dettati da beneficienza e filantropia, e attribuendo
ali'«
avidità
»
e
ali'« ignoranza» dei genitori, il lavoro infantile negli opifici:
«
Il
proprietario - dichiarava
il
titolare di una ditta di filatura di Ger–
mignaga - li accoglie [i fanciulli] più che pel lucro che può ritrarre
da queste mani deboli e inesperte, per il sentimento umanitario di
sottrarre questi ragazzi alle seduzioni dell'ozio e del vagabondag–
gio»
84
•
Altre riserve erano espresse dagli interpellati riguardo all'oppor–
tunità di ridurre l'orario di lavoro per i fanciulli, dal momento che
essendo essi per lo più addetti ad attività sussidiarie al lavoro degli
adulti, l'interruzione anticipata del lavoro infantile avrebbe compor–
tato la sospensione di tutta quanta l'attivit à, con grave pregiudizio
della produzione.
Come era prevedibile, la proposta di legge Cairoli si insabbiò e
fino al 1886, come si
è
detto , nessuna tutela
fu
assicurata ai minori.
La legge promulgata 1'11 febbraio 1886, che il Morandi chiama signi–
ficativamente « leggina » ad indicarne la modestissima importanza
85
,
limitava a 9 anni di età minima l'assunzione, regolava l'orario di la–
voro dei fanciulli fra il 9° e il 12° anno di età ed ammetteva ai « la–
vori pericolosi ed insalubri
»
solo dopo il 15° anno di età.
Pur tando blanda nel suo contenuto, la legge non ricevette buone
accoglienze da parte dei ceti imprenditoriali; la sua incidenza rimase
limitatissima, per le innumerevoli violazioni e infrazioni che lascia–
rono sussistere la maggior parte degli abusi che essa si proponeva di
eliminare. Sul finire del secolo, un giornale cattolico del Lecchese,
«
Il Lavoratore Italiano », lamentava come ancora a dieci anni dalla
sua entrata in vigore la legge fosse ben lontana dalla sua effettiva
applicazione. Le violazioni cominciavano dai genitori dei piccoli ope–
rai che, stretti dal bisogno, ricorrevano a degli inganni pur di far assu–
mere i loro figli o di conservarne il posto negli opifici; succedeva cosl
che questi fanciulli, presentandosi per la visita medica, il cui obbli–
go era stabilito dalla legge, davano risposte non corrispondenti al
vero circa l'attività lavorativa cui erano adibiti, cercando per Io più
di minimizzare la fatica cui erano sottopost i. L'altro punto del rego–
lamento derivato dalla legge ,del 1886 che veniva sistematicamente
trasgredito era la norma che prescriveva l'affissione obbligatoria, alle
porte dei singoli stabilimenti, di un elenco preciso dei fanciulli im–
piegati in quell'opificio, insieme con l'indicazione dell'orario di la–
voro.
In
moltissimi stabilimenti - si notava - tale elenco man–
cava del tutto, e per di più nessuno provvedeva a far rispettare i
limiti legali dell'orario, nessuno impediva ai padroni di abusare dei
loro piccoli dipendenti, specialmente quando i
«
cosiddetti bisogni
dell'industria Io richiedevano
»
86
•
Verso la fine del secolo l'impiego
di
minori nelle industrie tes–
sili, almeno da quanto risulta nelle statistiche ufficiali, si era comun-
110
Biblioteca Gino Bianco




