RIVISTA POPOLARE 'DI POLITICA LETTERE E SCIENZE SOCIALI PER UN UOMO Non è un generale che salvò la patria, vincendo una battaglia col sacrifizio di uomini, che la storia e le umane convenienze chiamano nemici, - non è un uomo politico che governò la patria col carcere e la fame, la legge e l'imposta, - non è un facil parlatore, che con la magia dell'eloquenza, si trasse dietro le turbe ignoranti, colui al quale s' è innalzato, un monumento, a Vienna. "'·~,:4i1 Era uno sconosciuto: e la festa, in una bella fgiornata di sole, è stata silenziosa. L'Agenzia ufficiale ne ha dato notizia? i giornali hanno informato i lettori? qualcuno l'ha ricordato? Il Prof. Miiller era ed è restato, nonostante il suo sacrifizio, uno sconosciuto. L'anno scorso si sparse terribile, la notizia che a Vienna era scoppiata la peste. In breve nella capitale austriaca il panico fu indescrivibile, il governo prese misure rigorosissime, incominciando dall'isolazione dei colpiti. Ma con questi disgraziati, in nome della scienza, dell'umanità, dovevano chiudersi dei medici. Qui laacio la parola al direttore dell'Ospedale Francesco Giuseppe : « Quando annunziai al Prof. Miiller che spettava a e lui il terribile compito, tremavo. Egli invece s'inchi- « nò silenziosamente, fece i suoi preparativi, andò a « casa, tornò ..... • . Nella trepidazione spavent.evole di quei giorni il popolo, nessuno, pensò al pericolo del giovane medico, il quale - annunziarono i giornali - lavorava e per la cura degli ammalati e per la disinfezione con una tenacità selvaggia. Un colpito della peste guarì, Vienna fu salva dal morbo desolante, il Prof. Muller morì. Compiendosi l'anno, per iniziativa di anime buone, un modesto monumento è stato elevato alla memoria dell'eroe. Non discorsi, ma ricordi semplici ed affettuosi; non personaggi ufficiali con decorazioni, ma amici e confratelli; non bandiere, non folla, non musiche. Fiori si, anzi corone di fiori: e fra queste una di crisantemi, il triste fiore dei morti, portata lì, silenziosamente, da uno sconosciuto e consegnata ad un inserviente. Il nastro nero non aveva che una frase: In tiefsten Wehrmd. Io non so, io non oso tradurre questa breve espressione, che vorrebbe indicare un dolore cupo, profondo, disperato, che vorrebbe svelare una esistenza spezzata irrimediabilmente, senza speranza, per sempre. - Ma che ha fatto questo mediconzolo insomma? - Era giovane, aveva innanzi una carriera che poteva, anzi doveva percorrere luminosamente - Eppoi? - E morto, sacrificandosi. - Curando un ammalato ? - Ma sono cose che succedono! So bene che molta è la gente che si pasce di simili ragionamenti, so bene che moltissimi sono coloro i quali arrivano a giustificare la loro indifferenza, in simili casi, con la quistione di nazionalità, ma non è ad essi che io rivolgo il pensiero mio. Ad essi, anzi, che in ogni piazza della loro città, del loro borgo perpetuano glorie nazionali, chiedo perdono. Ohe volete? il ricordo mi tormenta da un paio di giorni, e più tormentoso è venuto in una di queste sere, innanzi ad una maestosa statua, in una piazza d'una città italiana, un monumento che rappresentava, che ricordava ai popoli... Ohe cosa? Confesso d'essermi confuso, ma non ho saputo saputo trovar nulla che potesse giustificar quell'opera dei posteri. Eppure, allora, io rivedevo il modesto monumento al modesto J•rofessore Miiller, rivedevo la festa quieta, modesta: appariva, insistente, innanzi ai miei occhi, la piccola. corona di crisantemi. « In tiefsten Wehmut » Quanta dolorosa gentilezza in quell'incognito! Era uma madre, una sorella, una fidanzata, che avevano creduto offendere::il ·:morto, mostrando