Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno V - n. 10 - 30 novembre 1899

RIVISTPAOPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI Direttore: Dr. NAPOLEONE COLAJANNI Deputato al Parlamento Esce in Roma il I 5 e il 30 d'ogni mese Il ALIA : anno lire 6 ; semestre lire 3 - ESTERO : anno lire 7; semestre lire 4. Un nuD1.ero separato s Oent. ~O . AnnoV. - N. IO. Abbonamento post.aie Roma 30 Novembre 1899. UNA SORPRESAPEI NOSTRILETTORI ·Col 1° gennaio 1900 la Rivista uscirà co·mpletamente trasformata. Oltre che stampata con 'l'aggiunta àelln coperrtina e con caratteri nuovi, inaugureremo col prossimo numero una grande novità: ~ LA RIVISTA DELLE OARIOATDRE POLITICHE Ogni anno un passo ·innanzi, i lettori ci rendano qiiesta giustizia, e rendendocela ci procurino nuovi abbonati. La Rivista, orrn.a-l, si può à·irt•euna pubblicazione regalata. Sommario LA RIVISTA: Contrasti umilianti (Continua la reazione in Italia. Trionfa la repubblica in Francia). Nor: Il signor « Malcontento» (Pensieri sovversivi di Bo1ghi, Villari e Ferraris). . LA· RIVISTA: La Guerra di Chamberlain. Cecil John Rhodes. Prof. PIETROFoNTANA:L'evoluzione del socialismo e il Congresso di Annover. G. P.: Per un uomo. Dott. LUIGIDE VINCOLISI:mportanza e comp!essità del p~oblema economico. G. BoNAGIUSO:La pretesa « bancarotta del Marxismo>>. E.. ANTONIOBEVILACQUAC:hi è? ... 'Rjvista delle Riviste. - 'l{_ecensioni. CONTRASTI UMILIANTI Continuala reazionein Italia. Trionfa la repubblician Franc·a. Cominciamo con una confessione: noi ci reputeremmo fortunati se potessimo non occuparci della vita politica italiana; ·ma il dovere di pubblicisti e di cittadini c'impone il sacriflzio, superando la nausea, d'intrattenercene, se non altro per comparare e flagellare ... f n primis et ante omnia diamo lode al Generale Pelloux quando la merita. Egli con quella franchezza militare, che riconoscemmo sin dal primo giorno del suo ministero ha voluto ristabilire la proporzione giusta tra il contenente e, il contenuto, e perciò ha creato il pericolo imminente del lucernario - le indiscrezioni dell'organo di Macola non lasciano dubbio sulle sue intenzioni - ed ha cacciati come dentro un ovile angusto i deputati. Così siamo nella piena realtà: ad un regime parlamentare a scartamento ridotto non conveniva la grande aula Comotto. L'auletta è il simbolo indovinatissimo delle nostre condizioni politiche, della libertà ... a razione ridotta. Nichil de principe, c'insegna il Fisco; perciò per cominciare la rassegna ci mostreremo reverenti verso l'augusto capo dello Stato; e ò.el suo discorso non c'intratterremo che per accennare ad una fantasia balzana della Nuova Sardegna. Il valoroso giornale repubblicano di Sassari (N. 0 307 del 15 Novembre) nel suo leader articolo (I discorsi reali cli mezzo secolo) immagina che Re Umberto, il giorno della inaugurazione della sessione, alle 8 del mattino, « nel suo studio pensa alla finzione costituzionale, che impone a lui la lettura del discorso scritto da altri. E spingendo lo sgnardo attraverso alla brulla campagna, Jesolata dalla malaria, si domanda se anche il quarantesimo discorso della Corona non lascerà profonde delusioni ». « Pure, ossequente alla Costituzione, rilegge ancora il discorso. E, fra la trepidazione e il dubbio, ricorda che le stesse cose che deve leggere oggi glie l'hanno scritte tante altre volte, e le hanno fatte dire anche al suo genitore, e perfino al suo avo. » « Il dubbio si fa pili forte ed il Re vuole anche verificare, cercando nel cassetto la raccolte dei discorsi reali. )> « Re Umberto prima di recarsi a Palazzo Madama legge i brani di discorsi della Corona - da quello del Principe Savoja di Carignano dell' 8 Maggio 1848 al suo del 16 Novembre 1898 - e voltosi al generale Ponzio Vaglia gli dice: « - Caro generale, ho letto un amenissimo libro. « - Io pensavo che rileggesse il discorso della Corona .... « - No. Leggevo le JVlille ed una notte: tutte favole, fantasticherie che non so davvero per-

182 RIVISTA POPOLARE DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI chè q~iei si~nori ministri le facciano leggi:>re propr10 a me! » Oh! daYvero che Re Umberto potrebbe considerare come suoi nemici i ministri infedeli, che gli fanno fare delle promesse, mai mantenute in cinquant'anni. E a proposito di promesse. Nel discorso del 14 Novembre, splendido per la brevità sua, ce ne erauna,'"che sbalordì tutti: l'abolizione del domicilio coatto. Che il diaoolo Pelloux si sia fatto frate? tutti si domandarono. Ora si sa che anche quella è una promessa come le altre. Il generale, schiettamente, ha dichiarato che non si tratta di abolire la legge mostruosa che disonora l'Italia, ma di trasformarla. Probabilmente avremo un rimaneggiamento ad uso e somiglianza di quei dei ministri delle Finanze, vergognosi di chiamarli col vero nome: cw,- 1nenti cl'iniposta. Intanto il resto delle manifestazioni della vita parlamentare nostra, che compendia la vita politica italiana, sta a livello dell'auletta: non ci sono che farse, piccinerie, grettezza, e soda preparazione di stringimenti di freni: la sola cosa grandiosa che concepiscono i nostri governanti. Il governo giuoca tutte le sue carte per battere Biancheri, che gli sembra rivoluzionario. L'on. Colombo da Presidente dic 1iara che non occorre modificare il regolamento della Camera; e l'on. Sonnino, gran patrono del ministero, annunzia che senza quelle modificazioni non si può andare innanzi. Al ministero degli esteri si porge l'occasione di pronunziare una parola alta in dife!3a della lingua italiana perseguitata dagli ami<:i a Malta, a Fiume, dappertutto; ed egli se ne gllarda scrupolosamente, come da un delitto. I deputati dell'opposizione, come abbiamo sempre notato, si riconfermano esclusivamente dinastici, e fanno l'occhio di triglia coll'Estre,na per riceverne i voti, senza ricambiarli - fatta eccezione di pochi zanardelliani che si mostrano leali. E la Camera si apparecchia a continuare la reazioue facendo buon viso al D_ecreto-legge e provocando l'ostruzionismo in difesa dello Statuto 1 Così è. Mentre la reazione soccombe nel Reichstag austriaco, dove si trova una fortissima minoranza che vuol mettere in istato di accusa il ministero Thun; mentre la reazione soccombe nel Reichstag tedesco, che seppellisce la legge dei lavori forzati (1); mentre la reazione soccombe nel Par-lamento francese ... solo nel Parlamento italiano provvisoriamente si apparecchia a trionfare, per dato e fatto della schiera servile dei deputati gooernatioi per temperamento e per interesse. Un monarchico italiano - di non bella memoria - altra volta deplorò che l'Italia a,·esse avuto il suo Parlamentwn indoctwn. Ma un parlamento indotto è sempre un male minore di un -parlamento seroile. 