

deva polenta, patate, zuppe, minestre di riso, paste o legumi, condi–
menti di burro , olio, lardo, latte rappreso. Il consumo di carni e di
vino era invece del tutto eccezionale
115•
In
stretta relazione con la
cattiva e deficiente alimentazione, con l'uso eccessivo di granoturco,
con la
«
fame cronica
»
11
6,
insomma, era lo sviluppo della pellagra,
malattia che colpiva violentemente in quegli anni le popolazioni di
molti comuni della provincia, specialmente nel Circondario di Co–
mo
117.
Secondo i dati riportati negli
Atti del Comitato dell'Inchiesta
Industriale
e in altre pubblicazioni ufficiali il guadagno medio gior–
naliero degli operai tessitori per 12-13 ore di lavoro effettivo si aggi–
rava, normalmente, fra le 2 e le 3 lire, mentre le tessitrici, anch'esse
retribuite a fattura, percepivano un salario medio di 1-1,50 lire
118•
Tuttavia per valutare l'enti tà reale delle tariffe salariali applicate
nella tessitura , occorre riferirsi ad alcune considerazioni intorno al
setificio comasco e alle sue
«
leggi
»,
soprattutto in relazione al pro–
blema dell'occupazione.
Esisteva, nell'industria della tessitura esercitata a Como e sob–
borghi, già in condizioni normali, un numero di addetti largamente
eccedente l'effetti vo bisogno di operai: tale eccedenza era poi de–
stinata ad aumentare di molto al sopraggiungere di crisi dovute a fal–
limenti o a sconvolgimenti politici e commerciali. La disoccupazione,
sempre presente, saliva allora paurosamente, precipitando nella mi–
seria le famiglie dei tessitori
119
•
L'andamento fluttuante dell'industria
serica, quindi, incideva fortemente sulla situazione salariale dei lavo–
ratori, in quanto ogni rallentamento o sospensione del lavoro si tra–
duceva in sensibili decurtazioni delle retribuzioni. Ma non era tutto.
Appena superato il momento critico, i fabbricanti si adoperavano per
avere a loro disposizione un numero di operai superiore al fabbisogno,
dilatando ovunque le loro
«
fabbriche
»
e portandosi, anche a costo
di spese non indifferenti, nelle campagne, dove, dopo una rapida
istruzione, ponevano al telaio il contadino o l'artigiano
1
'°.
Evidente–
mente, attraverso l'assunzione e l'addestramento di una nuova mano–
dopera rurale, quando già quella cittadina sovrabbondava, i fabbri–
canti miravano ad assicurarsi una riserva di manodopera, superiore
alle reali necessità, che permettesse loro, agitando lo spettro della
disoccupazione e della fame, di ridurre il costo del lavoro a livelli
estremamente bassi.
Esercitato in queste condizioni,
il
mestiere di tessitore compor–
tava per l'operaio del setificio comasco l'incertezza perenne del–
l'occupazione e
di
conseguenza uno stato di palese soggezione verso
il datore di lavoro, dal quale egli si mostrava disposto a subire ogni
sorta di abusi ed ingiustizie, pur di non udire pronunciare la sen–
tenza che lo condannava alla disoccupazione:
«
ultima pezza
»
121
•
Di
questo stato di cose gli imprenditori sapevano approfittare
115
Biblioteca Gino Bianco