lavotatoti rurali disposta a vendere la propria forza-lavoro
a minor prezzo. La soluzione vera del problema,
al
contrario, non
poteva giungere che attraverso la sensibilizzazione sociale
cli
quei
lavoratori rurali che, non ancora raggiunta nel 1891, consentiva all'in–
dustria della tessitura serica comasca
«
cli
reggersi con l'obbiett ivo
dell'attuale povera condizione altru i
»,
nel calcolo,
«
forse erroneo che
il contadino abbia meno bisogno del cittadino ».
La stessa
«
Manifattura Serica
»,
che pure era l'organo
di
parte imprenditoriale, già nel 1883 faceva rilevare come una indu–
stria cosl strutturata fosse destinata all'insuccesso economico
178
•
Ma
gli imprenditori continuarono ad andare avanti come avevano sem–
pre fatto , ritraendo il grosso dei loro profitt i essenzialmente dall'im–
piego
cli
manodopera sottopagata ; ancora nel 1892
«
Il Lavoratore
Comasco » poteva affermare che una ragazza, lavorando dodici ore
al giorno alla filanda, guadagnava 60 centesimi
179
e
il
caso, riferito
dal giornale, non era affatto eccezionale né transitorio, come con–
fermava la analogia delle motivazioni che determinarono il diffuso
ricorso all'arma dello sciopero da parte delle filatrici.
Infatti nel 1888, in data 28 agosto, le maestranze femminili delle
due filante attive a Mariano, centro rurale del circondario di Como,
scesero in sciopero reclamando un miglioramento delle
«
miserrime
mercedi
»
e una riduzione dell'orario di lavoro che le impegnava
per 14-15 ore al giorno.
Le
filatrici
cli
Mariano ottennero la ridu–
zione dell'orario di lavoro a 12 ore giornaliere oltre a qualche lie-
133
Biblioteca Gino Bianco