11servilismo della maggioranza dei deputati ha fatto discendere così in basso la r-eputazione del Parlamento da rendere possibile nei giornali monarchici un linguaggio come quello di cui diamo un'idea nel brallo seguente: « La crisi del regime parlarncnLare è arriYala al suo (1) L'ultima votazione del Rcichstag tedesco fa constatare al1' Avanti! (22 'ovembre) la bella condotta della borghesia demo- ?ra_tica dell~. Gel'mania. Ugualmente si é condotta in Francia. I !atti nulla gl msegnano sulla lotta di ctcisse come l'intesero sempre 1 socialisti italiani? Nola consimile abbiiJmo apposto nella rivista clelle riviste ad un articolo del Moaoc,nent Socialiste. (K J. R.) punto culminanle. Non mai fu visto un Governo più nud0 d'ogni facolLà di pensare, nè un Padarnenlo più spoglio d'ogni volonlà di agire. Una soave imbecillità, come una evaporazione di tuLLe le energie inlelleLLive ha colpito quel piccolo mondo putrefatto, il quale sfugge persino alla critica, il quale spontaneamente riconosce la giustizia di qualunque più aspra r·ampogna, e vi si 1·asseg11a pacalamente e oppone ai censori una invincibile forza d'inerzia. « Siamo entrati nella fase del coma, dell'intorpidimenlo finale, nell'epoca glaciale. Se bisogna credere a Rudian Kipling, le foche hanno una vita più agilata e più intensa del governo italiano e dei leg1slato1·i italiani. Quelle, raccolte a migliaia sulle isole dello stretto di Beh ring, discutono ~1:avemente i loro interessi al tepore della pl'imavera circumpolare; e, scaldale dal novello sole e dall'amore rinascente, si battono a colpi di zanne e di unghie fino alla morte, spruzzando il gliiaccio mal disciollo e le pallide praterie del loro sangue. Ma il nosLro governo ed 1 noslr1 deputati sono un museo di fussili, i quali, riconoscendosi da sé stessi impotenti ad ogni atto vitale, non tentano neanche un'azione né una reazione qualsiasi, e se ne stanno a Roma tranquillamente, compiendo automaticamente alcune funzioni puramente formali, adunandosi, sciogliendosi, radunandosi ancora, senz'alcun fine determinato. « Reagire contro questo stato di cose sarebbe cqme scagliar pugni contro le nubi. Esso é così, come certi anni il tempo é cattivo; e nulla potrebbe fare che fosse altrime>nti.Si può lottare contro la fillossera, contro l'oidio, contro la mosca olearia, contro la peste bubbonica: non si può lottare contro il periodo Pelloux. << Il periodo Pelloux é l'ultima fase d'un regime esaurito. Spenlo in esso ogni alito di vita, il regime si pietrifica, e prende il posto che gli spelta nel regno vegetominerale, fra la tor-ba ed il carbon fossile. « Se non vogliamo increiinire anche noi, occupiamoci di tulto il resto del mondo : occupiamoci, in casa, di tutti i nostri reali interessi; ma non perdiamo il nostro tempo _dietro al Governo e al Parlamento d'Italia, poiché· non esiste sulla Terra cosa più bassa e più insensata. (Mattino, 2-"> Novembre.) Ed ora si meraYigli chi vuole, se nonostante l'innegabile risveglio economico che c'è, si a,. vanza a grandi passi - come nota un nostro collaboratore più innanzi - il signor Jvlalcontento ! * Cerchiamo conforto altrove. Se in Italia la: reazione continua, in Francia la repubblica trionfa. Il trionfo della repubblica non è quello magnificamente simboleggiato dal Lalou nel mo-· numento inaugurato il ·giorno ,19 nella piazza fatidicamente intitolata delle nazioni; ma l'altro conseguito con due forti maggioranze schiettamente repubblicane, prima e dopo la inaugurazione del gruppo colossale della repubblica. Questa festa ebbe la la sua grande importanza: essa insegnò ai reazionari, che il cuore di Parigi batte per la repubblica. La manifestazione fu così imponente - vi presero parte più di 500.000 persone - che i Drumont, i Rochefort, i Méline ecc. ne rimasero sconcertati. Qualcuno, a denti stretti, ha confessato la verità. La grande dimostrazione, con tutte le sue bandiere rosse, indica non solo quali sono i sentimenti del popolo parigino, ma insegna pure ai governanti, che quando mancano le provocazioni della polizia l'ordine pubblico non viene mai turbato. L'importanza maggiore per noi, però, sta nelle due votazioni. Nella prima si seprJe, dalle dichiarazioni ferme ed oneste di vValdeckRousseau, che cosa significa la presenza di Millerand nel ministero, e dalle altre ener-giclle e leali del generale Gallifet, che egli non è disposto a tollerare le cospirazioni antirepub-

'R.IVISTA POPOLARE DI POLITICA. LETTERE E SCIENZE SOCIALI blicane nell'esercito. A suo onore si ricordi che egli ha avuto il coraggio di colpire il generale Nègrier, che occupava il più alto posto nell'esercito e che vi è il più popolare. Egli ha mostrato di meritare la fiducia che socialisti e repubblicani seppero riporre in lui nonostante la repressione della Comune. La seconda votazione sottolineò il significato della prima. Avvenne all'indomani della inaugurazione del gruppo del Lalou, e fu provocata dall'attacco vigoroso di tutta la reazione, capitanata dal Méline, ch'era tanto pili insidiosa in qu::..nto che il duce supremo era camuffato da repubblicano moderato. L'attacco tolse a pretesto lo spiegamento delle bandiere ross~ che si collegò colla presenza di Millerand nel ministero; e il pretesto si credette buono a ragg_ruzzolare voti per lo spavento che si cercò di inoculare nella borghesia, cui si voleva far dimenticare che bandiere nere e rosse vengono spiegate liberamente al vento nella monarchica Inghilterra senza che alcun socialista faccia parte del governo. · Invano ! La repubblica trionfò col soccorso della democrazia borghese, e JeaI) Jaurès, nella Petite république (n. 8618), con ragione scrive del voto: ·«Dopo il 16 Maggio è la più decisiva ba LI.aglai che abbia guadagnalo la repubblica. Essa è stata guadagnata perché la maggioranza ha acquistato la coscienza del pericolo ». Questo trionfo dovrebbe rendere pensosi i lavoratori e i socialisti intransigenti sulla responsabilità grave che essi assumerebbero provocando conflitti. E poteva provocarli la marcia degli op·e,rai scioperanti del Poubs 'Su Parigi. La reazion~ ·non· desidera di meglio che poter ripetere le sanguinose giornate del Giugno 1848, che prepararono l'assassinio del 2 Dicembre. Hanno torto i lavoratori francesi a dirsi ancora -rivoluzionari, ed a voler fare qualche cosa che somigli ad un tentativo rivoluzionario. Essi posseggono tutti i mezzi -per migliorare la propria condizione con una sana e pacifica evoluzione. Lo stesso Jean Jaurès li avverte: « bibisogna sapere usare della vittoria. Sarebbe puerilità e malafede attende1?edal governo più che non possa dare .... » Noi che altravolta abbiamo manifestato i nostri timori- che non saranno del tutto dileguati sino a quando sarà potente il militarismo - sulla sorte della repubblica, ci sentiamo rinati in questi giorni assistendo al suo trionfo. La nostra gioia non deriva esclusivamente dalle nostre convinzioni; più che come repubblicar.i, di ciò che avviene in Francia ci rallegriamo come italiani e come liberali. Jl nostro parlamento servile si potrà disonorare come e quanto vorrà; ma sino a tanto c\'le in Francia sarà viva la libertà, il trionfo della reazione tra noi non potrà essere che effimero e miserevole. LA RIVISTA. ~ · I ·primgiiudiszui l·librodelCiccotti ATTUAVEHSO l,A SVIZZERA del CiccoLLi,che si dà In premio ai nostri abbonati non è ancora messo in vendita e già ci arrivano i primi giudizi lusinghieri, che preludiano al suo successo immancabile. Ecco ciò che leggiamo nell'ultimo numero dell'interessante Rivista critica del Socialismo: << Noi, che già avemmo la grata occasione di pregus~ame sulle bozze la prefazione, attendevamo con impa- ~1enza q_uesto_volume -:- che Napoleone Colajanni offre rn premio agli abbonati della sua battagliera rivista. E l'abbiamo scorso attentamente, sentendo suscitarsi in noi una vera folla d'idee e.... di confronti: tutto ciò che la vita svizzera offre d'importante, il