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che nel 1890 la esistenza dei tessitori serici comaschi era

«

miserri–

ma»; quando non propriamente intollerabile.

L'anno seguente, il 1891, la situazione non era affatto migliorata

e l'acuto disagio che ancora interessava le masse operaie comasche era

analizzato dal segretario del consolato operaio, Achille Avogadro, in

un opuscolo significativamente dedicato ai

Provvedimenti per gli

operai disoccupati a Como

m_

La disoccupazione, fenomeno non certo nuovo, aveva raggiunto

tuttavia - notava l'autore - da alcuni anni a Como dimensioni tali

da poter essere definita

«

una vera piaga sociale». Essa, presente

in città anche nei tempi cosiddetti normali, trovava la sua giustifica–

zione nella esistenza

«

della concorrenza sfrenata, della speculazione ·

azzardosa ed imprudente in cui naviga oggidl l'industrialismo, per

cui anche in tempi di bonaccia sono frequenti gli arenamenti ed i

naufragi nei quali l'operaio, come zavorra di nessun conto ed ingom–

brante

è

sempre il primo ad essere gettato in acqua». La facilità

con cui gli imprenditori comaschi erano soliti

«

gettare in acqua »,

ovvero licenziare gli operai, trovava la sua giustificazione, tra l'altro,

nel sistema, ancora largamente in uso in città, della distribuzione del

lavoro a domicilio che, se garantiva

«

l'indipendenza personale al–

l'operaio», non gli garantiva però la continuità del lavoro. L'Avo–

gardo calcolava che esistessero nel comune di Como, nell'anno

1891, circa 3.000 telai a mano sparsi nelle abitazioni dei singoli

operai, che ne erano i proprietari, i quali ricevevano in consegna

dal fabbricante la pezza ordita ed erano pagati dal medesimo alla

consegna. Era perciò facilissimo per i fabbricanti abbandonare le

maestranze in preda a!Ja disoccupazione ai primi sintomi di ristagno

del mercato, e tuttavia i provvedimenti escogitati a Como in propo–

sito non si erano mai staccati, come faceva rilevare l'Avogardo,

«

dalla

forma per quanto elevata, della beneficienza ».

Nel 1887 si era costituito, per iniziativa delle Società confederate

al Consolato operaio, un Comitato Permanente per soccorrere gli

operai disoccupati, che era nato e continuava a funzionare come un

ufficio di collocamento. Tale iniziativa si inseriva nel quadro della

po–

litica di accordo e collaborazione con la classe padronale sostenuta dal

Consolato Operaio . Infatti la composizione del Comitato, di cui

erano membri oltre ad alcuni leaders del Consolato, numerosi ele–

menti della borghesia, in gran parte

«

fabbricatori » di tessuti, riflet–

tere questa linea sostanzialmente interclassista. Il Comitato eserci–

tando una certa pressione degli organi comunali e sugli imprenditori,

riuscì in certi casi a procurarle un'occupazione stabile o provvisoria

agli operai disoccupati ma nei momenti di più acuta crisi la sua azione

veniva a perdere ogni efficacia pratica e le sollecitazioni agli indu–

striali finivano col cadere nel vuoto.

Per offrire maggiori garanzie agli operai disoccupati nel 1890 al

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Biblioteca Gino Bianco