il loro sconfinato dolore al pubblico? Fisime, fantasie.... Non importa: ma se un giorno andassi a Vienna, la mia prima visita sarebbe per quel monu~e.nto, e dinanzi alla statua del Prof. Miiller mi scoprire1. G. P IMPORTANZAE COMPLESSITÀ DEL PROBLEMA ECONOMICO Per lungo lasso di tempo, prima che le ricerche sociologiche fondate da' nuovi mt:todi riuscissero, mediante una indagine positiva, a scuotere H vecchio edificio del passato e a gettare una luce nuova su la genesi e lo sviluppo de' vari istituti sociali, non si riconosceva altra autorità. ne la critica del problema economico che quella de' Filosofi dd Dritto. Nessun profano poteva mettere il piede in questa nuova arca santa de la scienza : pa1lame con criteri diversi da quelli del ius naturale sarebbe quasi parso un delitto ; epperò, prescindendo da la storia e da l'evoluzione fenomenica, su pochi concetti inventati da la fantasia e campati in aria s'innalzino i più speciosi sistemi sa.:rifi.:ando a la metafisica de la ragione il posi ti vismo dc' fatti, a le idee i sensi, a la logica ditirambica di una casta la vita de' ·popoli. Noi non tenteremo quì ua'an11isi minuta de le korie giuridiche che scrittori antichi e molerni han messo innanzi per dare una base razionale a la proprietà, così come è apparsa attraver3o i secoli ne l'involucro de le vecchie e nu )Ve forme . Bister à, per il nostro assunto, darne un cenno fogace aggrupp indole tutte sotto tre grandi sistemi, e di ciascuno rilevando gli assurdi perchè ne apparisca l'insufficienza e il carattere ideologico che li informa. a) Il prim "', di cui si fècero propugnatori Tommaso Hobbes e G. Giacomo Rousseau, riconosce ne la legge l'esistenza de la proprietà che b S~ato può qumdi, a suo libitc, abolire. Or bene, il solo fatto di studiare questo grandioso istituto, che sta a b 1se di tutto lo svi uppo sociale, dal punto di vista del diritto dimenticando di questa la genesi {ltorica eJ invertendo co•Ì la pmizione de' termini, ci dimostra chiaramente il suo vizio di origine. Poichè, caJuto l'idealismo heg~liano sotto i colpi de la critica moderna, è rimasto ormai inconcusso ne la nuova filos'.lfia de la Storia il principio, già intuito da Marx e meglio poi f0rmulato dal Loria con una riccheua meravigliosa di particolari, che ben lungi da l'essere il diritto quello che crea ne' varii periodi la fo~- ma di proprietà, sono i rapporti di questa che plasmano il d ritto e ne determinano le successive incessanti evoluzioni. È noto che Hobbes e Rousseau partono da un principio opposto a quello di Aristotele il quale vede ne l'uomo un animale socievole. Essi ammettono un preteso « stato di natura » in cui la comune primitiva eguaglianza genera il bellum omnt'um centra omnes; onde, ad uscire da questa lotta che porta seco infiniti mali, la paura consiglia i cittadini a stringere un patto col quale rinunciano ad uua parte de' loro diritti e ne mvestono un uomo od un'assemblea. Così, per comune consenso, si fonda lo Stato col suo assoluto e illimitato potere, un vero Leviathan in cui il dominio e la libertà trovano la loro base ed esistenza. Anzitutto, per il valore intimo de la dottrina, va notato che è inconcepibile un contratto dove non sussista una società di cui quello dev'essere il risultato. V'ha poi un motivo psicologico, cui accennano il Loria ed altri. che ne fa apparire lo assurdo : poichè davvero non si comprende come la maggioranza degli uomini abbia potuto, per i begli occhi di pochi, abbandonare la primitiva -egualitaria condizione e addossarsi il peso di fornir loro tutti i comodi de la vita. Q:1al va~~aggio pote-
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