Ciccotti ha saputo rau?rnre in questo suo bel libro, ch'egli modestam~nte intitola note politiche e sociali, e l'ha disposto abilmente e con ordine ne' suoi sette capitoli, e l'ha rivestito d'una forma spesso brillante ed artistica, sempre tersa e correLta. Se la prefazione è uno squarcio, come si dice, d'attualità, il libro può bene rappresentare il miraggio che l'Italia da lunghi e lunghi anni ·persegue - il miraggio d'un popolo forte e sereno, tenace ed industre, che procede non certo in ogni cosa ottimamente, ma sempre all'avanguardia della civiltà. Si leggano specialmente i tre capitoli, i tre migliori capitoli del libro, (vila economica,-vita nolitica, vita sociale) zeppi zeppi di cifre che parlano un linguaggio meraviglioso - ed il confronto con-altri paesi di nostra conoscenza balzerà su agilmente, irresistibilmente. Dimenticavamo: il libro è dotalo pure d'una interessantissima c1ppendice, la costituzione federale della confederazione svizzera. Qui però, grazie al nostro paterno regime monarchico, il lettore non avrà occasione a nuovi confronti : noi viviamo senza cos~ituzione ». Per mancanza di spazio rimandiamo al prossimo numero un articolo del nostro Direttore sulla MAFIA, ed un altro interessantissimo di G. S01 rel, sullo SPIRITO PUBBLICO IN FRANCIA. LA REDAZIONE IL SIG1VOR uMAL C(>NTENTO,, Pensieri sovversivi di Bonghi, Villari e Ferraris) -------- L'ultimo numero della Nuova Antologia è davvero interessante. Accenniamo di volo all'articolo di Sidney Sonnino, che ce lo rivela sotto un aspetto incredibilmente nuovo: quello di un liberalone assai tenero del regime parlamentare! Egli, infatti, fa una critica spietata dei Decreti-legge, che, a giudizio suo, distruggono il diritto non delle sole minoranze, che poco hanno da perdere J ma sopratutto delle maggioranze ... Ma ... c'è il maledettissimo ma. Questo liberalismo non è che una g-herminella male imbastita; poichè l'on. Sonnino biasima i decreti-legge per potere colpire più ferocemente l'osflruzzonismo, che li genera .... Sicuro: la causa prima dei decreti-legge va cercata nell'ostruzfonismo. Si capisce, che se la genesi del primo malanno fosse vera, la. responsabilità del male i·icadrebbe sull' Esflrema Sinistra, che lo rese necessario coi suoi metodi ultimi per combattere i provvedimenti politici. N ori c'è che un piccJJo inconveniente nèl ragiona;,. manto dell'ex ministro del Tesoro: il padre - l'ostruzionismo - non era nato ancora e i figli - i decretilegge: alcuni dei quali battezzati e cresimati dallo stesso Sonnino ! - a molte decine se la godevano nel mondo, a spese del Parlamento e del paese! Perchè poi tanto contorcimento brutale della verita? Per venire a questa conclusione che fa a calci colle

RIPISTA POPOLARE 7JI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOClALI dichiarazioni solenni dell'on. Colombo: per impedire l'osfruzionismo, che genera - prima di nascere! - i decreti-7,egge, bisogna modificare il regolamento della Camera!! Alla buonora! tante menzognette, anche quella di camuffarsi a liberale, per farci sapere ciò che è il mistero di Pulcinella, e cioè: l'ardente desiderio dell'onorevole Sonnino di stringere i freni della discussione ... in omaggio al novissimo liberalismo! Se si vuol sapere a che cosa deve servire le stringimento dei freni e la menomazione delle libertà di discussione in Parlamento, non si può evitare un senso di meraviglia; deYe servire a scacciare un brutto ospite, che percorre l'Italia da sovrano: il signor lUalcontento ! · Credete che questo sia una creazione fantastica dei repubblicani, dei socialisti e dei radicali? Disingannatevi ; la sua silhouette potrete ricostruirla leggendo gran parte del numero della Nuova Antologia del 16 Novembre, e specialmen'e i pensieri di Ruggiero Bonghi, per la prima volta ora pubblicati, e i giudizi del Senatore Villari e del Deputato Maggiorino Ferraris. Tutti ex ministri del Re, questi pericolosi sovversivi! Ascoltiamo prima il morto ... che parla: « Non si vede se gl'ltaliani abbiano oggi mino1' fiducia « nelle istituzioni clie li reggono o negli uomini che li « gover11ano. Le prime sono assai più difficili a muta1·e « che i secondi; e la sfiducia verso le prime è più lunga « e lenta a sanare, che non quella verso i SfCondi ». Le parole di Ruggero Bonghi - furono scritte nel 1894 - sono gravi assai. Esse dicono in fondo, che gl'italiani non hanno più fede nè negli uomini - po-•· co male .... -, nè nelle istituzioni - malissimo I C'è di più : si può guarire facilmente della sfiducia negli uomini';:-ma è più lunga e lenta a sanare la sfiducia nelle istituzioni. Buon per lui che Bonghi sia morto: se no, correrebbe rischio di essere mandato a domicilio coatto dall'on. Pelloux. Dal 1894 e' è stato miglioramento nelle condizioni di Italia? Se dobbiamo argomentarne dal giudizio del Senatore Villari, dobbiamo concludere che il peggioram,mto è stato notevole, poichè egli, o'."!cupandosi dei Nuovi problemi, esce in questa grave sentenza: « Se voi percorl'ete l'Italia da un est1·cmo all'altl'O, ve- « drete regioni, uomini, società dive1•::;issime; sentirete « $U tutto e su tutti i più opposti e contradditLorii giu- « dizi. V'è però una cosa sola in cui la concordia è per- « fell~, il giudizio unanime : nel dire male del nostro « Governo. il fatto è notevole assai. Certo anche dei Go- « verni dell'Austria, dei Borboni, del Papa; dei Duchi. si « diceoa gran male; ma i borbonici almeno, i papalini, « gli austriacanti, i duchisti, ne diceoano bene, li _d,fen:.. « deoano. Del nostro invece dicono male quegli stessi che << lo hanno fondato, che ne fanno parte e ne ca1'anovan- « taggio ». Ma che abbia le traveggole il senatore Villari che scopre che del governo d'Italia dicono male - gl'ingrati I - anche coloro che lo hanno fondato, che ne fanno parte, e ne cavano vantaggio ? Il caso è rarissimo : vorremmo dire unico; ma dev'essere vero perchè, su per giù, viene alle medesime conclusioni l'on. Ferraris, che milita in un partito diverso, e che ha fatto parte del ministero Crispi, mentre il Villari fu membro del primo gabinetto Di Rudinì. Eccole qua le sue conclusioni, che, viceversa poi, sono l'esordio di un imporportante articolo sul programma agrario nazional,e: « L'Italia attraYersa un momento difficile nella sua YiLa <e: di nazione. Una lunga depressione economica, le sot'- « fe1·enze de!l'agricolLu1·a, il disordine della fii1anza e « della circolazione, la ci-isi edilizia, ~li iusuccessi della ci. politica costituzionale, i dirnrdini ctel maggio '98, la « sterilità di Governi e Parlamenti hanno c1·ealo u110 « stato di p1·ofonda ii1soddisfazio11enel paese. Malg-1·ado « i primi e lieLi indizi di un risveglio economico, il mal- « contento cresce, si estendtJ, si organi.r~a ». « Questa organizzazione del malcontento è il fenomeno « più grave, più pericoloso dell'ora presente. Esso aLlac- « ca lo Stato, minaccia i poteri costituiti, insidia le libe- « 1·e istituzioni che sono la gloria e la fortuna della pa- << tria. Le condizioni in mezzo alle quali si riapre il Pa1·- « lamento : le manifestazioni cui diedero luogo le ulti111e « elezioni amministrative: il malessere morale che co- « mi11ciaa serpeggiare, ci avve1·tono che siamo in p1·e- « senza di una c1·isidell'organismo politico e sociale della « nazione. Ad ogni istante, il probleJ1Javiene posto di- « aanzi al paese nei te1-mini cbia1·i, precisi, inesorabili, « di una loUa continua fra il malcontento e le istituzioni « 1·appresenlalive. Se queste non riaffermano il loro p1·e- << stigio, non mantengono il sopravvento, non riacquista- « no il terreno perduto, è impossibile prevede1·e 1.1uali << giorni doloros1 siano in se1·bo per il nostro paese. La « vitto1·ia delle· istituzioni rapp1·esenlalive sul malconten- « to, con;;eguita non colla forza materiale, ma colla.con- « quista morale,. dev'essere oggidì l'aspirazione e la mèla « di ogni patriota, di ogni uomo di governo, a qunlun- « que partito appartenga ». Davvero che dinanzi a tanta concordia di pensiero, nella sostanza, ed anche nella forma, ogni nostro commento guasterebbe, menomerebbe l'effetto che devono produrre, su di ogni onesto e intelligente italiano, le parole di nn morto e di due vivi, monarchici a prova di bomba, e devotissimi al Re! . Eppure ·c'è un Generale Pelloux che per restituire la fiducia nelle istituzioni rappresentative vuole ridurle al lumicino; e c'è un Sidney Sonnino, che non è il primo venuto, che per abbattere ]'organizzazione del malcontento· profondo e general,e spera nella modificazione del regolamento della Camera I Son cose da mamcom10. N01. LAGUERRDAICHAMBERLAIN Continua la sorte delle armi a mostrarsi favorevole ai Boeri e non si presta più fede alle vittorie telegra.-' fiche degli inglesi, che in fatto di mistificazioni hanno vinto il record sui decaduti latini. Noi non abbiamo bisogno di ricordare che tutte:. le simpatie della Rivista sono pel popolo che difende la propria libertà e la propria indipendenza; però ai lettori nostri vogliamo fare sentire una voce dissidente, in accordo con quella dei nostri amici Paritaleoni e Pareto, che sorge da queste due lettere che abbiamo letto nell'ultimo numero del Gio·rnal,e degli Economisti. Caro Papafaoa, Credo che il nostro Giornale debba opporsi alla intonazione impressionista che la stampa italiana - quella che almeno arriva fino a me - va prendendo a proposito della guerra tra l'Inghilterra e il Transwaal. Vi ha chi considera la guerra come il prodotto abbominevole del capitale inglese. Vi ha chi la considera come il cozzo di due civiltà inconciliabili. Vi ha :chi ne fa una guerra per la santa indipendenza politica, che gli Stati Sud-Africani combattono contro l'Inghilterra, come noi facemmo contro l'Austria o, meglio ancora, gli Americani fec~ro contro la stessa Inghilterra. Altri s'intenerisce idillicamente delle abitudini pastorali e semplici dei Boeri. Ammetto che tutti questi sieno elementi secondari della questione, e capisco che· ognuno apporti ai Boeri una corrente speciale di simpatia. Sopratutto vedo, di qua e di là dell'Oceano, che coloro che hanno l'odio istintivo del capitale e della ricchezza sono contro gl'Inglesi, i quali hanno saputo trovare e slruttare in Africa una sorgente grande di ricchezza nuova. Sfrondando ora la quistione, sia delle considerazioni filosofiche troppo alte, sia da quelle sentimentali troppo piccole, a me pare che il punto assorbente sia questo : che i Boeri essendo una minoranza pretendono di vivere nell'ozio pastorale e guerriero, tenendo tributariamente e politicamente soggetta la maggioranza

'R)Y1S1A POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI 185 della popolazione, quella che lavora, produce e paga tutte le imposte, altissime, e non ha diritti politici ! Si trova di nuovo in giuoco il vecchio principio finanziario-politico, pel quale i popoli anglo-sassoni hanno fatte tutte le loro rivoluzioni interne ed esterne, hanno creata la loro storia, formata la loro costituzione: « no taxation withoid representation » oppure « taxation without representation is tyranny ». I Boeri avrebbero potuto vivere chiusi in sè senza il contatto con la éiviltà di fuori, vietando l'immigrazione e l'esercizio di miniere d'oro nel loro paese. La civiltà avrebbe pazientato più a lungo, e rispettata forse questa forma di mania collettiva. Ma è affatto inconcepibile, sopratutto in un paese di nuova formazione, che si permetta rimmigrazione di liberi uomini, si riconosca ad essi il diritto di possedere e di lavorare, a patto di non diventare cittadini dello Stato, quando dello Stato sostengono tutte le spese. Ecco il perno de1la quistione. Quindi non comprendo che cosa significhi la frase, che la civiltà inglese, industriale e capitalistica, vada a distruggere la civiltà boera, agricola e pastorale. Non intendo perchè i Boeri non possano continuare ad essere pastori quando diventeranno anche contribuenti del loro Stato ; nè vedo come gli altri che vogliono avere un controllo nella gazzarra delle spese pubbliche, di cui essi soli sostengono il carico, debbano o possano o abbiano interesse di far leggi per distruggere l'agricoltura e la pastorizia dei Boeri. Essi vogliono distruggere un privilegio tributario e politico, che è un anacronismo : non vogliono di più e non vogliono di meno. Che il motto « no taxation without representat'ion » si risolva praticamente nella difesa del lavoro e del capitàle inglese, è ovvio, poiché quel principio ha sempre appunto significato difesa della proprietà contro la spogliazione tributaria. U fatto che il capitale è inglese spiega, ma non giustifica, l'intervento armato dell'Inghilterra. Nondimeno questa guerra sostituisce la rivoluzione interna, che gli outlanders da lungo tempo preparano contro la spogliazione tributaria delle classi dominanti. Mi crede di Lei New York, 18 ottobre 18:J9. Dev.mo A. DE VITI DE MARCO. Cciro De Viti, Le sono vivamente riconoscente della sua lettera. È un 'altra molto autorevole doccia d'acqua fredda « per i boerofili. Di questi, alcuni capiranno e rinsaviranno ; altri si ribelleranno alla « scienza senza cuore » che parla di capitali e di tasse e di vili interessi materiali, mentre sono in gioco l'indipendenza e l'onore <li una nazione, sia pur piccola e un po' boera. Hanno torlo, ma non posso fare a meno di confessare che ho per essi un debole. Sono impressionisti e ignoranti, ma sono anche generosi e idealisti. Se io avessi un figlio grande lo vorrei boerofi.lo ; poi lo manderei a lezione da Lei, e sarei sicuro eh' Ella gli metterebbe la testa a posto senza « cavargli il cuore », Perchè di anglofili ve ne sono di due specie: v'è chi nell'estendersi della potenza inglese vede l'estendersi della civiltà, della libertà e della giustizia; e v'è chi sta coll'Inghilterra unicamente perché è la più forte di quattrini o di cannoni. La prima gente è saggia, la seconda innominabile. La gioventù delle nostre classi popolari sta coi Boeri perché è ignorante e generosa. Conosco qualche giovane delle classi alte che sta per gl'inglesi perché è ignorante e vile. Ella continui ad illuminare la gioventù della prima specie, e che quella della seconda vada (ma non ci va !) a combattere cogli Inglesi e che qualche buona palla ce ne liberi. Mi creda di Lei 31 ottobre 1899. Dev.mo F. PAPAPAVA. Associandoci all'augurio del Papafava fatto agli ignoranti e vili delle classi alte che parteggiano per gli inglesi ci confortiamo della difesa che il De Viti De Marco fa della causa del rinnegato ministro della regina Vlttoria apprendendo ciò che ne pensano alcuni inglesi! Abbiamo atteso con viva impazienza la Revie:w of reviews; ma vi abbiamo trovato tanta buona r0ba sulla quistione che dell'attesa ci sentiamo largamente compensati. Lo Stead - che più in là ripro foce i pareri opposti delle più autorevoli riviste inglesi e nord americane - nel Progres of the World comincia col constatatare che nel mese non c'è stato progresso, ma regresso; dovuto a quella che in un altro articolo chiama caratteristicamente la guerra di Chamberlain (1). Poi soggiunge: « La maggiore disgrazia dell'Inghilterra è che la coscienza della sua· maggioranza non sente la vergogna della sua politica. Ciò che indica la grande decadenza . della nazione. « L'orgo~lio del pote1·e, l'insolenza della ricchezza, l'arroganza dei Farisei t.utto cospi,·a a rendere irresistibile l'attuale movimento in favore della gue1Ta alla superficie. « Dobbiamo saccheggiare gli annali della storia recente per trovare un paragone colla cecità morale di una grande nazione. E il pa,·agone lo si trova nella cataslrof~ del ~econdo impero a Sedan. « E cnratteristico il silenzio sulla guerra col Transwaal del Congresso della Chiesa Anglicana tenutosi in oltobre. Pare che la leg~e, la giustizia, il diritto, la pace non siano rnaterie di cui esso dovesse occuparsi! « lii tanto un certo con fol'to c'è nella leltura del discorso che lord Rea y indirizzò ai membri dello Schoot Board di Londr-a. Due punli vi furono nolevolissimi: 1° quello sui pericoli che so1·gono dall'Imperialismo che comprende vn1·ie razze; 2° '1uello sulla nccessilà della educazione della democ,·azia. « Una democrazifl ineducato, egli disse, una democrazia senza il senso del pubblico interesse costituisce un pe1·icolo. E più g,·ande è l'impero, maRgiori dE'Vono essere le virLù per mantcne1·lu p1·ospero. l,..lucstc virtù sono più necessarie pe1· mantenere che pe1· conriuistare un impero. [I pro9resso morale poi pel' una noz10ne è più interessante ctel progresso maleriale, come, del pari, è più indispen'" sabile il coraggio morale di quello materiale >>. Nell'altro articolo - La giierra di Chamberlain - dedicato allo stesso argomento l'intrapresa inglése viene considerata come una guerra di pirati. Vi è staffilato lord Roseberry prima l el suo silenzio criminoso, e poi per la lettera grottesca che poteva scriversi solo nel caso che i nemici f ssero alle porte di Londra, e il governo che si rifiutò di risp mdere alla onesta domanda del capo dell'opposizione, Campbell-Bannermann: è vero che l'im,pero brittannico si abbassa ad indire la guerra ai Boeri per vendicare la disfatta di Jv:ajuba? Lo Stead, riassumendo i fatti, ritorna sulla malafede di Chamberlain, che rEse inevitabile la guerra, e deplora, col corrispondente del Telegraph, che uomini dello stesso colore, della stessa razza, e con le stesse credenze religiose vadano a combattere contro i Boeri, che suscitano l'ammirazione per la loro semplicità e per la fede colla quale al campo di Volkrust intonano salmi e preghiere col fucile in mano. Infine, paragona i Boeri ai Greci di Atene e di Spar~ ta, che a Maratona si levano in difesa della civiltà contro l'invasione asiatica, e si associa al Daily Chr·.- nicle, che li paragona ai Tirolesi combattenti per la indipendenza contro N apoleon!:) I, ed agli Svizzeri combattenti per la libertà contro gli. Absbm·go ! ... * * William T. Stead non contento della santa campagna contro il proprio governo, condotta nella Re:vie:w of revie:ws, ha scritto e diffuso diversi opuscoli popolari e pubblica ogni settimana il giornale: Guerra contro la guerra nell'Af1·ica del Siid. Onore a lui! LA RIVISTA.· (i) Ci sorprendiamo come eg·li non abbia ricordato che anche l'Imperatrice Eugenia volle sa giwr1°c: quella che terminò a Sedan ! Dr. Napoleone Colajanni: Per la Raz.z.aMaledetta, L. 0,50 Id. Mouvemwts sociaux en Italie » 1,- ld. La gra11debattagZiadel lavoro » o, 75

186 1,tIP'ISTA POPOLARE Dl POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALl CECILJOHN RHODES A quest'uomo, che ha richiamato su di sè l'atten - zione del mondo intero, che in questo momento è fatto segno alle maledizioni degli amici della race e all'ammirazione degli imperialisti, W illiam Stead ha consacrato un magnifico Ca1·acter Sketch nell'ultima Review of Revie:ws. Lo scluzzo che il valoroso pubblicista inglese dà del suo concittadino non potrebbe essere più interessaute, e noi ci auguriamo che qualche rivista italiana, che dispone di maggiore spazio vorrà Jarlo conoscere per intero al nostro pubblico. Lo Stead, il flagellatore inesorabùe di Chamberlain, ravversario :fierissimo della guerra contro il Transwa1, è un amico intimo dall'infanzia ed anche un ammiratore di Cecil Rhodes, che ci presenta sotto aspetti che ci uano del tutto ignoti. Rhodes, egli dice, era la persona più stimata e più apprezzata da Glrdon - il Bajardo della nostra generazione - che lo voleva con sè nel Sudan ; ed era degno di tanta :fiducia. Rhodfs è un milionario con grande immaginazione, che non conserva i milioni, ma li spende. Rhodes è un socialista pratico, un socialista imperiale, che ama i fanciulli, i poveri, i lavoratori ed anche gl'indigeni pei quali ha fatto in Africa più che non abbiano fatto i missionari. Per. avere un'idea di quelle che sono le sue credeme morali e religiose bisogna raffigurarsi un uomo che abbia un pò dei ferrei puritani di Cromwell e di un imperatore della vecchia Roma, al quale amalgama si aggiunga un poco d'Ignazio di Loyola. È darvinista, ed il suo supremo ideale è l'Impero. È un grand'uomo di cui è stato trascurato lo sviluppo etico. La mancanza di questo sviluppo etico lo espone alle stesse tentazioni, innanzi alle quali soccombettero Ignazio di Loyola e i suoi successori. Loyola credeva, con intenso ed appassionato ardore, che la Chiesa Romana fosse destinata a salvare il mondo: rinforzare la Chiesa, estenderne il dominio e sopprimere tutti coloro che le si ribellavano, divenne la sua morale suprema; e per raggiungere questo fine la questione dei mezzi fu una questione di dettaglio trascurabile. D'onde il Gesuitismo e la sua dottrina del fine che giustifica i mezzi. Lo stesso si dica di Rhodes. Egli è il Loyola della politica. L'estensione dell'influenza e dell'autorità della razLa inglese, il mantenimento della sua unità, sono cose, per lui che mettono nell'ombra tutto il resto; e per raggiungere questo fine egli non ha. scrupoli. Ma la grandezza di Rhodes emerge dalla generosità che ha mostrato verso Chamberlain, salvandolo nell'affare Jameson, e assumendo su di sè le più odiose responsabilità, che non gli ~pettano. La Commissione che esaminò l'affare Jameson dichiarò che Charnberlain era assolutamente innocente. Da questa decisione naturalmente deriva che Rhodes è, quindi, un bugiardo, un masnadiero, un uomo che ha tradito i suoi superiori e ingannato i suoi subordinati. Ma c'è un uomo che sa che tutto ciò è falso e quell'uomo è Chamberlain, a cui fu mostrato il documento rivelatore. Perciò Chamberlain appena si sciolse la Commissione che esaminò l'affare J ameson, corse al suo posto in Parlamento e dichiarò due volte, nei termini più energici, che nulla era provato che potesse offendere menomamente l'onore di Cecil Rhodes. Intanto questo è chiaro: se Chamberlain è innocente, Rhodes avrebbe dovuto agire nel modo più disonorevole. Gliscritti diMarx, EngelsLassalle Prosegue regolarmente la pubblicazione degli Scritti di Marx, Engels e Lassalle diretta dal Prof. ETTORE CrcCOTTI ed edita da Lu1G1 MoNGINI (Roma, Via delle Colonnette, 9). La raccomandiamo ai nostri lettori. L'EVOLUZIONE DELSOCIALISMO E IL CONGRESSODI ANNOVER Qual' é il significato del congresso di Annover e del volo con cui si é chiuso f Chi per giudicare abbia atteso di leggel'e le a1upie relazioni del Vorwèirts non può ac,eltare nessuna delle due opinioni subito espresse in base ai telegrammi degli altri giornali. Non é vero infaui che, come ha deLLola Gazzetta di Vene~ia, il socialismo « abbia respinto ogni idea di autorevisione dei prop1'i p1·incipi elevando a dogma intan:,,ibtle la teoria di Marx, rifiutando di modificarsi a se :onda dei tempi e metlendo a la porla la scienza>>,e non é neppur vero che, come prima disse l'Avanti, « il riformismo sia finito, elle su questo argomento non ci sia più tempo da pe1·- de1·e e che la battaglia non possa esse1·e ripresa». Lo Ila dimostrato dal punto di vista pratico nella Critica Sociale Filippo Turali, meLLendo in luce con l'usala acutezza che il risultato significante del Congresso é stato l'af.:. fermazione della necessità di conciliazione fra i due opposti indirizzi del rivoluzionarismo ad oltranza e del i-iformismo borghese addormentatore, del resto ugualmente necessari: rimane a Yedersi quale ne sia il risultato e il significato teorico. La questione é importante e non solo pei socialisti, ma per gli studiosi in genere dei fenomeni sociali, perché, é inutile rico1·darlo, la discussione di Annove1· non é stata che il lllaggior episodio della lotta che da lungo tempo ferve nel seno del socialismo fra i marxisti da un lato e i maloniani, i fabiani, i possibilisti, i seguaci del Merlino, del Sorel, del Bernstein da l'altro intorno alle basi scientifiche del socialismo. Gli uni e gli altri considerano la socializzazione della produzione come un ideale destinato a diventar realtà nell'avvenire, cioè sono socialisti : il dissenso riguarda, oltreché il tempo e i limiti, sopratutto il modo come avverrà o diverrà 1.aldsocializzazione ( 1). Ora che ne è, dopo tao ta discussione, delle due concezioni avversarie f Vediamo di rispondere dal punto di vista obbiettivo d'osservatori di questo interessante fenomeno che è la evoluzione del socialismo. * * * Cominciamo da la concezione marxistica, intendendo così quel marxismus vulgaris che ha avuto corso finora presso i socialisti e non rappresenta esattamente né le idee del Marx, né quelle del programma di Erfurt, né quelle dell'uno o dell'altro mal'Xista, ma un po' di tutte e tre. Esso ha affermalo la fatalità, la necessità, l'inevitabilità (Ferri) immanente e oggettiva del socialismo fondandosi su le quattro tesi che tulli sanno: inlorno a queste s'è aggirata la discussione e per vederne il risultato basta vedere che cosa dicano e ammettano non o-li avversar-i di questa concezione, ma i neutrali da lo Stolten al Katzenstein, o ancl1e i difensori dal Bebel al Kautsky. Naturalmente io non posso che accennare. Il punto più debole è parso essere la tesi dell'immiserimento. Già le distinzioni, sottili nella loro giustezza del Kautsky fra mise1-ia assoluta e relativa, fisica e sociale, mostravano l'insostenibilità della interpretazione volgare di quella tesi: anche dopo di esse però il Katzenstein e lo Stolten, per nulla affatto Bernsleiniani, pur ammettendo che vi sono tendenze a crescere come a diminuire a seconda degli strati sociali e del momento d'evoluzione che si considera, hanno creduto doYersi concludere che in complesso l'immiserimento ist eine Tenden:, keine Thatsache e che, neutralizzato da altre tendenze,« in complesso diminuisce». E i marxisti hanno accordalo almeno ciò, che invece di una certezza é questo della miseria crescente un complesso problema. Non diversamente per la teoria delle crisi. Già_il Bernstein aveva a la vigilia del Congresso dichiarato nel Vorwarts che« non aveva mai inteso dire che non siano possibili g1·osse crisi e una catastrofe, bensì mettere in dubbio se dobbiamo in tempi prossimi aspettarci una tal crisi e mettere innanzi il fatto che con l'alla1·gar$i del mercato a tutto il mondo e per altre cause la tendenza a la (i) Lascio quell'altro punto di dissenso che rigua1·da la fo1·ma della tutura organizzazione socialistica.

RIVIST.A.POPOLtf.REDI POLITICA LE1TERE E SCIENZE SOCLALl catastrofe diventa sempre minore». E su ciò parmi in fondo siano stati tutti d'accordo: si é messo da tutte parti in ridicolo il g1·ande Kladderadatsch già annunziato dal Bebel e il Kautsky ha detto che la teoria catastrofica sarà nel socialismo volgare, ma non è nel programma di El'furt: . ~uanto a le crisi l'accordo é stato quasi completo nell ammel.tere che sono certo una tendenza del regime capitalistico, ma anche qui altre tendenze, l'allargarsi del ine1·cato, i trusts ecL., la neutralizzano, si che a11cl1equel delle crisi é per ora non una ce1·teaa, ,na un problema (David). In previsione fors,i di questi 1·isultati il Kautsky avea già detto che la teoria delle crisi non é essenziale a la concezione ma1·xistica : ed è giusto. Non so se possa dirsi altrettanto della leoria dell'immiseriment<J : certo non si può dire di quelle che sono le vel'e basi della dottrina 1narxistica, la concentrazione iudusl1·iale e l'accumulazione capitalistica. Questi i pomi della discordia, intorno ai quali aùclie l'ombra di uu accol'do era enormemente difficile. Eppure .... Quanto a l'accumulazione capitalistica il Bernslein ha iuteso, secondo cl1'egli ba detlo nel suo libro, p. 52, e nel citalo articolo del Vorivélré;;, combattere la superstizione, die Aberglaube, che il futuro sociale dipenda da la coucentrazione della ricchezza nelle mani di un numero sempre minore di Kapital-Mammuth: il Kaulsky da l'altra parte, pur negando il crescere, in proporzione a la popolazione, dei piccoli e medi possessori, non ha potuto negare che i magnali del capitale sono lungi da l'andar dimi1JUendo, come VOl'rebbe il marxismus vutgaris. E quanto a la concentrazione industriale che dicono gli a,ntimarxisti f Dicono anzitutto che è certo l'allargarsi d<>llagrande, 1na é affatto improbabile e forse impossibile l'annunziata scomparsa della media e della piccola industria. Ora che altro ammellono quelli che da l'Hobson al Vanderwelde e ad Arturo Labriola pansano che, sono parole àeìl'ultimo, « bisogna assuefarsi al pensiero di un collellivisrno parziale»? .· Resta la g1·an questione della progressiva diminuzione della media e piccola indust1·ia e della medi I e piccola proprietà, cose ben distinte, di cui l'una rappresenta la condizione ecomica, l'altra la condiiione psicologica del socialismo. I dissidenti, quando non la negano, l'ammettono tanto lenta da rimandare quasi a l'infinito non la spa1·iiione a cui non Cl'edono, ma una tale diminuzione da 1·ender possibile l'espropriazione violenta degli esproprialori, di cui pada il MaJ"X.E i marxisti? Essi accordano col Kautsky che la teo1·ia marxistica esposta nel prog1·amma di Ed'urt 1100vale pe1· certe forme <:li produzione, vielteicht, zum B .. niché fur die Agrikultur, forse, come c1·ede il Loria, non pe1· l'agricoltura: e quanto al resto negano assolutamente clic vi sia proporzionalmente a la popolazione un aumento della media e piccola industria e dei medi e piccoli posse;;sori di 1·icchezza, ma ammeLtono clte « la diminuzione non Ya operandosi né con la regolarità né con la 1·apidità che alcuno aveva previsto». Ed è qui in f[Uesla realtà e rapidità e universalita della diminm.ione il puncéivn saliens della lotta fra le due parti : ma chi oserebbe dire che è questo un problema risolto f Anche questa come quella della miseria crescente e delle crisi, auzi questa sopratutto è la questione aperta per eccellenza. Quali le conseguenze di tulto ciò? Si deve con~ludere che le te;;i fondamentali del marxismo sono ornai dimostrate false'? No: questo solo parrni potersi concludere: clte esse rappresentano tendenze dell'odierna evoluzione economi.-:a, le quali, bilanciale da alt1·e, è dubbio se e Ano a che punto sono o diverrallno fatti, che quindi non si può parlare di leorie scientificamente provale, ma al più di i1-10Lesio meglio di questioni e di problemi, che infine la concezione marxistica dell'avvento del socialismo, dinanzi a le nuove esper-ienze sociali, non ha più quel cal'altere di eerée:za scientifica che le è stato riconosciuta pel lungo tempo che si è parlato di socialismo scienti fico. E la con<:ezione avversaria'? Quella espressa nei libri d.:llM'edi110,del Sorel, del Bernstern e nei discorsi del David e del Woltmann più che una teoria del come avverrà, è una teoria del conie diverrà o meglio del come diviene il socialismo: « il principio socialistico agisce già ora» ha detto il David. Dove? AnziluLto nella crescente organizzazione sociale della grand0 industria sotto l'azione dei sindacati operai e della legislazione del lavoro: non significa appunto il socialismo regime sociale della produzione? Ma non si esprcpria nulla, si dice, della proprietà privata. Non é vero, risponde il David. Che é proprietà 1 Il diritto di far quel che si vuole di una cosa. Se ciò si tien presente, si accorde1·à che vi è un'espropriazione non solo nel senso esteriore di togliere la cosa, ma in quelìo anche di ridurre progressivamente il diritto. QuandfJ si limita la facoltà di servi1·si delle macchine si compie una vera espropriazione: anche il Marx 1·iconosceva che il bill delle 10 ore segna il trionfo di un principio; e il principio è che vi ha un diritto sociale sui mezzi di produzione, cioè il principio economico del socialismo. Que;;Lo per la grande induslria. Quanto alla media e piccola industria e proprietà, che credono non destinata a scomparire, il principiq socialistico trionfa e trionferà con le cooperative. Il socialismo significa fine della separazione fra capitale e lavoro: che altro è la cooperazione~ Col crescere della fo1·za economica e politica del proletariato eRso assorbirà una parte sempre maggiore della ricchezza e crescerà quindi il movimento cooperativo: la cooperativa é la cellula, è la Hauptgrundlage di quella parte della società avvenire, che non po· trà forse diventare socialistica. Infine il principio politico del socialismo agisce già nell'azione politica del proletariato che prepara progressivamente la democrazia sociale. Solo quando esso sarà così organizzato politicamente e in doppio senso, gewerkschaftlch e genossenschaféltch, economicamente e avrà roso ab intus la proprietà capitalistica, sarà possibile ed utile un colpo di mano. « llsocialismo non avverrà in seguilo a una violenta soppressione della proprietà capitalistica, ma questa sarà tolta quando il socialismo sarà in allo grado già formato>>. E una concezione ottimistica di fronte a la pessimistica, una concezione evoluzionistica di fronte a la catastrofica e rivoluzionaria dei marxisti. Non più la visione tetra del concentrarsi delle industrie e delle ricchezze in poche mani e della proletarizzazione e immiserimento generale e delle crisi sempre crescenti e sempre più rovinose fino a la gran catastrofe, durante la quale il proletariato s'impadronirebbe del potere ed esproprierebbe gli espropria tori: ma la rosea visione di un'evoluzione lunga, durante la quale per opera del proletariato triplicemente organizzalo il principio socialistico i11taccherà e penetrerà da tulle le parti l'edificio capitalistico, sì che in ultimo basterà un piccolo crollo per far cadere l'impalcatura esteriore che solo ne sarà rimasta per mettere in luce l'edificio socialistico sollo quella celato. Dinanzi a tale concezione i socialisti si chiedono se, dato il salire co11tinuo della classe operaia e l'indefinito perdu1·are della media e piccola industria e p1•oprietà e 11 fio1·irc delle cooperali ve, reslereubero veramente le condizioni economiche e sopralullo le condizioni psicologiche per la realizzazione del socialismo: donde le loro diffidenze verso i crisisti che pur si dichiarano altamente socialisti. Qui tale questione non importa: qui v'è luogo solo a chiedersi se o no, qualunque ne possano essere le conseguenze, la verità della nuova concezione dell'evoluzione economica é stata dimostrata. E questo non parmi si possa affermare: certo si presenta più della marxisLÌC'a in armonia coi fatti che offre il momento presente nei paesi più progrediti, per es., l'Inghiller1·a, ma molte obbiezioni restano ai marxisti contro il valore generale di essa. Io non riassumerò qui tali obbiezioni: basle1·à notare che, finchè il problema della media e piccola industria e proprietà e gli altri sopra visti resteranno come son ora problemi, se ciò infh·ma d'un· punto interrogativo la concezione marxistica, non può non infirmare ugualmente anche l'evoluzionistica che su una diversa soluzione di quei problemi si fonda. * * * Tale è lo stato della questione dina11zi a la scienza e dinanzi al Congresso: i crisisli sono riuscili a togliere a la concezio11e marxistica la certezza se enti.fica clte le era stata allribuita, ma non l'hanno dimostrata fal;;a sostituendo a? essa ~n'allra e diversa certezza scientifica. La causa d1 tale rncertezza é non ta11lo nelle menti quanto nelle cose: la conciuista del mercato mondiale le grandi leghe capitalistiche, l'espandersi della coope~ zione, l'economia degli alti salari e molli altri fatti hanuo

188 RIPIST4 POPOL.AR..EDI POLI"IIC4.LETTERE E SCIENZESOCI4Ll reso il moto odierno infinitamente più vario e complesso di quel che era cinquan L'anni fa, quindi infinitamente più difficile l'afferrare la sua direzione dominanle: l'aver· mnanzi diversi popoli in gradi di sviluppo diversi rende ancor maggiore tale difficoltà e quindi l'incertezza. Ora, se questa condizione di cose comincia a far dubitare a< qualcuno dei teorici del moto proletario se veramente si vada verso il socialismo e a far i11travvedere nuovi orizzonti socialistici, così studiando il fenomeno li ha ' chiamali Enrico Leone, che viceversa nulla hanno più d1 socialistico, è ben tanto più naturale che incertezza vi sia circa il modo di divenire e i limiti del socialismo. Così stando le cose, che doveva, che poteva fare il Congresso~ Evidentemente null'altro che mantenere lo status quo ante, e nello stesso tempo lasciar apeI"te le porte, percl1è, come ha detLo lo Sto!Len, la prova contro il marxismo, non è stata data, ma potrebbe esser data nell'avvenire. E tale è uno dei significali, se ne vedrà un secondo, dell'ordine del giorno votato: « L'evoluzione _della società borghese non ha dato sinora ragione al par-lito di rinnegare o mutare le sue idee fondamentali su queJl.a evoluzione » ect. La sostituzione, nell'ultimo paragrafo in cui si ripete non esservi ragione di mutare, die Grundsatze e Grundforderungen al das Pro[Jramm originario accentua ancor più il carattere dell'ord111e del giorno: qual meraviglia che il Bernstein, il quale nell'articolo citato negava di volere un nuovo programma, abbia accettato una mozione in cui non si escludeva la revisione possibile del vecchio f In conclusione tacitamente o espressamente, consciamente o. no si è ammesso, parmi, da le due parti che il partito come tale si attiene a la concezione marxista interpretata con larghezza, perché 12er ora non è dimostrata falsa e non ce n'è altra scientificamente provata da sostituirle. Questa la conclusione. E, se essa pare indebolire il socialismo come corrente scientifica, certo non lo ,.tocca come partito d'azione: già da lungo tempo nella pratica esso segue, come ha detto il Turati, la tattica media fra il rivoluzionarismo ad oltranza, che sarebbe la logica conseguenza dell'indiscutibile certezza del marxismo, e il riformismo borghese che sorride a qualcuno dei dissidenti: in pratica cioè si è fatto come se si fosse sempre ammesso quel che ora soltanto si comincia ad ammettere in teoria. Invece è innegabile che ciò indebolisca la posizione scientifica a cui ha preteso il socialismo. Esso ha creduto avere nella teoria marxistica una doUrina scientificamente certa del come avverrà il socialismo e ora la vede invece infirmata da un gran punto d'interrogazione senza che la concezione avversaria si presenLi con tal grado di certezza scientifica da potersi a quella sostituire; la conclusione è una sola : che al presente non v'è certezza scientifica circa il quanto e il come av-, verrà o diverrà il socialismo. Ed è questo che ora si tende a pensare nel seno stesso del socialismo : non solo, ma si tende anche a credere che quel che si dice del modo di avvenire o divenire si può e si deve ripetere circ& l'affermala immanente oggettiva necessità fatalità e inevitabilità del socialismo, sia dedotla da la teoria marxistica della storia, sia indotta da lo studio dell'odierna evoluzione economica. Dal Sombart, che ritiene « dubbio che quella oggettiva necessità si possa scientificamente provare», al Colajanni che crede il socialismo un ideale, ma « non sa, con certezza scientifica s'intende, se come e quando sarà realizzato», dal Croce che discute « la possibilità di una conoscenza scientifica di fronte ai programmi sociali )) ad Arturo Labriola di cui è a leg~ere le, scritto .pubblicato su la Reoue Socialiste {Juin •~9) intorno al libro del Bernstein, dal Merlino al Sorel e al Bernstein e a tutti i loro seguaci, ornai è generale la tendenza a ritenere ehe non vi possa essere o almeno non vi sia ora certezza scientifica nè intorno a la oggettiva immanente necessità dell'avvento, nè intorno al quando, al quanto e al come avverrà il socialismo (1). Di qui la novissima concezione del socialismo. Esso resta lo stai.o sociale ideale per quelli che credono che l'emancipazione del proletariato, l'aboliz:ione delle classi J:' (1) Parallela a queste è la tendenza a dubitare si possa scientificamente provare che il socialismo darebbe una maggior produzione e un maggior benessere che non un'economia veramente individualista e liberista. V. Rnrico Leone Nuovi Orizzonti del socialismo Grit,_ Soç. 1 Ott. '90. e la miglior distribuzione della ricchezza, in esso implicite, la vincano sui pericoli e danni che ne attendono gli avversari. Non sa,·ebbe possibile dimostrarne scientificamente la immanente oggettiva necessità e forse neppur l'rndiscutibile capacità di dare una 1r.aggior produzione e un maggior bencs;;ere che una società ve1·a- 'mente individualistica e liberista, quale non è l'attuale, ·ma non sarebbe neppur possibile dimoslrè!1·ne l'im possibilità e il danno: invece vi sarebbero argomcr.ti per credere a la possibilità o probabilità e a una relativa utilità economica, tulti quelli che non bastano a provare la necessità e l'incontestabile utilità. Lo stesso è a dirsi quanto ai limiti di realizzazione di esso: chi può sapere oggi se o no la piccola e !Tlcdia proprietà e indust1·ia dovrà, potrà e sarà utile che sparisca~ A11cbequi vi potrebbero essere solo argomenti di probabilità in favore di una parziale o totale socializzazione. Quanto al modo come fJUesto ideale ritenuto possibile potrà diYe11ta1·e realtà, qui pure non vi sarebbe cerlezza scientifica, ma ragioni per credere e pronunziarsi in favore o della teoria marxistica, come ha fatto la maggioranza del congresso, ed è questo un secondo significalo del suo volo, o dell'avversaria; non avendo la soluzione valore di dogma, sarebbe poi logico nella tattica tener conto, come illogicamente dal punto di visLa strettamente marxistico si è fatto sinora, delle conseguenze pratiche di entrambe, seguendo la media via fra il rivoluzional'ismo e il riformismo segnala dal Congresso. In una parola il socialismo sarebbe non una certezza scientifica, ma una ipotesi .fondata su argomenti scientiJfoi: « per modo che, concluderò con G. Gentile (La filosofia di Marx p. 47) se vuol dirsi scientifico non più utopistico il rr:oderno socialismo, si dovrebbe intendere solameo te nel senso che esso a differenza delle utopie s-ià tramontate, si rivolge non più a ideali metafisici d1 giustizia o a forme di società concepite a norma di sistemi filosofici, ma alla cri tic a economica delle condizioni sociali, non già nel senso in cui più spesso si adopera, cioè di socialismo che ha la coscienza scientifica della propria necessità ». *** . Questa parmi essere l'evoluzione teorica del socialismo odierno. Essa potrà ai dogmatici socialisti ed antisocialisti sembrare per lo meno una diminutio capitis ; ma, a chi ben consideri lo stato attuale della sçienza e dell'evoluzione s0ciale, la rinunzia a la scientificità, nel senso dogmatico a cui finora ha preteso, parrà invece dare al socialismo la più forte posizione scientifica, ... poiché è l'unica possibile. Come si può infatti, nello stato presente, ripeto, della scienza e dell'evoluzione sociale, sfatale le teorie aprioristiche di filosofia storica che pretendevano determinare il corso necessario della storia, fra tante e si di·:erse tendenze sociali che fanno come si è visto di ogni affermazione un p,roblema, come si può dir di sapere, nel senso scientifico della parola, qual' è e quale sarà necessariamente il corso di quella evoluzione ~ Tutte le teorie avveniristiche non sono e non possono esseie che a!Lrellanle ipotesi, fondale più o meno (qui e la differenza) su argomenti scientifici: è tale é anche il socialismo.La vera questione è se o no esso sia più delle ipotesi avver-sai·ie fondato scientificamente e, se si, quale delle teorie socialistiche raccolga maggior copia di argomenti scientifici; ma, qualunque sia la solu·r,ione, né socialisLi, nè antisocialisti, nè ma1·xisti, né crisisti hanno dirit~o di trasformare in certezza scientifica la loro credenza, anche quando sia stata riconosciuta la più scientificamente fondata. Su la via del riconoscimento di questa vel'ità ha fatto un gran passo il partito socialista con la discussione che ha condotto al voto di Annover e ques~o mi è !:embrato il lato più importante dell'importante congresso. Prof. PIETRO .FONTANA. D~immùiente pubblicazione: J I problema fin nziario taliano DEL Dott. NAPOLEONE CotAJA?-lNl Deputato al Parlamento. Elegante opuscolo di pag. 80 - Prezzo: cent. 75

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